La memoria del mondo, Mirko Locatelli: "Rivendico il diritto ad essere nostalgico"

Intervista a Mirko Locatelli, regista de La memoria del mondo, il suo quarto lungometraggio di finzione scritto insieme a Giuditta Tantarelli, presentato al Torino Film Festival 2022 e ispiratore di un'installazione di arte contemporanea.

La memoria del mondo, Mirko Locatelli: 'Rivendico il diritto ad essere nostalgico'

Al Torino Film Festival del 2022 è stato presentato La memoria del mondo, il quarto lungometraggio di finzione di Mirko Locatelli, scritto insieme all'immancabile Giuditta Tantarelli, sceneggiatrice da sempre al fianco del regista milanese.
Si tratta di una pellicola veramente interessante nella sua accezione di opera mirata alla contaminazione, in cui altri linguaggi come la fotografia, la musica, il teatro, la letteratura e l'architettura si fondono per delineare un viaggio alla ricerca della memoria. Memoria intesa come guida, come luce, come riferimento, faro per orientarsi all'interno di una Natura selvaggia, ma allo stesso tempo così attraente per un uomo inteso come genere umano, declinato perfettamente dai due autori come protagonista transgenerazionale.

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La memoria del mondo: una scena del film

Il film, non a caso, è stato concepito sin dalla sua fase di sviluppo come qualcosa che potesse sconfinare oltre lo schermo e divenire base per un'installazione di arte contemporanea, intitolata La Memoria del mondo: approdi, installata a Torino negli spazi del Flashback Habitat.
Un'operazione ambiziosa e accattivante, che ha la volontà di adoperare il cinema come una forma originale e aperta ad altro. Un modo per trasformare lo spettatore in visitatore. Abbiamo incontrato Mirko Locatelli, con il quale abbiamo avuto la fortuna di poter chiacchierare dei tanti aspetti del suo film.

L'uomo e la Natura

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La memoria del mondo: una scena del film

La memoria del mondo è un film che si distacca dal cinema italiano più commerciale per struttura e obiettivi, ma che trovo si ricolleghi alla forza del tuo cinema "primitivo", penso soprattutto a Corpi estranei. Come mai questa scelta?

Non è stata una scelta in contrasto col cinema italiano, quanto a favore di una ricerca. Il mio secondo film a cui ti fai riferimento era ancora molto radicale, mi piaceva, all'epoca, l'idea di non fare sconti, e infatti quando ci siamo approcciati alla scrittura di quest'ultimo lavoro ci siamo detti ripartiamo dal primo e dal secondo film. Perché sono quelli in cui la ricerca era un po' più viva. Questa volta è stata un po' la storia a guidarmi soprattutto nell'uso dello spazio, è la prima volta che faccio in un film in 2.35:1, in modo da sfruttare tutto lo schermo per raccontare.
La memoria del mondo è nato dalla necessità di parlare di ciò che lasciamo: passato, memoria e ricordo e del rapporto che ha l'uomo con l'eredità che lascerà su questa Terra. Ecco perché siamo andati a caccia di immagini fin dal momento della scrittura. Abbiamo frequentato (io con Giuditta Tarantelli) i luoghi che sarebbero poi entrati a far parte del film, volevamo lavorare su una visione romantica dello spazio e quindi dell'uomo piccolino e della natura esageratamente grande e incontrollabile. La stessa di cui Ernst Bollinger si nutre per creare le sue opere, ma anche quella che ha inghiottito sua moglie e che è quindi il suo ostacolo per tutto il film invece dell'ispirazione che colma il vuoto.

Rimarrei su questo. La rappresentazione di questa Natura così sfaccettata, bella e terribile, e il ruolo che l'arte e l'artista possono avere con Lei.

La Natura ci sopravvivrà nonostante tutto, anche nonostante l'impegno che noi ci mettiamo nel distruggerla o nel controllarla. In ogni caso tutto quello che è costruito dall'uomo verrà ringhiottito dalla Natura, semplicemente perché Lei ha più tempo di noi.
L'arte è una strada, una possibilità per orientarsi nella nebbia. Ma i riferimenti chi ce li dà? Chi è stato capace prima di noi di capire certe cose. Il ruolo dell'artista è un po' questo: capire e guidare. L'artista è colui che apparentemente ha le chiavi per leggere e interpretare la realtà, ma come chiunque altro, se perde il contatto con la memoria, va in confusione.
Che cosa cercano i nostri tre protagonisti? Ad un certo punto non lo sappiamo più neanche noi.
Quando abbiamo costruito la narrazione ci siamo detti: lasciamo che si perdano e che lo spettatore si perda con loro. Facciamo in modo che non si domandi più cosa stiano cercando. Il risultato è veramente un vagare nel senso più romantico del termine. Poi, ad un certo punto, tutto diventa chiaro: è della memoria che cercano di riappropriarsi per tutto il film. La memoria è quindi il nostro riferimento, senza di essa ci perdiamo nella nebbia. L'artista è colui che dovrebbe trovare il modo di attraversarla perché l'arte tutta ha a che fare con la ricerca della conoscenza e quindi con la memoria.

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La memoria del mondo: una scena del film

Il soggetto-fiume è qualcosa che sta tornando nel cinema italiano di recente. Cosa ti attraeva di questa soluzione?

