Bill Paxton porta Big Love al RomaFictionFest 2009

Abbiamo incontrato la star internazionale intervenuta al festival romano della TV per presentare la terza stagione di Big Love, al via dal 21 luglio su Cult.

Ha interpretato molti dei film di James Cameron, da una piccola parte in Terminator ad Aliens - Scontro finale e True Lies, compreso l'ultra-famoso Titanic, ed è stato anche l'unico attore a visitare personalmente il relitto del transatlantico insieme al regista per realizzare il documentario Ghosts of the Abyss.
Ma nella sua carriera ha anche lavorato in blockbuster come Twister e film di culto come Boxing Helena ed ora, da tre anni, è al lavoro per la HBO nella serie TV Big Love ed è questo il motivo che l'ha portato alla terza edizione del RomaFictionFest, alla vigilia della programmazione della terza stagione della serie su Cult, che inizierà il prossimo 21 Luglio.
Spontaneo, disponibile ed informale, Bill Paxton ha dato l'impressione di godersi il suo soggiorno romano. "Sono a Roma da tre giorni," ci ha detto, "e non sono mai tornato nella mia stanza d'albergo prima delle quattro del mattino. Siamo stati al ristorante con gli amici, parlando, bevendo, fumando."
Ed inevitabile che il discorso scivolasse su Obama, a Roma proprio in questo periodo e la situazione USA: "Finalmente abbiamo un Presidente che simboleggia l'America, giovane e pieno di speranze, capace di esprimersi e di rappresentarci. Non ho mai potuto relazionarmi a George Bush, avrei voluto scrivergli una lettera dicendogli che aveva bisogno di prendere lezioni base di recitazione! Imparare a parlare alle persone, anche al livello più basilare."
Ma è solo una parentesi, completata da un veloce commento sul nostro Silvio Berlusconi, prima di dedicarsi al motivo principale della sua visita al RomaFictionFest.

Ci fa una panoramica di Big Love, la serie che interpreta ormai da tre anni?

Bill Paxton: E' una serie molto diversa da quanto la gente ha visto fin'ora, non è un'altra storia di poliziotti o ospedali, è la storia di un poligamo. Alla HBO ci sono dei produttori intelligenti: prima si sono costruiti una solida reputazione con dei prodotti televisivi all'altezza del grande schermo, dalla fotografia, agli attori, in ogni aspetto, ed inoltre, poichè si tratta di trasmissioni via cavo, non sono costretti a dover soddisfare gli sponsors, "non puoi parlare di religione, di politica, di sesso, non puoi sparare in faccia ad un tizio" e si sente la mancanza della censura di un network che ci permette di lavorare liberamente. Hanno costruito la loro fama su queste famiglie poco ortodosse, per esempio i Soprano ed i protagonisti di Six Feet Under, ed hanno affrontato temi controversi. Ci sono tante serie tv drammatiche, polizieschi, che affrontano le storie nello stesso modo, mentre alla HBO mostrano una verità più realistica, dove non è tutto bianco e nero, ma con varie sfumature di grigio, al punto che non sempre sai chi è il buono o il cattivo. Così quando mi è arrivato lo script per il pilot, ho pensato 'wow, questa si che è una storia fuori dagli schemi, qualcosa che nessuno ha mai visto!" Un uomo con tre mogli, un tipo religioso ma che ha un passato controverso, da gangster... e ho pensato che si trattasse di roba buona, una cosa originale.
La prima stagione è tutta incentrata sul come: come funziona, come fa quest'uomo a mantenere queste relazioni, come fanno queste donne a far funzionare la cosa senza ammazzarsi l'un l'altra per gelosia, e così per tutta la prima stagione l'obiettivo è stato quello di illustrare la situazione e portare il pubblico a conoscere questa famglia, a farne parte. Hanno fatto in modo che fosse ben chiaro che il personaggio ha una relazione fisica con tutte le mogli, anzi la prima stagione è quella con più scene di sesso.
Una volta che il progetto è stato avviato, che il treno è partito, nella seconda stagione c'è un approfondimento dei personaggi di questa famiglia, e il treno ha cominciato a viaggiare più velocemente.
Ormai il treno è fuori controllo e non possono fermarlo! E questa stagione è stata davvero estenuante, fisicamente, perchè in ogni episodio riescono a inserire molti avvenimenti e adesso i temi si stanno facendo più dark: estorsione, ricatto, rapimento, omicidio e il mio personaggio sta attraversando tutte le possibili crisi che un uomo adulto può affrontare, dai problemi con le mogli, la salute, la gravidanza di sua figlia... ma forse non dovrei dirvelo, vi sto anticipando troppo? Non voglio rovinare la sorpresa per il pubblico, c'è davvero tanto da vedere e gustare! Si parla anche della crisi economica, perchè lui è un uomo d'affari e risente di quanto sta succedendo, cerca di entrare a lavorare in un casinò, che è una scelta un po' al limite. Ma si tratta di gente simile agli zingari, sono outsiders, ai margini della società, e così lui pensa: gioco d'azzardo? Perchè no? non mi danno la possibilità di avere un lavoro e questo è tutto quello che ho, quindi mi arrangerò per riuscire a mantenere la mia famiglia. Tutto questo fino ad avere una vera e propria crisi di coscienza, relativa a ciò che è il suo credo, i suoi valori. C'è una scena in cui mi chiedo se sono un brav'uomo e comincio a interrogarmi sul Dio in cui credo. E' una stagione davvero eccitante, la risposta del pubblico è incredibile, la gente va pazza per lo show.

