Da La La Land a First Man: il cinema ossessionato di Damien Chazelle

Da La La Land a First Man, passando per Whiplash, ecco differenze e punti di contatto tra l'ultima opera e la densa cinematografia di Damien Chazelle.

Il Primo Uomo Ryan Gosling Scena
Il primo uomo: un primo piano di Ryan Gosling

Il signor Damien Chazelle aveva un conto in sospeso con la luna. E siccome quella faccia da bravo ragazzo non inganna nessuno, il caparbio 33enne del Rhode Island si è rimboccato le maniche ed è salito lassù per prendersi la sua vendetta. Poco più di un anno fa, in un'atmosfera tragicomica e beffarda, Moonlight soffiava al suo La La Land l'Oscar al Miglior Film. Oggi, come solo l'ironia della sorte sa fare, Chazelle ha lasciato alle spalle le città delle stelle e i giorni di sole per raccontare una grandiosa impresa lunare. Lontano anni luce da qualsiasi forma di glorificazione patriottica o personale, il suo First Man - Il primo uomo fa dell'allunaggio di Neil Armstrong un appassionante pretesto per raccontare altro.

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Chazelle tradisce la scia del classico film di esplorazione spaziale per virare verso altri temi, e costruisce un'opera che per tono, tatto e maturità registica sembra il frutto di un regista navigato. First Man - Il primo uomo se ne infischia della Guerra Fredda, dello spazio come territorio in cui dichiarare la propria supremazia. Impregnato di sudore, sacrificio e atti d'amore, First Man è una poderosa elaborazione del lutto, la straordinaria impresa di un uomo con un cratere immenso da colmare. Come se un vuoto enorme si potesse riempire solo con un gesto altrettanto grande. Ed è così che la vera storia di Neil Armostrong serve a Chazelle per allontanarsi da tutto quello che aveva fatto finora. Niente jazz: solo silenzi spaziali. Nessuna carriera artistica: soltanto una missione più intima che collettiva.

La La Land: Emma Stone e Ryan Gosling in un momento del film
La La Land: Emma Stone e Ryan Gosling in un momento del film

Il film - qui potete leggere la nostra recensione di First Man - Il primo uomo - è un atto di coraggio necessario, un cambio di rotta doveroso per un regista che doveva subito misurarsi con qualcosa di completamente diverso da un film così iconico e personale come La La Land. Eppure, nonostante First Man appaia come un'opera più classica e meno autobiografica di Whiplash e La La Land, si avverte che è soltanto una nuova pagina dello stesso libro. Il primo biopic di Chazelle, infatti, ha anche qualche significativo punto di contatto con la filmografia del più giovane regista vincitore di un Premio Oscar. E allora, ecco divergenze e punti di contatto tra First Man e il cinema del trentatreenne che aveva un conto in sospeso con la luna.

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Differenze

More than jazz: prima volta senza musica

Whiplash: Miles Teller insieme a J.K. Simmons in una scena del film
Whiplash: Miles Teller insieme a J.K. Simmons in una scena del film

Batterie suonate sino a far sanguinare le mani, pianoforti che rievocano dolci malinconie, mitici sgabelli con un valore che in pochi possono capire. Il cinema di Damien Chazelle è sempre stato legato a doppio filo con la musica, frutto di una passione viscerale per quel genere musicale irrequieto, cangiante e spesso travisato come il jazz. Se qualcuno, dopo Whiplash e La La Land, ci avesse detto "il prossimo film di Chazelle sarà su Armostrong", avremmo tutti scommesso su quello che di nome faceva Louis. E invece no. First Man è il primo film di Chazelle (se consideriamo anche il film d'esordio Guy and Madeline on a Park Bench) in cui la musica non è protagonista, per diventare soltanto trascinante sottofondo grazie alla colonna sonora evocativa di Justin Hurwitz. A questo si lega un'altra differenza dal passato. Al contrario di Whiplash e La La Land, First Man non parla di talento. Nonostante anche quella di Armstrong sia una carriera invidiabile, questa volta non si parla di una vocazione naturale, di una passione da perseguire, ma di una missione mossa soprattutto dal dolore.

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Fermo nello spazio: una regia inedita

First Man Sneak Peek 700X300
firstman

Ci ha abituato a ogni cosa: a martellanti tagli di montaggio, capaci di restituirci il ritmo battente di un'orchestra intera messa sotto pressione da un direttore tirannico. E poi all'esatto contrario: movimenti fluidi, lunghi, continui, a piani sequenza raffinati, dedicati a balletti urbani e romantici passi a due al tramonto. Quello che colpisce in First Man, però, non è tanto il montaggio (spesso serratissimo anche qui), ma alcune inquadrature ripetute, insistite e insistenti, frutto del modo nuovo in cui Chazelle ha usato la macchina da presa. Mai come per la missione lunare di Neil Armstrong il regista americano ha usato riprese statiche, ferme nel vuoto, perfette per tenere lo spettatore sospeso e immobile nello spazio. Chazelle ha sempre amato riprese dinamiche e vertiginose, ha sempre prediletto virtuosismi a tempi di musica, ma la storia drammatica di Armstrong di virtuosismi non era davvero in vena. Ecco che la regia si fa racconto.