In realtà proprio l'acqua è stata il nostro punto di partenza. Ci siamo detti: "Andiamo a cerca luoghi legati in qualche maniera all'acqua". Ci interessava molto l'acqua come elemento corrosivo, ma anche conservativo. L'acqua alla base della vita e che accoglie la morte. Il fiume è uno dei modi di veder l'acqua che scorre da e verso qualcosa ed è anche l'elemento che lega ogni luogo e personaggio. I protagonisti la devono risalire per arrivare al nucleo del problema. Lei li tiene a galla, li tiene vivi, ma può essere anche inospitale. Può riportare a riva i morti. C'è l'acqua che distrugge e quella che conserva un antico villaggio sommerso, che qualche volta riemerge, simbolo del passato che ritorna, lasciando riaffiorare con la potenza di un'apparizione tutta la memoria.

Aggiungo l'acqua come specchio.

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La memoria del mondo: una scena del film

Esatto, è molto importante questo aspetto perché tutto il film è giocato sulla riflessione dei personaggi, tra i personaggi e tra i personaggi e gli spettatori. Specchiarsi nell'altro è la chiave del dilemma. Perché stiamo al grande gioco della vita, che poi è un frullatore schifoso che al massimo dura cent'anni e ci consuma fino ad eliminare un'intera generazione? Ci stiamo solo perché con noi ci sono gli altri. L'incontro con l'altro è la soluzione. Possiamo imparare qualcosa dalla solitudine, ma finché non c'è l'incontro non cambia davvero qualcosa nelle nostre vite.

Il tempo e la memoria

Come hai gestito il tempo nel tuo film?

Penso alla gestione del tempo del mio film come a quella del visitatore di un museo davanti ad un'opera. Bisogna avere pazienza ed aspettare che l'ispirazione emerga in noi. Certo, in un museo si ha una libertà di passare da un'opera all'altra che nei film non c'è. Nel mio film il tempo lo decido io. Ma l'idea di partenza è la medesima. Diciamo che tendo a dare lo stesso tempo che mi do io quando ho necessità di capire e di conoscere: di solito i primi 30 secondi servono solo ad arrivare, a farsi un'idea, gli altri 30 a metterla in discussione e capire se è tempo di passare oltre, ecco io tengo la scena quando possibile per un altro minuto. Arrivo quindi anche a fare piani sequenza da 2/3 minuti.
È un costringere e un costringersi ad aspettare, che è poi ciò che ci ha insegnato Ermanno Olmi. Il mio è un film di attesa dopotutto. Un altro paragone può essere il tempo dello scatto di una polaroid. L'istantanea che storicizza immediatamente l'attimo e ti costringe ad un tempo di riemersione per ritrovare quel ricordo che è già passato. Un'attività quasi da...

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La memoria del mondo: una scena del film

... da malati di nostalgia, come i personaggi del tuo film. Cos'è la nostalgia per te?

Io rivendico il diritto ad essere nostalgico. Credo che la nostalgia ci renda empatici. Ci rende capaci di capire quanto sia importante l'altro perché di solito è legata alla perdita del tempo, ma anche del tempo passato insieme alle persone. A volte può anche divenire persecutoria, per carità. Bisogna capire come gestirla per guardare l'altro e dirgli veramente: "Si può". La nostalgia è un tema fondamentale per il film perché apre al ritorno al passato, all'origine, ma anche al primitivo, all'infanzia del genere umano, per poi rinascere, pronti ad affrontare il futuro.

Liberare lo spettatore

Perché la scelta del flash forward all'inizio? E' una scelta singolare per un giallo...

Perché le storie vanno tutte allo stesso modo, non ce ne importa molto se tu, spettatore, sai già come finirà. Quando ti raccontano Cappuccetto rosso da bambino e tu già sai come finisce, comunque vuoi riascoltare quella storia, perché ci trovi mille altre cose dentro ogni volta. Nel nostro caso ad un certo punto lo spettatore non si chiederà più cosa stanno cercando i nostri protagonisti, gli interesserà di più scoprire le sfaccettature che emergono dal racconto, di come i protagonisti proveranno a trovare quel qualcosa.

Quindi lo fai per liberare lo spettatore?

Totalmente.

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La memoria del mondo: una scena del film

Che ne pensi della contaminazione tra forme d'arte?

Ci siamo divertiti proprio a scrivere e a riscrivere da punti di vista differenti. Qui volevamo far dialogare davvero la letteratura con il cinema e l'arte contemporanea.

Te lo chiedo perché so che il tuo film ha ispirato una vera e propria installazione di arte contemporanea, giusto?

Si, abbiamo creato un'istallazione che si chiama La Memoria del mondo: approdi. Il film già in fase di sviluppo è stato pensato come qualcosa che potesse superare i limiti dello schermo, andare oltre, per trasformare lo spettatore in visitatore. Abbiamo allestito per la prima volta l'installazione a Torino, il 31 di marzo per un weekend, ad un mese dall'uscita nei cinema, negli spazi di Flashback Habitat. Tre stanze in cui abbiamo creato un percorso nella nebbia, con le proiezioni di alcune sequenze che si rivelano come apparizioni, dove seguendo i suoni ci si perde per ritrovare la strada, misurandosi con lo spaesamento. Nell'ultima stanza si accede alla scena finale del film, ricostruita in modo esatto, con un attore in scena, Giulio, in una performance dove gli spettatori, ora visitatori, perduti nelle tenebre possono incontrare il personaggio in carne ed ossa, ma hanno timore di toccarlo perché nonostante sia di fronte a loro resta una creatura che può esistere solo nel film e che pur avendo violato le regole del gioco, continua ad essere soltanto un'apparizione inviolabile, un simulacro.