Quando ti hanno offerto la parte, hai esitato un po', pensando a quanto tempo saresti stato lontano dal cinema e al fatto che avresti interpretato lo stesso personaggio per tre quattro anni?

Bill Paxton: Sì, ci ho pensato... per circa tre secondi! Quando ho saputo della storia di base ero un po' titubante, io vengo dal midwest, dal Texas, e ho pensato, come quasi tutti: questo tizio è come se fosse a capo di una setta, un culto, è un misogino e controlla le sue donne. Ho pensato che avremmo girato nel deserto con filo spinato, come Jim Jones, bevendo kool-aid [un riferimento al massacro di Jonestown ndr], ma poi ho letto il copione e ho pensato che fosse geniale! Questi scrittori hanno preso qualcosa che la società considera un tabù e lo hanno usato come teatro per illustrare i problemi reali della società sul sesso, l'amore, la religione, la famiglia, i bambini, il lavoro e la carriera, e ho pensato "devo conoscere queste persone!". Gli autori, Mark V. Olsen e Will Scheffer, che sono partner da molti anni, sono persone molto interessanti; Mark è un uomo di notevole intelligenza, capace di grande compassione e con uno spiccato senso dell'umorismo e mi ha fatto pensare al mio autore preferito, Oscar Wilde, anche fisicamente. Pensai che per avere la parte non sarei dovuto sembrare troppo entusiasta dell'idea, perchè quando fai così non la ottieni mai. Allora mi sono tenuto un po' sul vago, dicendo "si forse...", perchè quando avete addosso l'odore della disperazione registi e produttori lo sentono da un miglio di distanza. All'epoca avevo già altri impegni: stavo per dirigere il mio primo film dopo Frailty - Nessuno è al sicuro, che s'intitola Il più bel gioco della mia vita, e ho pensato che non ce l'avrei fatta a dirigere il film perchè ero sotto contratto con la Disney, ma il mio agente mi disse "è un impegno di due settimane e mezzo per girare il pilot". Non mi ero soffermato a pensare ai tempi produttivi della TV, perchè ho fatto solo qualche apparizione, non mi venne in mente che avrei potuto farcela. E poi c'è da considerare il montaggio, la presentazione alla HBO, aspettare che facciano l'ordine e scrivere i soggetti per gli episodi, quindi in definitiva mi dava il tempo necessario per girare il film e quindi i produttori mi hanno dato il consenso. Penso anche che sia una delle occasioni in cui io avevo il curriculum giusto per questo tipo di serie: per far sì che la storia funzioni, devi avere un attore verso cui il pubblico sia bendisposto, forse più del talento necessario per rendere credibile il personaggio, e so di non essere oggettivo nei miei confronti, d'altronde sono un attore e tendo ad esser soggettivo, ma guardando indietro alla mia carriera mi rendo conto di aver interpretato quasi sempre la parte dell'uomo comune. E poi c'è il fatto che il personaggio si chiama Bill come me ed è una pura coincidenza. Mi era successo solo un'altra volta, in Twister.

