Gli occhi azzurri, i capelli biondi e la mascella quadrata gli conferiscono l'aspetto di un re vichingo, mentre il fisico statuario e una personalità ambigua fanno di lui uno dei vampiri più seducenti mai apparsi fino ad ora sul piccolo schermo. Che abbia, poi, all'incirca 1000 anni è solo un dettaglio visto che il suo volto è quello di un uomo di trenta. Stiamo parlando di Alexander Skarsgård o, più precisamente, del suo personaggio televisivo Eric Northman, sceriffo dell'area 5 e proprietario del locale Fangtasia. Protagonista di True Blood, uno dei tv show di maggior successo ideato dalla mente geniale di Alan Ball (Six Feet Under) e realizzati intorno alla convivenza tra uomo e vampiro, l'attore svedese ha raggiunto la popolarità come antagonista dell'ultracentenario Bill Compton, al secolo Stephen Moyer, cui per quattro stagioni ha conteso le attenzioni dell'umana con capacità speciali Sookie Stackhouse. Così, grazie al ciclo di romanzi della scrittrice Charlaine Harris ambientati in una sperduta cittadina della Louisiana, il progetto si è trasformato ben presto in una vera e propria serie cult per gli appassionati del genere, riuscendo a portare le affascinanti creature della notte finalmente fuori da un contesto adolescenziale con una giusta dose di horror splatter, thriller e sesso esplicito. Di questo incredibile successo iniziato inaspettatamente nel settembre del 2008 sul canale HBO e arrivato ormai alla quinta stagione presentata in esclusiva al RomaFictionFest e mandata in onda su Fox dal 23 ottobre, parla Skarsgård accettando di svelare solo alcuni dei segreti che si nascondono dietro lo sguardo indagatore del nuovo Eric.
Alexander, in Svezia hai iniziato a recitare quando eri poco poi che adolescente, poi, però, hai deciso di smettere per riprendere qualche anno dopo. Da cosa è dipesa questa scelta? Alexabner Skarsgård: E' vero, avevo solamente 13 anni e non mi piaceva l'attenzione che si era creata intorno a me. Ero diventato paranoico, non volevo più uscire da casa e mi rifiutavo di incontrare chiunque. A quel punto ho deciso di abbandonare tutto e di tornare a una vita normale. Poi, intorno ai diciannove anni mi sono reso conto di quanto mi fosse mancata la recitazione. A quel punto volevo che diventasse una parte fondamentale della mia vita. Così mi sono trasferito a New York per studiare, volevo darmi ancora una possibilità prima di archiviare completamente la questione.
Nel corso delle varie stagioni il personaggio di Eric è stato sottoposto a delle evoluzioni inaspettate. Quale, tra tutte le sue caratteristiche, ti ha attratto all'inizio del progetto e continua a sedurti ancora adesso?Lavorare in un progetto come True Blood è incredibilmente interessante perché ci troviamo sempre coinvolti nello sviluppo di nuovi rapporti. In questo modo si riesce a creare qualche cosa d'intenso. Per quanto riguarda Eric, mi è piaciuto che fosse presentato come il cattivo per eccellenza, lasciando alla gente il piacere di etichettarlo tanto per semplificare il tutto. In realtà la vita è molto più complessa, quindi attraverso di lui abbiamo giocato a imbrogliare il pubblico. Lo presentiamo come un malvagio senza speranza per poi fargli mostrare un lato compassionevole. A quel punto lo spettatore rimane destabilizzato e all'improvviso scopre un aspetto ignoto, che non si aspettava. Questo è quello che ho amato di lui, perché nella realtà le persone sono più complesse e profonde. Ricordo che con Alan abbiamo parlato proprio di questo la prima volta che ci siamo incontrati per discutere del personaggio ed è un percorso che continuiamo a fare sempre più in profondità.
La serie ha un seguito incredibile fin dal suo esordio nel 2008. Cosa si nasconde dietro il successo del progetto, oltre, naturalmente il genio di Alan Ball?
Io credo che questo successo sia dovuto al fatto che, almeno in apparenza, sembra una soap opera con una marea di eventi che accadono nella stessa puntata e cliffhanger continui. I personaggi possono apparire superficiali, ma in realtà, hanno una loro profondità come gli argomenti trattati, che molto ci svelano sui difetti della società odierna.
Non avevo idea che lo show avesse conquistato tanti consensi anche da voi. Sono rimasto incredibilmente colpito dal calore della gente e dal loro entusiasmo. Poi, venendo da alcuni mesi di dieta ferrea per le riprese di un film a Vancouver, qui ho potuto finalmente rifarmi con dell'ottimo cibo. Insomma, non avrei potuto chiedere di più.
Intorno al fenomeno di True Blood sono nati una serie infinita di blog, fan page e profili su facebook. Utilizzi questi strumenti per promuovere il tuo lavoro o per renderti conto del gradimento generale?
Personalmente preferisco evitare. Ad essere onesto i social network un po' mi terrorizzano. Capisco e apprezzo il lavoro svolto dai fan suoi loro siti. Riescono a dedicarsi a quest'attività anche sette giorni su sette. Indubbiamente questo aiuta la mia professione, ma non credo che come essere umano mi faccia del bene essere sempre aggiornato su ogni singolo giudizio pubblicato. Il problema è che, nonostante centinaia di commenti positivi su di te, a farti soffrire sarà sempre e comunque l'unico negativo.
Alan non ci mancherà affatto, visto rimarrà nel progetto come produttore. Anzi non cambierà nemmeno ufficio. Lo show è una sua creazione ed è impossibile che non sia coinvolto. Nulla sarà diverso, visto che continueremo ad essere circondati sempre dallo stesso team di sceneggiatori incredibili. Quindi, non credo che i fan si accorgeranno del cambiamento.
Continuando a parlare di cambiamenti importanti, un episodio della quinta stagione è stato realizzato dal vostro collega di set Stephen Moyer. Come ti sei trovato a farti dirigere dal tuo storico rivale/alleato Bill?
Incredibilmente bene. Credo che Steve abbia un grande occhio per la regia e conosce i personaggi, in particolare Eric, meglio di chiunque altro. Inoltre è uno dei miei migliori amici e credo abbia fatto un grande lavoro.
Noi interpretiamo personaggi destinati a non invecchiare mai, quindi, prima o poi, cominceremo ad avere qualche problema. Voglio dire che non mi vedo certo nei panni di Eric quando, ad esempio, avrò più di sessanta anni. Per ora, comunque, fino a quando gli autori continueranno a proporci una sceneggiatura ben scritta, mai ripetitiva o ridondante, credo che continuerò a mettermi a servizio dello show con grande entusiasmo.