Ferzan Ozpetek al NapoliFilmFestival

Nell'ambito dell'edizione 2007 del Napoli Film Festival, il regista si è raccontato alla stampa partenopea, dagli inizi sul set di Troisi al suo rapporto con gli attori.

Gli inizi sul set con Massimo Troisi, la genesi di Cuore Sacro, il suo lavoro "corale" con gli attori sul set. Ferzan Ozpetek sbarca al NapoliFilmFestival, prima rassegna in assoluto a dedicargli una retrospettiva completa, e parla del suo cinema a 360 gradi.
Il regista incontrando la stampa napoletana ha accennato al suo nuovo film che inizierà a girare a ottobre: "E' la prima volta che non giro un film nato da una mia idea, ma sarà tratto da un libro. Sto lavorando in questi giorni alla sceneggiatura". Un'esperienza di lavoro di cui non può ancora rivelare dettagli, ma che definisce diversa dal solito, dovuta anche alla collaborazione con un nuovo sceneggiatore "è tutto nuovo ed è emozionante, è come all'inizio di una nuova relazione".
Ozpetek poi ha ripercorso i suoi inizi assistente volontario alla regia di Massimo Troisi per Scusate il ritardo, nel lontano 1982: "Mi chiamava Verza, non si ricordava mai il mio nome... Durante quell'esperienza ho capito davvero che cos'è il cinema". Pensando a Napoli, città che conosce da oltre trent'anni, Ozpetek ha rivelato che Cuore Sacro doveva essere ambientato a Napoli "ma non piaceva l'idea di mostrare i luoghi poveri della città, ho preferito far vedere la povertà in una città come Roma, che pensa di non averne. Inoltre mi sono reso conto che per farci un film dovrei viverci almeno un anno, per capirne le meccaniche. Napoli è una città che mi stupisce sempre moltissimo, ogni volta che ci vengo".

Riguardo la sua formazione e i suoi modelli, Ozpetek ricorda gli studi all'Università e i tre esami che ancora gli mancano per laurearsi, ma sottolinea che è l'esperienza sul set che insegna veramente tutto del lavoro; cita poi Vittorio De Sica, che è stato fondamentale per la sua formazione e che per lui è un genio assoluto.
Non è mancata una parentesi sulla recente polemica di Quentin Tarantino sulla qualità del cinema italiano contemporaneo, una polemica che Ozpetek avrebbe evitato volentieri, perfettamente conscio di come e quanto i giornalisti modifichino e decontestualizzino le dichiarazioni degli artisti. Si chiede, però: "Perchè è così importante per tutti? Fa parte di un mondo diverso dal nostro, se l'avesse detto uno come Nanni Moretti avrebbe avuto senso parlarne." E poi usa una battuta per sdrammatizzare e chiudere l'argomento: "A Tarantino piace un certo cinema italiano di serie B, forse vorrà dire che siamo diventati di serie A".
Regista di emozioni e passioni forti, Ozpetek ha confermato la sua tendenza a girare storie ambientate in un microcosmo e soprattutto a raccontare cose di cui ha conoscenza diretta. Sta infatti apportando modifiche al romanzo che sta adattando ora, perchè racconta una realtà che non conosce e che non gli appartiene. A proposito di cosa il cinema significa per lui ha dichiarato: "Per me girare un film e condividere con il pubblico le emozioni che suscita è la cosa più bella al mondo". Il regista offre anche un saggio del suo metodo di lavoro: "Quando giro, voglio che tutti si sentano coinvolti a pieno. Faccio una lettura condivisa con tutti della sceneggiatura e voglio che tutti sentano che il film è anche il loro, dai protagonisti ai tecnici sul set".

E a chi gli chiede cosa ci voglia per diventare registi, risponde: "Registi si nasce. Il talento ce l'hai dentro, non è una cosa che si impara. Quello che si può imparare è come svilupparlo".
L'incontro poi si è chiuso con una citazione di Elio Petri, che Ozpetek ha conosciuto negli ultimi anni di vita: "Tutto quello che facciamo nella nostra vità è per allontanare l'idea di morte".
In serata l'autore ha incontrato il pubblico del Festival, introducendo la proiezione de Le fate ignoranti.