Cosa ne pensa sua moglie della serie? Qual è il suo rapporto con le attrici?

Bill Paxton: E' sempre molto strano per lei vedermi baciare altre donne, ma noi stiamo insieme da molto tempo, abbiamo passato momenti positivi e negativi, alti e bassi. Anche se mi piace lavorare con le attrici, non sono mai rimasto coinvolto sentimentalmente con loro, potrei dire cose che risulterebbero offensive per le attrici. C'è un vecchio detto... no, è meglio di no.
Penso che ci siano tante attrici bellissime, ma non mi sono sentito attratto fisicamente da loro, anche se ci sono alcune che avrei voluto conoscere meglio, forse molto tempo fa, tipo Natalie Wood, Claudia Cardinale... Sapete com'è la vita di un attore, si è egocentrici, specialmente gli attori di cinema, perchè è una carriera così difficile; e per le attrici è anche peggio perchè la finestra di possibilità è più ristretta e sono poche le starlets che diventano poi delle Meryl Streep, Jessica Lange o Sophia Loren. Anzi in realtà le caratteriste lavorano più a lungo rispetto alle attrici protagoniste, perchè l'età non è tenuta in considerazione, cambiano solo i ruoli. Mi rendo conto che si tratta di una generalizzazione e non è giusto perchè ognuno ha una propria personalità, ma penso che sia per questo che le attrici si concentrano talmente tanto su quella parte della loro carriera da avere un tipo di atteggiamento che non trovo affascinante, su un piano puramente fisico. So che ci sono attori che hanno storie con le loro partners sul set e fuori, ma credo che abbia a che fare molto con la pubblicità, per entrambi.

In Big Love lavoro con tre attrici che adoro e siamo grandi amici. A volte capita che nelle serie di successo qualche personaggio sia più amato dal pubblico e allora i produttori spingono gli autori a ingrandire le loro parti, e succede che poi il cast entri in competizione. Invece in questa serie ogni personaggio ha la sua fetta d'attenzione e tutti sono scritti in modo accurato. Anche per questo è un bel posto dove lavorare, è un lavoro di gruppo e siamo tutti davvero amici. Nel caso del lavoro per il grande schermo, quando il film esce e ci sono le critiche, buone o brutte che siano, tu sei già da un'altra pare a fare un altro film, se hai una buona carriera. In TV è diverso, e così come i personaggi della serie che sono soli contro il mondo, noi lavoriamo insieme e aspettiamo insieme di vedere come la gente accoglie ogni episodio e vogliamo che tutti siano amati, che ogni personaggio conquisti il pubblico, così in questi tre anni di lavoro si è creato un legame davvero forte tra di noi. Non trascorriamo tanto tempo insieme fuori dal set, perchè ognuno di noi ha la sua vita e la famiglia, ma quando siamo insieme non andiamo, ad esempio, a pranzare nella nostra roulotte, andiamo invece nella caffetteria e ci sediamo tutti al tavolo. Invece nella pausa pranzo sul set di un film ogni reparto sta sulle sue ed è stranissimo. Devo dire che questa per me è stata un'esperienza grandiosa.
Tornando alla domanda sulle attrici, sintetizzando, posso dire che le amo, ma semplicemente non esco con loro.

Prima ha citato i suoi film da regista, che sono di due generi diversi tra loro. Pensa di tornare alla regia prossimamente, magari proprio per un episodio di Big Love, ed in che genere le piacerebbe cimentarsi?

Bill Paxton: A causa del mio calendario di lavoro è molto difficile riuscire a dirigere un episodio. E per lavorare bene a un film come regista hai bisogno di 18 mesi di tempo, tra la pre produzione, la produzione e la post produzione, quindi non penso sia facile nel prossimo futuro. Però ho messo insieme alcuni copioni e spero di potermici dedicare prima o poi.
Sono molto fiero dei miei film. Quando ho realizzato Frailty mi hanno proposto altri copioni dello stesso genere, ma io volevo fare qualcosa di completamente diverso e con uno stile di regia diverso.

