La notte più lunga dell’anno, recensione: sofferenze incrociate

La recensione de La notte più lunga dell'anno, esordio nella finzione del documentarista Simone Aleandri, fuori concorso a Torino 2021.

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La notte più lunga dell'anno: Ambra Angiolini e Matteo Carlomagno in una scena del film

Fa un po' strano che il film di cui si parla in questa nostra recensione de La notte più lunga dell'anno arrivi in sala un mese dopo il periodo in cui si svolge la storia, anche se forse è meglio così perché difficilmente avrebbe avuto spazi di rilievo nella programmazione festiva, dominata da uomini ragno, membri della famiglia Gucci e la nuova incarnazione cinematografica di Diabolik. E così, in un contesto più tranquillo, con meno uscite che si contendono gli schermi, il pubblico generalista ha modo di scoprire il lavoro di Simone Aleandri, documentarista che a questo giro esordisce nella finzione, con un progetto che ha fatto parte del nutrito programma italiano del 39mo Torino Film Festival, dove è stato uno dei tanti eventi fuori concorso. Collocazione a suo modo sensata, dato che il pedigree di Aleandri rendeva impossibile lo slot competitivo (riservato a opere prime, seconde e terze, a prescindere dalla distinzione tra documentario e fiction) e la patina di genere, unita a un cast interessante, può attirare gli spettatori desiderosi di riconnettersi con le emozioni sul grande schermo.

Notti tutt'altro che magiche

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La notte più lunga dell'anno: Anna Ammirati e Luigi Fedele in una scena del film

La notte più lunga dell'anno si riferisce a quella tra il 21 e il 22 dicembre, quando il sole tramonta alle 16.30 e non si fa rivedere prima delle 7.30 del giorno dopo. In quella notte si muovono i vari personaggi che vivono in una cittadina di provincia e popolano un racconto corale dai toni altmaniani. C'è, tra gli altri, il ragazzo che ha una relazione con una donna più matura, e deve nascondersi quando il marito di lei torna inaspettatamente da una trasferta lavorativa; c'è un politico (Massimo Popolizio) che rischia grosso sul piano giuridico e sta valutando se lasciare del tutto la città e darsi alla fuga, nonostante il dolore che causerebbe alla sua famiglia; c'è la cubista (Ambra Angiolini) che continua a fare quel mestiere malgrado il potenziale limite anagrafico e spera in una vita migliore, mentre il padre malato (Alessandro Haber) è solo in casa a fumare di nascosto. Unico punto di contatto, una stazione di servizio il cui gestore si diverte a interagire con un cane che passa da quelle parti a intervalli regolari.

Per tutta la vita, Ambra Angiolini: "Le seconde possibilità? Sono il posto in cui vado in vacanza spesso."

Destini incrociati al buio

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La notte più lunga dell'anno: Ambra Angiolini durante una scena del film

L'origine documentaria dello sguardo di Simone Aleandri traspare nel modo in cui tratteggia le vedute della città, con la giusta distanza, trattandola come pura entità geografica e al contempo come personaggio a pari merito con le presenze umane. C'è una grande empatia di fondo, anche nei momenti teoricamente più freddi, sotto la neve o illuminati da un neon blu che accompagna la lunga sequenza della discoteca insieme all'inevitabile Blue degli Eiffel 65. Ma l'empatia non basta per dare la giusta forza a un intreccio artificioso che arranca in sede di scrittura e montaggio e può avvalersi giusto di qualche interpretazione capace di trascendere il materiale elementare a disposizione, ossia tutte le scene in cui appaiono Angiolini e Popolizio, cuori pulsanti di un corpo cinematografico che rischia più volte di rimanere travolto dalla neve e cedere all'ipotermia. Quello di Aleandri è un viaggio a tratti affascinante nella psiche umana in un contesto particolare come quello della lunga notte che mette alla prova ogni senso della misura, ma man mano che la destinazione si avvicina il percorso si fa più fragile e altalenante, non interamente provvisto di una base solida per arrivare fino alla meta. Ci sono le premesse/promesse di qualcosa di interessante, ma come primo passo nella finzione risulta un po' troppo, come dire, finto.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione de La notte più lunga dell'anno, sottolineando come si tratti di un intrigante ma in fin dei conti irrisolto esordio nella finzione del regista di documentari Simone Aleandri, sulle ore più buie per uno sparuto gruppo di personaggi.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • Ambra Angiolini e Massimo Popolizio sono coinvolgenti anche nei momenti più deboli del film.
  • Le scelte estetiche sono per lo più dotate di un malinconico fascino.

Cosa non va

  • La scrittura e il montaggio smorzano in più punti l'andatura drammatica dell'intreccio.
  • I personaggi sono complessivamente privi di spessore.