Recensione Striscia, una zebra alla riscossa (2005)

Produzione dedicata sostanzialmente ad un pubblico di giovanissimi, il film si caratterizza per un generale, buon livello tecnico, ma anche per la mancanza di qualsiasi tentativo di andare oltre il target scelto.

Febbre da zebra

Durante una tempesta notturna, un circo itinerante perde accidentalmente un cucciolo di zebra: l'animale, infreddolito e malfermo, viene soccorso da un fattore, Nolan Walsh, che decide di regalarlo alla figlia quattordicenne Channing. Striscia, questo il nome dato dalla ragazza alla giovane zebra, fa subito amicizia con le altre bestie della fattoria, ma soprattutto sviluppa l'irresisitibile desiderio di correre su una pista, per poter competere con i purosangue del vicino maneggio gestito dalla perfida Clara Dalrymple. Pur non essendo un cavallo, Striscia farà di tutto per realizzare il suo sogno, che coincide con quello di Channing e si scontra con la volontà di Nolan, che anni prima perse sua moglie in una gara ippica.

Produzione dedicata prevalentemente ad un pubblico di giovanissimi, questo Striscia, una zebra alla riscossa (forse era davvero troppo, in questo caso, chiedere che si mantenesse il più efficace titolo originale Racing Stripes) si caratterizza per un generale, buon livello tecnico, che sicuramente riuscirà a rendere felice il pubblico a cui è rivolto. Per far "parlare" gli animali, la computer grafica è stata aggiunta alle immagini delle bestie riprese, ottenendo un amalgama il cui effetto è decisamente efficace e quasi sempre armonico; il lavoro di addestramento dei diversi esemplari utilizzati per ogni singolo animale (per la sola zebra protagonista sono stati utilizzati dieci animali diversi), ha sicuramente dato i suoi frutti, e la simpatica "famiglia" riunita nella fattoria dei Walsh (comprendente, tra gli altri, un vecchio Shetland allenatore di cavalli da corsa, una saggia capra, un pellicano che si atteggia a boss mafioso e un San Bernardo dormiglione) strappa, in misura diversa, sorrisi ai più piccoli e anche a chi si trovi ad accompagnarli. La regia di Frederick Du Chau (esperto di animazione e vincitore, con i suoi lavori precedenti, di vari premi in manifestazioni specializzate) è efficace ed offre momenti di buona resa spettacolare, primo fra tutti la corsa finale, divertente e mozzafiato, impreziosita dall'aggiunta digitale di due simpatiche "spalle", due mosche canterine che aiuteranno, moralmente e non, il protagonista a coronare il suo sogno.

Il film, tuttavia, nonostante la buona confezione, non tenta nemmeno di elevarsi al di sopra degli standard medi dei prodotti dedicati ad un pubblico infantile, e il livello delle più recenti produzioni animate in 3D (adatte sì ad un pubblico di giovanissimi, ma visibili e godibili tranquillamente anche dagli spettatori adulti) resta molto lontano. I personaggi sono tagliati con l'accetta come si conviene per una produzione che certo non va a cercare finezze di sceneggiatura, e il discorso sulla diversità, e sulla necessità di credere nelle proprie capacità, risulta risaputo e trattato con deliberata superficialità. Tutti, uomini e animali, fanno esattamente quello che ci si aspetta da loro, e sull'happy ending finale abbiamo fin dall'inizio ben pochi dubbi: ma si tratta, è bene ribadirlo, di una precisa scelta di target, e conseguentemente di tipologia di prodotto, che ha posto insormontabili limitazioni di spessore sul risultato finale. Resta qualche godibile citazione cinematografica, come quella dei western di Sergio Leone nella prima corsa di Striscia "contro" il furgone del lattaio, o quella della saga de Il padrino nei discorsi del pellicano Goose; o quella, più inaspettata e dal sapore decisamente più trash, di un dimenticato "cult" (virgolette d'obbligo) come Rocky 4, nelle scene dell'allenamento "naturale" di Striscia contrapposto a quello iper-tecnologico del suo avversario purosangue.

Un piccolo rammarico, purtroppo comune a molte produzioni di questo genere, è quello di non aver potuto sentire le voci originali dei personaggi non umani, prestate in questo caso da un cast di tutto rispetto: da Dustin Hoffman che "interpreta" lo Shetland Tucker, a Whoopi Goldberg che dà voce alla capra Franny (diventata "Bocca di Rosa" in italiano: scelta, questa, semplicemente al di là della nostra comprensione), per arrivare a Joe Pantoliano nel ruolo del simpatico pellicano Goose e al rapper Snoop Dog che impersona il segugio Lightning. Certo, sentire un cane che parla in dialetto romano, un cavallo napoletano e una capra romagnola non è esattamente il massimo, anche in un prodotto senza grosse pretese come questo. Ma tutto sommato, pensandoci bene, il danno è, almeno in questo caso, abbastanza limitato.

Movieplayer.it

3.0/5