Frailty è un film molto classico, che non attira molta attenzione sui movimenti della cinepresa, e gli attori hanno sulle spalle il peso della narrazione, della scena, ed è stato un po' frustrante perchè il soggetto è così spaventoso che ho cominciato a tagliare qua e la, quasi alla Hitchcock, così il pubblico pensa di vedere molto più di quanto crede. Il secondo film, Il più bel gioco della mia vita, è molto diverso, racconta del golf che non è certo uno sport avvincente, quindi ho messo da parte tutto quello che avevo fatto per il lavoro precedente e ho cercato di renderlo più movimentato usando uno stile completamente diverso, con movimenti di macchina più elaborati e dinamici, rendendo in pratica la cinepresa protagonista della vicenda, quasi come se ne fosse un personaggio, un po' come ne La Casa di Sam Raimi.

E' stato aiutato da Raimi e Cameron per i suoi film?

Bill Paxton: Si, sono stati entrambi due incredibili sostenitori, per Frailty ero preoccupato perchè il film è uscito dopo l'11 Settembre e tutte le critiche parlavano dell'aspetto religioso del personaggio, mentre per me era più un film horror-gotico, quasi fantascienza, e avevo paura che i critici potessero strumentalizzarlo. Quindi ho chiamato l'assistente di Stephen King e le ho detto che io e gli autori siamo dei grandi fan, che ci aveva ispirato e le chiesto se era possibile mostrare il film a Stephen e avere un suo parere. Era il mio primo film e volevo proteggerlo, non volevo semplicemente darlo in pasto alla critica, in un clima politico che sarebbe stato negativo, così gli abbiamo mandato un nastro e lui mi ha scritto un fax dicendo "it was unique, edge-of-the-seat entertainment", allora ho chiamato per chiedere se potevamo usare questa frase per pubblicizzarlo e l'assistente ci disse che non ci avrebbe scritto se non avesse voluto.

A quel punto chiesi a Sam Raimi di vederlo e anche lui mi diede una citazione e in seguito anche James Cameron, il quale mi diede addirittura la possibilità di scelta tra due frasi, e non ricordo esattamente le parole, ma una diceva più o meno che fino all'ultimo minuto il film ti lasciava in sospeso, senza essere prevedibile, che è una grossa soddisfazione, oppure un'altra in cui diceva di essersela fatta sotto per la paura, ma ho usato la prima. Qualcuno si è ritenuto offeso che io abbia agito in questo modo per aggirare la critica cinematografica, ma non ho dato peso alla cosa.

Si dice che ha intenzione di girare qualcosa sull'assassinio di Kennedy.

Bill Paxton: Sì, vidi Kennedy il giorno del suo omicidio. Ero nell'hotel dove passò la notte e ricordo che c'erano 5000 persone e lui uscì a parlare alla folla. Io avevo otto anni e mio padre mi prese per tenermi sulle spalle e vedere il Presidente. Qualche anno fa sono andato al museo di Dallas dedicato a Kennedy e c'erano le foto di quell'occasione, le foto della folla, e ho chiesto al fotografo se aveva altre copie di quelle foto, perchè pensai che probabilmente sarei stato visibile anche io tra la gente. E infatti mi sono ritrovato in un vecchio telegiornale, sulle spalle di mio padre, un po' come in una scena di Forrest Gump, così ho cominciato a pensare al significato dell'anniversario del famoso discorso di Kennedy in cui dice al popolo americano "non chiedere cosa il tuo Paese può fare per te, ma cosa tu puoi fare per il tuo Paese". Ho riflettuto sul fatto che spesso la gente non si sofferma a pensare a queste date storiche, a queste ricorrenze, e che quando si parla del Presidente Kennedy tutti lo fanno secondo il profilo politico, ma in realtà c'è molto di più da raccontare, come per esempio il fatto che Oswald in precedenza tentò di uccidere un'altra persona ma la mancò.
Big Love è un'anomalia per la compagnia di Tom Hanks, che di solito si occupa di raccontare momenti della storia americana come in Band of Brothers, John Adams; così sono andato da lui e gli ho raccontato quello che mi è successo e lui mi ha detto "penso che questo sarà il mio prossimo progetto". Così adesso i suoi scrittori sono al lavoro su un copione di dieci ore per il 2013, in cui ogni ora racconterà un diverso aspetto, e sono convinto che sarà veramente della buona televisione.