Due sotto il burqa: una risata per seppellire l’integralismo religioso

Arriva in sala Due sotto il burqa, film della regista iraniana Sou Abadi, che realizza la sua versione di A qualcuno piace caldo di Billy Wilder: uno scambio di persona crea il giusto campo da gioco per ridere del fondamentalismo religioso.

Due sotto il burqa: Félix Moati e Camelia Jordana in un'immagine del film
Due sotto il burqa: Félix Moati e Camelia Jordana in un'immagine del film

Scambi di persona, gioco degli equivoci, gag slapstick: questi elementi sono dei classici della commedia da sempre, lo scheletro di qualsiasi film comico che voglia provocare nel pubblico risate rumorose e di pancia. Il cinema ci ha insegnato che si può ridere di (quasi) tutto, ma cosa succede se a essere messi alla berlina sono temi delicati come la religione?

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La regista Sou Abadi, documentarista che vive a Parigi da tempo, ha vissuto l'adolescenza in Iran all'inizio della rivoluzione islamica e, quando ha visto bloccato un progetto che stava realizzando in Israele, ha deciso di dedicarsi alla sua prima pellicola di finzione, in cui ridere di tutto ciò che ha reso difficile la sua vita e quella della sua famiglia. Per farlo ha scritto e diretto Due sotto il burqa, nelle sale italiane dal 6 dicembre, una versione personale di A qualcuno piace caldo di Billy Wilder: Leila (Camélia Jordana) e Armand (Félix Moati), brillanti studenti di Scienze Politiche a Parigi, che sognano di andare a vivere insieme a New York, dove la ragazza ha la possibilità di fare uno stage all'ONU, vedono un brusco freno ai loro progetti quando si materializza in casa Mahmoud (William Lebghil), fratello di lei, barba lunga e tunica fino ai piedi, tornato da un "corso intensivo" nello Yemen con i Fratelli Musulmani.

Due sotto il burqa: Félix Moati e Camelia Jordana in una scena del film
Due sotto il burqa: Félix Moati e Camelia Jordana in una scena del film

Ormai radicalizzato, Mahmoud vede l'occidentalizzazione della sua famiglia come una maledizione, a cui cerca di porre rimedio: per prima cosa imprigiona in casa la sorella, impedendole di uscire e di vedere il fidanzato. Armand escogita quindi un piano: indossando un velo, si spaccia per Sheherazade, ragazza che ha bisogno di lezioni per capire meglio il Corano, in modo da poter stare con Leila. Il travestimento ha però un effetto inaspettato: colpito dagli occhi e dall'innocenza della "ragazza", Mahmoud si invaghisce presto di lei, non sapendo che in realtà si tratta del ragazzo occidentale della sorella che tanto disprezza.

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"Nessuno è perfetto"

Due sotto il burqa: Anne Alvaro e Miki Manojlovic in una scena del film
Due sotto il burqa: Anne Alvaro e Miki Manojlovic in una scena del film

Facendo scontrare il rigore dell'integralismo religioso con la fantasia del cinema (tra i vari omaggi ce n'è anche uno esplicito a Shining di Stanley Kubrick, con una versione comica della scena cult dell'accetta per aprire la porta), Sou Abadi ha il coraggio di smantellare una a una le storture del fanatismo.
La regista denuncia la vita di repressione e la mancanza di libertà vissuta dalle donne nel Medio Oriente senza mai scadere nella volgarità o insultare la religione musulmana, ma porta agli estremi atteggiamenti e concetti per poterne ridere e quindi toglier loro forza.

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Due sotto il burqa: Félix Moati in una scena del film
Due sotto il burqa: Félix Moati in una scena del film

In Due sotto il burqa a essere messa in discussione non è dunque la religione o la cultura islamica, ma il fanatismo in generale, che può appartenere a qualsiasi credo, dal cristianesimo all'ebraismo. La forza della pellicola di Abadi sta infatti nel mostrare come togliere la libertà a qualcuno sia in realtà l'opposto di quanto viene predicato dalla religione: se non possiamo scegliere come vivere la nostra vita ci allontaniamo sempre di più da un percorso di crescita personale e anche spirituale.
Accolto con entusiasmo in Francia, Due sotto al burqa, oltre a essere una commedia divertente, che può contare su un ottimo cast (tra cui la venticinquenne Camélia Jordana, cantante prestata al cinema che sta diventando sempre più popolare in terra gallica), è anche la migliore risposta al clima di tensione imposto dal terrorismo negli ultimi anni: ridere è un atto rivoluzionario, perché scaccia la paura e ci fa capire che nessuno è perfetto, anche chi si crede intoccabile e pensa di possedere la verità assoluta.

Movieplayer.it

3.0/5