La colonna sonora di Lost in Translation

Una colonna sonora praticamente perfetta per accompagnare la visione del film, e che al tempo stesso costitusce materiale per un CD da procurarsi se si vuole godere un ora di tranquillità, nello straordinario linguaggio della musica di qualità.

Un recente sondaggio, sapientemente collocato a ridosso della cerimonia di consegna degli Academy Awards 2004, ha rivelato che il pubblico americano considera la famiglia Coppola come la dinastia piú amata tra quelle che popolano l'universo hollywoodiano, distaccando a sorpresa i Douglas ed il gruppo degli affascinanti Baldwin. Questo sondaggio tuttavia non può, ed in effetti non intende, determinare quanto di questo affetto del pubblico sia legato al lavoro strettamente "cinematografico" e quanto, invece, all'indubbio connubio di questa prolifica famiglia di artisti con il mondo della musica.

Se, da un lato, sono in molti ad annoverare le colonne sonore dei film di Francis Ford Coppola tra i capolavori d'ogni tempo, molto meno conosciuto risulta il retroterra musicale del capostipite della famiglia, quel Carmine Coppola, padre di Francis, allievo di Arturo Toscanini e, in seguito, apprezzato direttore d'orchestra e compositore.

La passione per la musica si ritrova intatta nei rampolli della famiglia, in particolare nel figlio maggiore di Francis, Roman, il quale ha diretto, oltre a video di Moby e dei Vibes, tutti i video degli Strokes, contribuendo non poco al loro successo su scala planetaria.

L'unica fanciulla della famiglia, Sofia Coppola, per quattro anni sposata a Spike Jonze, regista di fiducia dei Sonic Youth, non ha voluto essere da meno del fratello coinvolgendo l'emergente band Air nella realizzazione della colonna sonora del suo film d'esordio dietro la cinepresa, Il giardino delle vergini suicide. Ma il salto di qualità per la giovane Sofia avviene 3 anni piú tardi con la scommessa, vinta, del romanzo contemporaneo Lost in Translation - L'amore tradotto.
Non è solo la sceneggiatura, comunque meritevole di ricevere la statuina dell'Academy, ma anche, e forse soprattutto, la colonna sonora a conferire al film quell'aria vagamente sognatrice, quasi impressionistica, che ha fatto innamorare le platee americane di questa storia d'amore, semplice ma non banale, tra due americani esuli nel Paese del Sol Levante.

Per raggiungere questo risultato "sonoro", Sofia Coppola è riuscita in un'impresa tra le piú improbabili nella scena musicale degli ultimi anni, ovvero convincere Kevin Shields, idolatrato leader dei My Bloody Valentine, a pubblicare alcuni suoi brani inediti dopo oltre un decennio dall'uscita di Loveless, ineguagliato capolavoro della band irlandese. Frotte di discografici, migliaia di suppliche epistolari dei fans ed i provocatori interrogativi della critica (del tipo, i My Bloody Valentine "ne hanno ancora o sono finiti"?) non erano riusciti a scalfire la ferma intenzione di Shields di non pubblicare cose nuove fintantoche non fosse soddisfatto del risultato raggiunto, obiettivo oltremodo ambizioso quando si pensi che il termine di paragone era, per l'appunto, il meraviglioso Loveless. Come sia riuscita Sofia a convincere l'artista di Dublino resta un mistero, ma ció che piú importa è che possiamo goderne i risultati alla visione (ed ascolto) di Lost in Translation.

Il contributo di Shields si compone di 4 brani inediti, City Girl, pezzo melodico ed accessibile dal testo struggente, ed i pezzi strumentali Goodbye, Ikebana e You Are Awake, dove si possono ascoltare inediti sintetizzatori, con sonoritá abbastanza lontane dall'identitá originaria dei My Bloody Valentine, ma con un risultato comunque ottimo rispetto alle scene del film cui fanno da commento sonoro. Il gioiello della colonna sonora è rappresentato dall'unico brano dei My Bloody Valentine, Sometimes, estratto da Loveless, sicuramente il brano piú orecchiabile (anche nel senso di "memorabile") del disco. In Sometimes si ritrova quello stile particolarissimo dei My Bloody Valentine, con la voce di Kevin Shields, dolcissima e fragile, in balia totale del "noise bianco" delle chitarre "a cascata" che tanti imitatori ha generato negli anni a seguire.

Altri nomi importanti della scena alt-rock contribuiscono a questa colonna sonora: ancora gli Air, con l'etereo pezzo Alone in Kyoto, i Phoenix, con un brano Glamourish, Too Young, mentre richiama molto Bowie il pezzo Fantino di Sebastian Telleir. In On the Subway e Shibuya, la coppia Reitzell (Air)/Manning spazia nel Gothic elletronico-strumentale à la Martin Gore, mentre i Death in Vegas accontonano per un attimo la loro dance sofisticata per offrire al film un brano dolce ed intenso, tra i piú belli, quale Girls. Ma la canzone piú celebre è indubbiamente Just Like Honey dei Jesus & Mary Chain, per molti il singolo migliore della loro lunga e onorata carriera. Un brano talmente bello che nobilita persino l'indecoroso sforzo canoro di Bill Murray, nella karaokesca versione di More than This dei Roxy Music, aggiunto come hidden track al CD della colonna sonora.

Una colonna sonora praticamente perfetta per accompagnare la visione del film, e che al tempo stesso costitusce materiale per un CD da procurarsi se si vuole godere un ora di tranquillitá, nello straordinario linguaggio della musica di qualitá, un linguaggio che non ha bisogno di... traduzioni.

Soundtrack

La copertina di Lost in Translation ST
Lost in Translation ST
1. Intro/Tokyo
Lost In Translation - Sound Effects
2. City Girl
3. Fantino
4. Tommib
5. Girls
6. Goodbye
7. Too Young
8. Kaze Wo Atsumete
10. Ikebana
11. Sometimes
12. Alone In Kyoto
14. Are You Awake?
15. Just Like Honey