Recensione La neuvaine (2005)

Non c'è dubbio che Émond sappia bene cos'è il linguaggio cinematografico, e sa come dimostrarlo. La Neuvaine è decisamente il più bel film in concorso a Locarno visto finora.

Immagini dell'assenza

La Novena del titolo è il voto che si fa a Sant'Anna pregando per nove giorni per ottenere una grazia. François chiede la guarigione della nonna che l'ha cresciuto, in fin di vita per un problema cardiaco.
Jeanne è un medico che si rimprovera la morte di una paziente e della sua bambina, che aveva cercato di aiutare e nelle quali aveva ritrovato una ragione di gioia dopo la morte di suo figlio. Jeanne tenta più volte il suicidio, finché non incontra il giovane François. I due sono molto diversi, ma entrambi soli in situazioni difficili.

Senza mai cadere nella retorica, né tantomeno nella predica didascalica, Émond tratta temi delicati e complessi come la solitudine di fronte alla morte, il vuoto lasciato dalla perdita di persone care, la fede o il ritorno alla speranza. Con uno stile scarno ed essenziale, dialoghi ridotti all'osso e pieni di significato, il regista sfrutta molto bene le potenzialità del linguaggio visivo.
Molto belli e ben delineati i personaggi, con un tocco che rimane sempre discreto, mai invadente. Le singole inquadrature diventano concetti che descrivono meglio di qualsiasi parola l'assenza, la disperazione della perdita. Molto bella anche la scelta di alcune riprese fisse su Jeanne immobile davanti ad ambienti squadrati, incolori e asettici o a sfondi completamente in ombra, che restituiscono bene i sentimenti del personaggio. Bella anche la sua fuga in motel, senza alcun bagaglio, senza nulla che ricordi la sua identità. Così il cappotto che François le offre diventa un vero e proprio simbolo dell'inizio di un legame, un "manto protettivo" che le dia un po' di sollievo, che le restituisca un significato perduto.

A differenza di tutti gli altri che le stanno attorno, il ragazzo non le chiede nulla: le dice che passerà a trovarla il giorno successivo, dandole così modo di avere qualcosa da aspettare, le porta dei panini e mangia accanto a lei in silenzio. François è un personaggio ingenuo, semplice nella sua fede, quasi un bambino. L'affetto, la gratitudine e la comprensione tra i due sono sempre fatti di gesti, più che di parole. Gesti teneri, umani, pieni del pudore di chi ha sofferto. Un film che ricorda a tratti per la delicatezza usata nel delineare personaggi e situazioni un grande regista come Patrice Leconte.

Molto espressivi e intensi i due protagonisti, Patrick Drolet e Élise Guilbault, che è straordinaria anche nel momento in cui la sua paziente e sua figlia le vengono ammazzate davanti agli occhi: non c'è bisogno nemmeno di un gesto, o una parola, tutto le viene letto sul volto.
Non c'è dubbio che Émond sappia bene cos'è il linguaggio cinematografico, e sa come dimostrarlo. La neuvaine è decisamente il più bel film in concorso a Locarno visto finora.