Dollhouse - Stagione 1, episodio 1: Ghost

Primo episodio per la nuova attesissima serie di Joss Whedon, interpretata dalla bella Eliza Dushku, che ci introduce all'inquietante e misterioso mondo della Dollhouse.

L'abbiamo aspettato, abbiamo visto trailer e promo, abbiamo letto indiscrezioni e anteprime e seguito con ansia tutte le varie vicissitudini che hanno accompagnato prima la lavorazione e poi la collocazione nel palinsesto televisivo americano. Finalmente Dollhouse, nuova serie tv del guru Joss Whedon (già autore di veri e propri cult come Buffy - L'amazzavampiri, Angel e Firefly), si è presentata venerdì scorso al pubblico statunitense con il pilot Ghost che, come ben sappiamo, non era l'episodio con cui Whedon avrebbe voluto introdurci a questa sua nuova opera, ma un episodio espressamente richiesto dal network Fox che potesse risultare accattivante e lineare anche per lo spettatore meno smaliziato.
Viste queste premesse e considerato che lo slot del venerdì sera è il meno proficuo per un certo tipo di programmazione televisiva negli USA, le aspettative dei fan all'inizio altissime erano andate pian piano scemando. Col passare del tempo e con i primi video, era divenuto chiaro che lo show avrebbe avuto un mood decisamente diverso da quello delle opere precedenti di Whedon, un qualcosa di più adulto e serioso, più focalizzato all'action e allo sci-fi tanto da poter essere collocato tra un Alias e un Dark Angel.

In realtà quello che è evidente fin da questo primo episodio è che Dollhouse è una serie difficile da etichettare perchè multisfaccettata, proprio come la sua protagonista Echo, interpretata da Eliza Dushku: la prima volta che la incontriamo è a colloquio con Adelle DeWitt (Olivia Williams) che le offre un contratto di cinque anni per un lavoro non meglio precisato; la ragazza appare titubante ma per motivi a noi ignoti sembra non avere altra scelta se non quella di accettare questo misterioso impiego. Quando la reincontriamo è in sella ad una moto a gareggiare con quello che sembra essere il suo ragazzo; una volta in discoteca ballano e si divertono, una perfetta coppia di innamorati che sembrano non preoccuparsi di null'altro se non di sé stessi. Tutto questo finché la bella Echo non lascia il locale ed entra in un furgone insieme a degli uomini non meglio precisati che la portano a "casa", ovvero la Dollhouse del titolo che altro non è una sorta di laboratorio in cui tramite un "trattamento" le viene completamente cancellata non solo ogni memoria di quello che è avvenuto ma anche ogni singolo aspetto della sua personalità.

La nuova Echo che si aggira per i corridoi e le stanze della "casa di bambole" è ora un guscio vuoto, una bambola che osserva tutto con curiosità fanciullesca e che non ha nessuna idea dell'esistenza che stava vivendo pochi minuti prima, nè del giovane innamorato, nè del ciondolo che aveva ricevuto in regalo. Perfino il dolore alla gamba causatole dalla caduta in moto è per lei un qualcosa di inaspettato e misterioso; tuttavia, a spaventarla non è il vuoto della sua memoria, ma il dolore fisico del trattamento a cui sembra essere sottoposta Sierra (Dichen Lachman), un nuovo membro della Dollhouse, un' "active" come vengono definite dagli scienziati, medici e custodi che si occupano di loro. Proprio tra questi personaggi sembra esserci qualche dubbio sull'aspetto etico del progetto: lo scienziato Topher (Fran Kranz) si vede addirittura come un grande umanitario, in grado di regalare la felicità a chiunque abbia abbastanza soldi da potersela permettere, Boyd Langton (handler e bodyguard di Echo interpretato da Harry J. Lennix) non è dello stesso parere anche perchè vivendo a contatto con Echo (o con le varie versioni di Echo) ed essendo un ex-poliziotto non riesce ad essere altrettanto distaccato dalle missioni (o "impegni" come preferiscono chiamarli) che sono chiamati a svolgere. Più ambigua la la posizione della dottoressa Saunders (Amy Acker) che si prende cura delle actives dal punto di vista fisico ma sembra più incuriosita dall'impatto psicologico che tutto ciò può avere sulle sue pazienti.
Nel frattempo l'agente FBI Paul Ballard (Tahmoh Penikett) sta investigando sulla Dollhouse nonostante alcuni dei suoi capi la ritengano soltanto una leggenda; scopriamo così che dopo aver mandato in malora il suo matrimonio, Ballard adesso sta rischiando di distruggere la sua carriera inseguendo quella che è ormai un'ossessione.
Echo, nel frattempo, è pronta per un nuovo "impegno" ed una nuova personalità: ad un milionario messicano è stata infatti rapita la giovane figlia, e quando chiede l'aiuto alla compagnia di Adelle DeWitt, in Echo viene "caricato" il profilo di Eleanor Penn, una negoziatrice di ostaggi. Veniamo a sapere quindi che Eleonor - e come lei tutte le altre personalità della Dollhouse - è un amalgama di diverse persone pre-esistenti, con i loro pregi ovviamente ma anche portatori di alcuni difetti e problematiche. Non si tratta quindi di una personalità perfetta o robotica, ma di un risultato comunque profondamente umano: Eleonor è un'esperta nel suo campo, ma soffre di asma, è miope e, cosa ancora più importante, ha un passato molto doloroso, essendo stata lei stessa vittima di un rapimento quando era piccola. Uno scontro verbale con il cliente che si lascia sfuggire troppi dettagli della vera natura della giovane donna e soprattutto il riconoscimento di uno dei rapitori attraverso la memoria del suo passato ci fanno capire la vulnerabilità di Echo e soprattutto aprono nuove prospettive sul potenziale pericoloso conflitto che potrebbe nascere nel caso Echo prendesse consapevolezza del suo essere.
Il rapimento si chiude con il salvataggio della piccola Davina anche grazie all'intervento di un altro active, Sierra, in versione SWAT; Echo torna a "casa" dove le viene ovviamente cancellata di nuovo la memoria e va a dormire completamente incosciente di tutto quello che le è successo. Nel frattempo un misterioso personaggio (e noi con lui) osserva attento un video della giovinezza di Echo in quella che, presumibilmente, doveva essere la sua casa e dove ora giaciono due corpi senza vita, probabilmente i genitori della ragazza.
Si chiude così un pilot ricchissimo, caratterizzato da una sceneggiatura praticamente perfetta: Whedon infatti, qui anche regista, riesce a superare brillantemente lo scoglio di creare un episodio pilota affascinante che allo stesso tempo introduca questo nuovo universo senza però risultare statico e privo di azione. In questo Ghost ce n'è per tutti i gusti, ma sopratutto c'è quello che un pilot dovrebbe sempre avere, una storia autoconclusiva ma anche degli spunti - magari solo accennati ma comunque presenti - che possano essere dare il via alla continuity dell'intera serie. Il tutto con una buona realizzazione tecnica ed interprenti sempre all'altezza.
Le premesse per una grande serie ci sono tutte, ora bisognerà vedere se il network darà a Whedon la tranquillità e le risorse necessarie per poter andare avanti (inutile nasconderlo, siamo ancora scottati dalla faccenda Firefly) e se i fan apprezzeranno un progetto dalle grande potenzialità ma al tempo stesso profondamente diverso dallo stile Whedon a cui siamo abituati.

Movieplayer.it

4.0/5