A Venezia 'Questa storia qua': Vasco Rossi a cuore aperto

Presentato il documentario di Sybille Righetti e Alessandro Paris che in 75 minuti racconta la trentennale carriera di un musicista unico nel panorama italiano, attraverso un'intima e appassionata intervista col rocker.

"Il rock ti dà la sensazione che tutti ce la possono fare". Parole e musica di Vasco Rossi, protagonista assoluto del documentario diretto da Alessandro Paris e Sibylle Righetti, Questa storia qua, presentato oggi nella sezione Fuori Concorso al Festival di Venezia e in uscita nelle sale italiane il prossimo 7 settembre. Una frase inequivocabile, quella del Blasco, che sembra essere davvero il marchio di fabbrica di una vita costantemente al massimo, perfino in questi giorni difficili, segnati da un nuovo ricovero in ospedale, per i postumi della frattura alla costola dello scorso luglio. Assente in quello che resta comunque il suo giorno nella rassegna cinematografica veneziana, Vasco Rossi si riappropria del suo palcoscenico ritagliandosi il ruolo principale, e non potrebbe essere altrimenti, di questo progetto durato due anni. C'è tutto Vasco nei 75 minuti del lavoro firmato dal duo di registi, entrambi classe '83, che hanno raccontato la trentennale carriera di un artista unico nel nostro panorama musicale e i suoi aspetti più personali attraverso una lunga e intima intervista-confessione; un faccia-a-faccia a cuore aperto in cui il mito lascia il posto all'uomo, amato appassionatamente dai suoi fan anche per le sue fragilità. Filmati super 8, rare fotografie di famiglia e vecchie registrazioni radiofoniche si intrecciano così alle testimonianze degli amici di sempre, accompagnati da una colonna sonora da brividi impreziosita dall'inedito I soliti.

Uno dei punti cardine del vostro film è Zocca, la città natale di Vasco. Quanto è stato importante per voi partire da questo luogo geografico così carico di significati?
Sibylle Righetti: Zocca è il posto dov'è nato Vasco, dove ritorna, e non si poteva fare un lavoro sulle sue radici senza partire da lì. Zocca ha davvero ispirato la sua musica e per quello che posso dire, non avevo mai visto Vasco raccontato in questa maniera. Volevamo davvero che il pubblico si riappropriasse di lui. I materiali che abbiamo raccolto erano stati tutti gelosamente conservati dai suoi amici, che li hanno difesi strenuamente. Prima di tutto quindi li abbiamo dovuti convincere della validità del nostro progetto.
Alessandro Paris: Zocca è la provincia italiana, il simbolo di un'Italia bella che ha aiutato Vasco come serbatoio di informazioni. E' da qui che ha tratto gli spunti che lo hanno spinto a scrivere certe canzoni. Attraverso questa piccola città siamo riusciti a raccontare molto di più.

Ci sono state cose che Vasco ha voluto cassare?
Alessandro Paris: Assolutamente no, a lui il progetto è sempre piaciuto e si è anche commosso in questo lungo cammino.
Sybille Righetti: Non c'è stato alcun veto da parte sua, sapeva che la sua storia era in mani sicure.

Questi non sono certamente momenti facili per Vasco, che avrebbe dovuto essere presente qui con voi. Lo avete sentito, avete avuto modo di parlargli?
Sibylle Righetti: Io ero molto preoccupata. Gli ho scritto dicendogli che tutti lo aspettavano e che i fan ci avrebbero sbranati e lui con simpatia e professionalità ha detto che non c'era niente altro che potesse aggiungere con la sua presenza che già non era nel documentario. Ha anche aggiunto che il progetto è bellissimo e che noi oggi dobbiamo essere gli assoluti protagonisti.

E' stato difficile scegliere le canzoni per il documentario?
Alessandro Paris: E' stato difficile nel senso che hanno tutte un ruolo narrativo, le canzoni non sono un inteludio ma raccontano davvero la sua vita, per questo abbiamo impiegato molto tempo a sceglierle. Non c'è bisogno di dire ce ne avevamo molte, ma ci siamo concentrati su quelle che potevano avere un'importanza per la nostra narrazione.
Sibylle Righetti: E' vero le canzoni non sono cornici, ma hanno un contenuto ben preciso. Dalle mie parti c'è un detto, Per essere felici tre giorni, bisogna faticarne sette. Penso proprio che questo sia il segreto dei pezzi di Vasco, mandare affanculo, scusate ma il termine è prettamente 'Rossiano' tutto quello che ci imbruttisce, che ci impedisce di avere rapporti con le persone. E questo spirito lo abbiamo voluto rendere in immagini senza troppi fronzoli, grazie allo straordinario lavoro di montaggio di Ilaria Fraioli e a quello del direttore della fotografia, Valerio Azzali. Poi, se devo esprimere un mio giudizio personale, avrei voluto inserire Stupendo, la mia canzone preferita, ma non funzionava con le immagini.

Nel vostro lavoro non si parla molto della dipendenza dalla cocaina di Vasco Rossi, è stata una vostra scelta ben precisa?
Alessandro Paris: Vasco si è messo completamente a nudo davanti a noi, ma abbiamo scelto di non seguire quella linea perché il nostro obiettivo era un altro.
Sibylle Righetti: Io mi ero piuttosto stufata di sentir parlare delle dipendenze di Vasco. Lui ha sempre detto quello che ha fatto, vivendo senza limiti e questo mi sembrava più importante di qualunque altro giochetto mediatico. E poi ci sono dipendenze peggiori rispetto a quella per la cocaina. Oggi il 25% della popolazione soffre di depressione, molti dipendono dal sesso, altri dalla droga. Vasco è sempre stato libero e ha sacrificato molto di sé stesso per difendere le sue scelte. Non saremmo riusciti a raccontare questo paese senza questo atteggiamento. Nel documentario inoltre viene fatto anche un discorso generazionale. Molti all'epoca sceglievano l'eroina, ma lui non l'ha mai fatto. Lui voleva molta più vita.
Francesca Cima: Non solo, ma ha davvero seguito tutte le fasi del progetto. Avevamo una quantità considerevole di materiale a cui dare un senso, lo abbiamo messo insieme e glielo abbiamo fatto vedere e lui sull'onda ha fatto l'intervista, un progetto che abbiamo subito voluto insieme.