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Tu chiamale se vuoi, citazioni

First Man: Ryan Gosling e Claire Foy in una foto del film
First Man: Ryan Gosling e Claire Foy in una foto del film

Amori impossibili, relazioni fallimentari, vocazioni artistiche assillanti. Whiplash e La La Land hanno il vago sapore della vita vissuta, dell'esperienza autobiografica. Ed è per questo che Whiplash ci ha scosso. È per questo che La La Land risuona ancora come un pugno nello stomaco di ogni sognatore. First Man, ovviamente, non ha questo taglio personale, il che non toglie forza e meriti al quarto film di Damien Chazelle. Quello che emerge, però, è un Chazelle più in debito con alcuni grandi registi da cui ha preso appunti. Il nostro è sempre stato citazionista (La La Land è un inno alla cinefilia), ma questa volta si tratta di omaggi registici più velati. Se il calore famigliare è ripreso con uno stile che richiama molto il Terrence Malick di The Tree of Life, con le inquadrature che sfiorano e seguono corpi in movimento, per le inquadrature spaziali Chazelle si è molto ispirato al Christopher Nolan di Interstellar e, paradossalmente, ancora di più a quello di Dunkirk. Nelle sequenze di volo e di test, ritornano gli stessi spazi claustrofobici e quella stessa sensazione asfissiante in cui imprigionare i protagonisti.

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Contatti

Pura ossessione

Whiplash: Miles Teller nei panni di un batterista jazz in una scena
Whiplash: Miles Teller nei panni di un batterista jazz in una scena

Senza ossessioni il cinema di Chazelle non avrebbe motivo d'esistere. Perché mancherebbe la miccia principale che infiamma le sue storie. Se il giovane batterista di Whiplash non era mosso tanto dalla passione per la musica quanto dal bisogno viscerale di diventare qualcuno (e non diventare anonimo come suo padre), anche Mia e Sebastian di La La Land diventano persino vittime delle loro aspirazioni personali. Per Chazelle, spesso, la passione diventa un'ossessione. Un uragano inarrestabile che travolge tutto e tutti (amicizie, amori, qualsiasi legame affettivo). In First Man la molla che motiva Armstrong è molto più drammatica, perché tutto nasce da un lutto profondo, ma è innegabile che anche persino una grande conquista per l'umanità ci appaia, infine, come una semplice missione personale. Qui emerge il Damien Chazelle trentenne, esponente di una generazione individualista, egocentrica (e qui non ci riferiamo certo ad Armostrong), per la quale nel mondo delle relazioni c'è troppo io per concepire un noi.

Dietro le quinte: tra pubblico e privato

Mia&Seb
Mia&Seb

Palcoscenico e dietro le quinte. Performance e retroscena. Il cinema chazelliano ondeggia tra pubblico e privato per cercare di carpire davvero le motivazioni dei suoi personaggi. A Chazelle non interessa tanto come loro vengano percepiti dal pubblico o dalle persone. No, Chazelle preferisce intromettersi nella quotidianità domestica dei protagonisti, li spia mentre cenano, mentre guardano la tv, mentre riposano, mentre cercano concentrazione alla scrivania o provano a suonare pianoforti o batterie a casa. Questa voglia di introdursi nel calore familiare di Mia, Sebastian, Neil e Andrew non fa che aumentare l'inevitabile e ricorrente empatia che si prova nei confronti di queste persone.

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Sguardi finali

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Tre finali, quattro occhi, due persone. Niente di più. Whiplash, La La Land e First Man si chiudono tutti con quello che è diventato un vero e proprio tratto distintivo di Damien Chazelle: due persone che si guardano senza proferire parola, sguardi di intesa e di complicità che sembrano dire tutto senza dire niente. In Whiplash lo scambio di occhiate tra Andrew e Fletcher consacra una perversa complicità tra un maestro severo compiaciuto di aver forgiato un mostro; in La La Land c'è un cenno di intesa gentile, pieno di gratitudine, un ultima volta tra due persone che si sono volute del bene e hanno fatto il tifo l'una per l'altra; in First Man, invece, un marito e una moglie si ritrovano. Lei ha compreso il motivo di tutto quel rischio non calcolato. E sembra dirgli: "Ho capito perché lo hai fatto. Spero che tu ti senta più leggero. Il resto di quel vuoto lo gestiremo insieme".