Recensione Film blu (1993)

Il primo capitolo della trilogia dedicata ai colori della bandiera francese e ai valori della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità.

Il colore della libertà

Il primo capitolo della trilogia dedicata ai colori della bandiera francese e ai valori della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità. Film Blu è dedicato alla libertà ed è una riflessione laica (trattandosi di Kieslowski non poteva essere altrimenti) sulle ragioni dell'amore, che rende schiavi e rende liberi.
Krzysztof Kieslowski sceglie un approccio intimo e affronta la narrazione partendo dall'esperienza personale di un singolo individuo che riacquista nuova consapevolezza sul significato dell'essere libero, attraverso una serie di casi fortuiti, dettati dal destino e, soprattutto, attraverso un personalissimo percorso interiore di negazione e accettazione della propria libertà interiore che si sublima nell'eterno sentimento dell'amore.

La protagonista del film è Julie, una donna felicemente sposata e madre di una bambina. La donna perde il marito e la figlia in un incidente d'auto dal quale lei riesce a salvarsi. Il dolore per la perdita è enorme e l'annienta, spingendola a rinchiudersi in un isolamento fisico e mentale, nell'erronea convinzione che solo liberandosi dai suoi dolorosi ricordi, solo negandosi ogni sentimento che sia amore, odio, dolore, rabbia, o compassione, riuscirà a ritornare a vivere. Ed è seguendo questa illusione che Julie, dopo la morte del marito e della figlia, prima tenta di suicidarsi senza successo, poi mette in vendita la villa dove abitava con la sua famiglia, passa una notte d'amore con Olivier, l'assistente del marito, getta via la partitura che insieme al marito stava componendo per un concerto dedicato all'Europa unita, e si isola in un appartamento di Parigi, lontana dal suo mondo e da tutti gli affetti. Chiusa nel suo dolore la donna non riesce comunque a sfuggire alla realtà della vita, fatta di legami, di sentimenti, di rapporti che si perpetuano nel tempo. La ricerca di una inutile negazione di ogni legame terreno e affettivo si traduce sullo schermo in una serie di immagini simboliche e altamente potenti: Kieslowski ci mostra la sua dolorosa protagonista in cerca dell'affetto della madre ormai anziana che, chiusa in una casa di riposo, non riesce a ricordare nulla del passato e non riesce nemmeno a riconoscere la figlia. Questo fatto spinge Julie a ritenere che, "l'amnesia dei sentimenti" è l'unica forma possibile di libertà e di felicità. E ancora, come non ricordare la scena, dura e dolorosa, in cui Julie trova una famiglia di topi nel suo ripostiglio e la stermina con crudeltà, perché quell'immagine di famiglia risveglia in lei ricordi troppo dolorosi.

Ma è davvero questa la libertà? Certamente no. Il destino, deus ex machina di molti film di Kieslowski, farà in modo che Julie scopra delle verità che la renderanno finalmente consapevole e libera: la donna viene a conoscenza del fatto che il marito aveva un'amante, in attesa di un bambino che l'uomo non conoscerà mai. Alla luce di questa nuova rivelazione Julie ritorna alla vita e dona all'amante di suo marito la villa che aveva messo in vendita e che ora, grazie alla donna e al bambino che verrà, ritornerà ad essere animata di luce e di vita. Con l'aiuto di Olivier, segretamente innamorato di lei, Julie completa il concerto iniziato dal marito, suggerendo anche il canto per il coro, tratto dall'inno all'amore di S.Paolo nella prima lettera ai Corinti: "se anche avessi il dono della profezia e della conoscenza... se non avessi l'amore non sono nulla". Le note del concerto per l'Europa unita, contrappuntate dai versi di San Paolo, danno il senso del percorso interiore compiuto da Julie (resa finalmente libera dall'amore) e concludono un film di grande poesia che ci svela il mistero della vita attraverso il mistero dell'amore.