Recensione The Great Raid - Un pugno di eroi (2005)

In 'The Great Raid', il regista John Dahl concede ben poco all'aspetto visivo/spettacolare dell'azione, mettendo in piedi un film asciutto e preciso nella riproduzione della realtà.

L'altra faccia della guerra

Ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, l'atteggiamento dei Giapponesi nei confronti dei loro prigionieri americani non era improntato al rispetto e la tendenza era di non lasciar scappare nessuno, ucciderli e non lasciare tracce. D'altra parte, per tutta la parte iniziale della guerra, l'attenzione USA era rivolta principalmente all'Europa e ad Hitler, quindi solo in un secondo momento si sono concentrati sul versante Pacifico.
The Great Raid - Un pugno di eroi è ispirato alla vera storia della più grande missione di recupero dell'esercito americano, e racconta l'impresa di 125 soldati, non molto esperti, appartenenti al sesto battaglione dei Ranger, che nel gennaio del 1945 hanno liberato cinquecento connazionali tenuti prigionieri in un campo di prigionia giapponese nelle Filippine.

Messo in piedi subito dopo l'11 settembre, quando sembrava il momento giusto per raccontare di una grande vittoria americana, girato e completato entro il 2003, The Great Raid è rimasto sugli scaffali della Miramax fino ad ora, sbloccato solo in seguito ai cambiamenti negli accordi di distribuzione tra i Weinstein e la Disney.
Il film copre l'arco dei cinque giorni precedenti la missione di soccorso ed è girato con particolare attenzione alla storia. Concentrato sul descrivere i personaggi, ricostruirne ed anticiparne il piano per la missione, per rendere chiaro allo spettatore cosa e come verrà fatto nella parte finale, il regista John Dahl concede ben poco all'aspetto visivo/spettacolare dell'azione, mettendo in piedi un film asciutto e preciso nella riproduzione della realtà. A questo scopo, a dar corpo alla narrazione iniziale e sui titolo di coda, è stato usato del materiale d'archivio a far da cornice agli eventi narrati dal film.
E' importante lo spazio che viene dato alla resistenza spagnola ed al suo contributo alla missione. I combattenti locali sono spesso stati trascurati nelle cronache, ma la loro collaborazione con i Ranger ha permesso di coinvolgere contadini e popolazione, procurando ad esempio i carri per poter portare in salvo i prigionieri feriti.

Con questa impostazione, è naturale che tutto il film sia costruito in funzione dei quaranta minuti finali, in cui l'operazione viene messa in pratica. Per quanto coerente e ben realizzato, il lungo incipit del film scivola più volte sul confine della noia, complice anche la parte romantica della vicenda ed una scrittura dei dialoghi che sfocia in qualche banalità ed in un tono troppo classico, e si regge grazie ad un cast per lo più in parte, che comprende giovani attori del calibro di James Franco, Benjamin Bratt, Joseph Fiennes (forse tra i pochi che stentano a convincere del tutto) e Connie Nielsen. Accanto ai nomi noti americani, va segnalato Cesar Montano, nei panni del capo della resistenza filippina, attore locale che contribuisce a dare autenticità al cast.
Ma se la noia è un pericolo costante della fase centrale, la sequenza dell'assalto al campo di prigionia è molto ben orchestrata, tra le migliori scene di battaglia degli ultimi anni, e lascia soddisfatto lo spettatore.

The Great Raid è un buon film di guerra, forse non completamente riuscito nel suo apprezzabile tentativo di bilanciare effetto drammatico e realismo, ma sicuramente interessante sia per la storia che racconta che per il modo in cui cerca di farlo.

Movieplayer.it

3.0/5