Al Future Film Festival un weekend in 3D

La kermesse bolognese si è chiusa con un tripudio di film d'animazione e (più o meno) spettacolari visioni in 3D.

Capita che per l'epilogo di una tale kermesse tornino in auge espressioni come "si è chiusa con i fuochi di artificio" o "si è conclusa in modo pirotecnico". Senza necessariamente ricorrere a un'immagine ormai abusata, possiamo comunque testimoniarvi che il weekend conclusivo del Future Film Festival ha saputo dare il giusto risalto a un evento la cui natura spettacolare è fuori discussione, quelle proiezioni in 3D che attendevamo con una certa curiosità.

A prescindere dalle tavole rotonde e dagli incontri con esercenti e con esperti del settore, che pure hanno saputo riaccendere l'interesse per un fenomeno in netta ripresa, la prova del nove era rappresentata, ovviamente, dalla visione delle singole opere. Riecco i tanto discussi occhialetti, in versione tecnologicamente aggiornata. Ed ecco soprattutto una rosa di titoli concepiti o semplicemente riadattati per essere proiettati in 3D. Significativo, in tal senso, che il gioco sia cominciato sabato sera con un paio di appuntamenti tra cui spiccava la riproposizione di Nightmare Before Christmas, con la tridimensionalità ad arricchire di suggestioni il vivacissimo immaginario burtoniano: un'ulteriore magia, il vedere le zucche volare in sala ed altri effetti equiparabili. Ma sono state le proiezioni domenicali a renderci chiaro un concetto, rompendo in parte l'incanto. La diseguale qualità delle pellicole selezionate per l'occasione ci ha infatti ricordato che il cinema, al di là di tutte le possibili innovazioni tecniche, si muove da una capacità di sedurre attraverso immagini e storie il cui esito nessun occhialetto fatato potrà mai ribaltare.

Apprezzabile è il caso di un recente gioiellino del cinema di animazione, Bolt - un eroe a quattro zampe, reso ancora più scoppiettante nei movimentati inseguimenti o in altri sketch da quelle scene che d'un tratto acquistano volume, avvicinando lo spettatore al cuore dell'azione. Ma prima di voltare pagina abbiamo scoperto, ironia della sorte, che tra le doppiatrici di Bolt vi è la stessa Miley Cirus della serie televisiva Hannah Montana, che avremmo poi ritrovato quale protagonista indiscussa del film successivo. Ecco, molto più mediocre ci è parso l'esito di Hannah Montana/Miley Cirus: Best of Both Worlds Concert Tour, nulla più che un concerto filmato in cui al susseguirsi delle canzoni e di balletti dalle coreografie spesso elementari si alternano le riprese del backstage. Backstage anch'esso deludente. Se non si è tra gli adolescenti che impazziscono per Hannah Montana, soffermarsi sui numeri provati dalla starlet d'oltreoceano in compagnia di coreografo, coriste e ballerini non sempre sincronizzati può indurre una certa noia, al pari degli interventi un po' sopra le righe delle giovanissime fan, alcune delle quali in balia di improbabili acconciature.

Liquidando in un colpo solo la povertà di certe immagini e gli esiti deteriori del 3D Day, rientriamo in carreggiata per segnalare che nelle giornate conclusive del Future si è visto molto altro, a partire dalle anteprime di quei lungometraggi di animazione che presto movimenteranno la programmazione delle nostre sale. Col marchio Universal è sceso in campo un topolino dalle simpaticissime orecchie a sventola, equipaggiato anche di nobili ideali. In quanto ad utilizzo della CG ed al character design scelto per i personaggi principali, specialmente quelli umani, Le avventure del topino Despereaux non è così brillante e non regala certo grosse innovazioni, ma sa ricreare un clima fiabesco dalla morale non così scontata, che in parte compensa le lungaggini del racconto. Senz'altro più divertente Igor di Tony Leondis, pittoresca sarabanda dedicata a un plotoncino di scienziati pazzi e aiutanti gobbi che sembrano tutti uscire da qualche Frankenstein Junior animato, buffi soggetti dal cui interagire escono fuori gag memorabili e sorprese a ripetizione.
Difficile, invece, ipotizzare una distribuzione italiana per il film che ha vinto il premio più importante nel concorso lungometraggi, proiettato nuovamente domenica sera, al termine di una cerimonia di premiazione snella e dai toni informali; tant'è che tra i membri della giuria cortometraggi c'è persino chi è salito sul palco indossando una maschera da lottatore, in puro stile cosplay! Dicevamo del Lancia Platinum Grand Prize attribuito a Fierro di Liliana Romero e Norman Ruiz. Il film argentino riprende un'epica figura della tradizione locale calandola perfettamente nel particolarissimo immaginario legato alla pampa, con dolori espressi in musica e spazi sconfinati a fare da sfondo. Bellissimi i fondali, macchie di colore che epicizzano anche il cielo. Mentre qualche elemento stereotipato si affaccia solo, e in dosi ampiamente tollerabili, nella connotazione spiccatamente western del racconto. Ma è superfluo insistere sulle piccole pecche, trattandosi di un'opera disegnata e sviluppata con personalità, che difficilmente avrà un suo percorso italiano fuori dai festival; ed è quindi una ragione in più per continuare a seguire con curiosità e passione manifestazioni come il Future, sempre foriere di scoperte.