Sanremo 2025: un’edizione pavida e concitata è veramente ciò che vogliamo?

Qualche considerazione sul festival diretto da Carlo Conti, che in queste serate ha sacrificato il coraggio a favore di uno show poco rischioso.

Carlo Conti e Nino Frassica a Sanremo 2025

Tutti cantano Sanremo. Questo, lo slogan principe del festival, ma allo stesso tempo tutti parlano di Sanremo, dato che è l'argomento che più di tutti sta monopolizzando l'attenzione mediatica nel nostro paese. Le maggiori testate giornalistiche hanno news e approfondimenti che riguardano la manifestazione in prima pagina, i social esplodono di meme e post sui momenti più disparati, principalmente orientati al gossip, settore che a quanto pare non conosce crisi. Ed è proprio questa gigantesca macchina a muovere l'opinione pubblica durante quella che viene spesso, scherzosamente, definita al pari di una settimana santa, un mix tra ciò che abbiamo di sacro e ciò che è profano, dimenticando, ci auguriamo per poco, tutto quello che succede al di fuori del comune ligure: guerre, genocidi, dittature, flussi migratori, disastri climatici, tutti lasciati fuori dalla cornice di quadro che ora è fatto solo di palco e lustrini.

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Cristiano Malgioglio, Bianca Balti e Nino Frassica co-conduttori della seconda serata

Appurata quindi l'enorme influenza che il festival ricopre nel nostro paese, il fatto di puntare tutto sullo show e sulla sua leggerezza non finisce per rappresentare una gigantesca occasione sprecata? Ma no, Sanremo è Sanremo: ci sono le canzoni (anche se la gara canora sembrerebbe non essere più centrale da un pezzo) gli ospiti, i co-conduttori, la scaletta, il tempo...

Carlo Conti, un festival apolitico è possibile?

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Carlo Conti in conferenza

Durante la prima conferenza Carlo Conti, conduttore e direttore artistico di Sanremo 2025, ha detto: "Non ho avuto nessun tipo di pressione [politica]", e meno male ci verrebbe da esclamare, in quanto in un paese democratico una qualsiasi ingerenza palese (o no) di questo tipo sarebbe da considerarsi estremamente lesiva della libertà di espressione. Ovviamente noi crediamo a Conti ma, nel raccogliere i nostri pensieri e le nostre considerazioni, non possiamo fare a meno di riflettere sul fatto che sia anche il clima generale di un paese, a influenzare un evento di tale portata, oltre che le decisioni, consapevoli o inconsapevoli, legate al suo svolgimento.

Sanremo 2025 Carlo Conti
Carlo Conti alla conduzione di Sanremo 2025

Che sia quindi quest'aria di timore, che colpisce i partecipanti tutti e che aleggia minacciosa sul festival, da ricondurre ad un clima generale che spinge chi si esprime a porsi continue domande sulle conseguenze delle sue opinioni? Beh, negarlo sarebbe quasi impossibile, viviamo in una società dove chiunque può attaccarci, anche con veemenza, per una qualsiasi nostra opinione espressa pubblicamente, e la politica è esempio fulgido di questo tipo di meccanismo malato. Spesso esponenti politici hanno attaccato, in maniera anche poco istituzionale, avversari (politici o ideologici), portando a situazioni di difficile gestione per i singoli. Questo discorso è applicabile anche fuori dagli ambiti del potere, facendo eco poi a tantissime situazioni, aprendo una riflessione paradossale su quanto la libertà di dire qualunque cosa... ci tolga allo stesso tempo la libertà di dire le cose importanti.

Esibizioni poco incisive

"Ma che storia triste, avevo aspettative basse"

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Noa e Mira Awad con Carlo Conti sul palco

Inizia così il brano di Willie Peyote, Grazie ma no grazie, unico pezzo dove si propone un qualche messaggio politico e sociale, dove si parla di frasi fatte e populismo con tutta la schiettezza che ha sempre contraddistinto l'artista. Ma a parte questa canzone molto poco delle problematiche che affliggono l'Italia e il mondo intero sembrano riuscite a varcare le porte del teatro Ariston. Abbiamo avuto la performance di Noa e Mira Awad, cantanti di origine Israeliana e palestinese, che hanno intonato Imagine subito dopo il tanto discusso messaggio del Papa, ma anche questa esibizione ha stoicamente mantenuto un tono estremamente distaccato, che ha lasciato poco spazio alle due artiste, che comunque già in passato si erano esibite insieme all'Eurovision 2009 per Israele, e che nulla ha raccontato sulla drammatica situazione nella striscia di Gaza.

Problemi di questo Sanremo sono quindi la superficialità e la fretta: una scaletta serrata e uno show che punta alla risata facile ma che, in fin dei conti, per la maggior parte, dimenticheremo già lunedì. Con la scelta di togliere i monologhi in nome del programma sincopato, sono andati persi forse gli unici momenti dove lo spettatore poteva fermarsi a riflettere.

L'intrattenimento è un'arte complicata che necessita comunque dei suoi tempi e non siamo d'accordo con l'affermazione di Carlo Conti che sostiene sia a volte più forte una parola che una lunga chiacchierata, perché poi quella parola lo spettatore dovrebbe avere il tempo di metabolizzarla e di interiorizzarla, concordando o dissentendo. Quello che succede, invece, è che quelle parole e quegli esempi tanto ricercati si siano poi persi nella velocità torrenziale di uno show che non si ferma nemmeno per mettere in mostra ciò che potrebbe avere valore.

Un paese di canzonette... quando fuori c'è la morte

Sanremo Balti Malgioglio Conti
Un momento della seconda serata

Ricordate il discorso dello sceneggiatore interpretato da Valerio Aprea nella terza stagione di Boris? Sono passati 15 anni eppure La Locura (la pazzia) lì raccontata sembra più attuale che mai e perfettamente applicabile a questo scintillante e pavido Festival che, nonostante ci lasci in bocca un retrogusto stantio, un sapore di vecchio persistente, poi ci distrae con fulgidi esempi e abiti scintillanti. Che questi esempi poi vengono trattati con spaventosa retorica poco importa, the show must go on: Bianca Balti, modella professionista che su un palco sa come muoversi (dimostrando anche buone doti di conduzione), ecco che diventa la più riconoscibile e rassicurante "mamma coraggio", e a Cristiano Malgioglio, icona della tv italiana e autore apprezzato che non ha mai fatto mistero del suo orientamento sessuale, anche a lui, già spesso limitato sul palco, viene chiesto cosa di una donna lo attraesse.

Insomma, poco importano le competenze e i meriti se è più semplice intrattenere il pubblico con stereotipi ben rodati e confortevoli. Il problema, tutto sommato, è un altro: domenica, quando le luci di Sanremo si spegneranno, quando i fiori saranno appassiti e le canzoni avviate verso una vita in piattaforma o in radio, guardandoci intorno ci accorgeremo che il mondo ha continuato a bruciare, che i mostri fuori la nostra porta fanno ancora paura, che le nostre miserie non sono sparite e che tutto ciò che ci rimarrà, se saremo fortunati, sarà un motivetto in testa mentre guardiamo a un mondo di morte.