Due ospiti bionici al Roma Fiction Fest

Per Lee Majors e Lindsay Wagner, star televisive degli anni '70 presenti oggi al festival romano, la televisione di oggi è diventata troppo dark.

E' un appuntamento storico quello della terza giornata del Roma Fiction Fest con due star che hanno fatto la storia dei telefilm negli anni '70. Si tratta di Lee Majors, ovvero L'uomo da sei milioni di dollari, e la sua controparte femminile Lindsay Wagner, protagonista dello spin off La donna bionica, andata in onda dall 1976 al 1978.
Andate in onda rispettivamente per cinque e tre stagioni, le due serie arriveranno per la prima volta in DVD nel nostro paese in autunno. Ed è proprio Alessandro Boschi della Universal, che si occuperà della distribuzione italiana ad aprire l'incontro con i due protagonisti, sottolineando quanto le due serie funzionassero per il fascino che emanavano indipendentemente dall'aspetto tecnico e dagli effetti speciali.

Una prima domanda per la signora Wagner: ha visto la nuova versione della sua serie, come spiega il suo insuccesso, cosa aveva lei che la nuova Donna Bionica non aveva? Lindsay Wagner: Il senso dell'umorismo! Scherzi a parte, hanno reso la serie molto più dark e drammatica e questo in qualche modo l'ha snaturata. Ma vorrei sottolineare che le attrici fanno quello che viene detto loro e la protagonista della serie è stata brava, non dipende da lei l'insuccesso della serie.

Ancora oggi siete siete delle icone. Quando vi siete accorti che questo stava succedendo? Lee Majors: Purtroppo non me ne sono reso conto che molti anni dopo. Abbiamo sempre lavorato duro sulla serie, ma non ci siamo resi conto della sua importanza fino a tempi recenti, quando andando in giro per il mondo abbiamo notato il riscontro che ha ancora oggi da parte del pubblico.
Lindsay Wagner: per me è stato diverso perchè il mio personaggio è capitato in un momento in cui la diffusione del femminismo l'ha resa una metafora della figura della donna, quindi ha avuto un impatto dirompente. Voglio citare un paio di aneddoti: sono cresciuta con un nome, Lindsay, poco comune all'epoca e sono stata abituata a girarmi sentendolo pronunciare perchè non c'erano molte Lindsay in giro. Dopo qualche anno ho cominciato a sentir chiamare il mio nome e vedere che ci si rivolgeva a delle bambine e questo voleva dire che il mio personaggio era entrato a far parte della realtà di una generazione. Un secondo aneddoto riguarda una donna che lavorava alla NASA, che mi aveva confessato quanto la mia forza l'avesse aiutata ad andare avanti nel suo sogno di lavorare in quel campo nonostante l'ostracismo della famiglia che voleva per lei un lavoro da donna, tipo infermiera.

Signor Majors, come è stato l'inizio del suo lavoro alla serie? E' vero che ha avuto un incidente simile a quello del protagonista? Lee majors: è vero, avevo avuto un incidente alla schiena giocando a football al college che mi aveva fatto perdere sensibilità agli arti, ma per fortuna nel mio caso le conseguenze non sono state drammatiche.
Quando mi sottoposero lo script, la serie aveva un titolo diverso e non ero molto propenso a prendervi parte. Anche perchè in quel periodo era popolare la serie di Batman che aveva un look che non mi piaceva e temevo potesse venir fuori qualcosa di simile, invece mi assicurarono che sarebbe stato importante l'aspetto umano del personaggio. Il problema era che nella serie non c'erano donne ed avevo a che fare soprattutto con macchine, così dissi alla produzione "dovete darmi una vita sentimentale" e quindi Jamie Sommers fu inserita nella storia.
Lindsay Wagner: all'epoca io ero sotto contratto con la Universal e stavo per chiudere questo rapporto. La cosa buffa è che dopo aver realizzato due episodi pensai che sarebbe finita lì perchè allora le storie sentimentali dei personaggi di una serie duravano appunto un paio di episodi. E così fu, perchè il mio personaggio morì e finì il mio contratto ed ognuno andò per la sua strada.
Ma il feedback da parte degli spettatori fu così forte che furono costretti a farmi tornare per altri due episodi e poi mi mandarono via di nuovo spiegando che i componenti bionici di Jamie erano stati disattivati e lei era andata a vivere in campagna. Di nuovo ci fu un grande apprezzamento da parte del pubblico e si decise di andare avanti.
Il punto di forza credo che sia stato di usare la forza come metafora del femminismo e gli innesti bionici come soluzioni per i problemi della donna.

Signora Wagner, come pensa che sia cambiata la TV negli ultimi anni? Esistono ancora dei divismi come quelli che hanno caratterizzato il vostro personaggio? Lindsay Wagner: Le atmosfere di oggi sono molto più cupe e negative e trovo strano che tanta negatività sia entrata a far parte dell'intrattenimento. E' anche una cosa negativa per i giovani. Inoltre non vedo negli show di oggi la stessa originalità che avevano i nostri.
Era un periodo in cui la tecnologia si stava sviluppando a ritmo velocissimo e la gente lo vedeva nella vita di tutti i giorni, quindi noi eravamo significativi di un periodo e di un cambiamento e questo ci ha permesso di diventare delle icone.
Lee Majors: Credo che sia stato importante l'aver scelto di usare la parola bionico che fino a quel periodo si usava in ambiti diversi. Questo ha permesso alla gente di identificarci con un certo tipo di tecnologia e di rivoluzione culturale che si stava verificando.
Alessandro Boschi: Vorrei aggiungere che dipende dalla forza delle grandi idee. La Donna bionica è il primo esempio di emancipazione della donna in una serie televisiva e i due show presentano anche dei simbolismi che hanno fatto presa sul pubblico, come il fatto che i due personaggi richiamano Adamo ed Eva, con lei che nasce da una costola di lui, e la ricerca dell'immortalità qui presente ad un livello molto umano e poi enfatizzata in altri eroi successivi.

Jamie Sommers è stata una delle prime donne d'azione. Come vede le donne della televisione americana contemporanea, vede una sua erede? Linday Wagner: Non vedo oggi nessun personaggio che possa raccogliere la mia eredità, sto ancora aspettando di trovarne uno. Il problema risiede nei diversi ideali che ne spingono il comportamento.