Watchmen 1x08, la recensione: come si crea qualcosa di bellissimo

La recensione di Watchmen 1x08: con il tanto agognato arrivo del Dottor Manhattan, A God Walks Into Abar eleva la serie verso derive che la avvicinano sempre di più al fumetto di Alan Moore.

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La maschera del Dottor Manhattan

Siamo cresciuti col mito del dio che diventa uomo, che passa dalla carne per essere creduto, per lasciare un segno e smuovere le coscienze. La storia del dio diventato uomo, però, non è una testimonianza diretta. La sua esperienza terrena è stata raccontata da altri, tramandata dal tempo, da scritture, tradizioni e riti. E se ribaltassimo le cose? E se, per una volta, la storia la raccontasse proprio il dio diventato uomo? Come avrete intuito dal titolo della nostra recensione di Watchmen 1x08, A God Walks Into Abar ci ha fornito una risposta memorabile a queste domande.

Un episodio tutto dedicato all'agognato arrivo del Dottor Manhattan che ha rinforzato la nostra fede nei confronti di quella che, secondo noi, è la serie tv dell'anno. Oltre che uno degli esperimenti televisivi, transmediali e filologici più raffinati, certosini e riusciti mai visti sul piccolo schermo. A un episodio dal termine della stagione, Watchmen ci ammalia con un'illuminante digressione tutta dedicata al personaggio più affascinante e sfuggente dell'universo di Alan Moore. Un personaggio mitico e mitizzato (dentro e fuori dal fumetto), dallo spirito profondamente malinconico e nichilista. Un personaggio dallo sguardo vuoto, quasi indifferente, deluso dalla miseria della natura umana, così effimera eppure così presuntuosa. Perché il Dottor Manhattan è un dio che è stato uomo, e per questo capace di elevarsi dal fango dell'umanità con le mani ancora sporche. Dottor Manhattan si permette di giudicare l'umano perché è stato umano, conosce quello che lo ha deluso. Così il grande dio blu, stanco di questo mondo, di questa gente, di essere invischiato nel groviglio delle nostre stupide vite, si è ritirato su Marte per provare a dimenticare il suo pianeta. Quel mondo diventato un orologio senza orologiaio. Però nessuno, qui sulla Terra, si è dimenticato di lui. Nessuno può dimenticare qualcosa di così straordinario e straniante come Dottor Manhattan. Né il mondo di Watchmen (che ancora gli rivolge preghiere sotto forma di telefonate), né gli spettatori di Watchmen (in attesa da quasi due mesi), né gli autori di Watchmen (abili a seminare briciole che abbiamo puntualmente raccolto).

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Una scena di A God Walks Into Abar

Damon Lindelof ci ha fatto sentire il suo profumo sin dal primo episodio, e adesso (finalmente) respiriamo Dottor Manhattan a pieni polmoni. Adesso, finalmente, Watchmen ci mette a sedere davanti al dio-uomo che ci racconta la sua storia. Una storia lunga un'ora di meravigliosa televisione. Una storia che, in fin dei conti, è soprattutto una storia d'amore.

Ritornare a Manhattan

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La prima apparizione del Dottor Manhattan

Parole scelte con cura. Nessun termine lasciato al caso. E non parliamo solo della minuziosa sceneggiatura di Lindelof e Jeff Jensen, ma anche dell'ironico titolo dell'episodio. A God Walks Into Abar, infatti, ci offre una doppia chiave di lettura. La più immediata è l'ovvio riferimento all'impatto devastante che l'arrivo di Manhattan avrà nella vita di Angela Abar. Una donna che stava semplicemente sorseggiando una birra in un bar, celebrando con silenziosa dignità l'anniversario della morte dei suoi genitori, che improvvisamente vede piombare davanti a sé il dio (o l'uomo, fate voi) della sua vita. La seconda riguarda l'evidente natura ? di questo titolo, che sembra quasi il classico inizio di una barzelletta, di un racconto a cui sarà difficile credere. Ed è quello che fa Watchmen mentre ci chiede gentilmente di sospendere l'incredulità e di affidarsi al cuore della sua incredibile storia. Ovvero quello che farà la stessa Angela quando, dopo una raffica di frecciatine e domande scettiche, si affida al racconto di Jon Osterman. Senza mai mostrarlo in volto, con un'efficace recitazione guidata solo dalle mani e dal tono della voce, A God Walks Into Abar ci rivela tantissime cose. La prima è che Manhattan non si è ritirato davvero su Marte (quella che abbiamo visto è soltanto una simulazione ripetuta a oltranza), preferendo rintanarsi su Europa, satellite di Giove, sul quale provare a ricredersi sulla miseria della natura umana. In quell'Eden incontaminato, Manhattan crea la vita (erba, acqua, una magione a lui a familiare) assieme ai suoi personali Adamo ed Eva. Un uomo e una donna associati al suo primo ricordo positivo (un uomo e una donna che fanno l'amore) creandone una copia esatta. L'amore che partorisce amore. La vita a immagine e somiglianza della prima bella epifania vissuta da un bambino ebreo. Un colpo di scena che si lega alla perfezione con il misterioso e folle asilo di Adrian Veidt, inviato su Europa dopo un equo scambio con Manhattan.

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Angela Abar nell'episodio 1x08

L'ex Ozymandias voleva un posto dove essere finalmente venerato ancora come un dio dopo essere stato dimenticato da tutti. Manhattan, invece, voleva l'esatto contrario: tornare uomo e dimenticare di essere dio. Tornare uomo per potersi cimentare in quell'atto di fede che sono tutti gli amori. Per una volta non avere il controllo su ogni cosa, non prevedere tutto, vivere le cose per come sono, non influenzarle per come saranno. Se il memorabile episodio 6 (This Extraordinary Being) era stato un salto nel passato, A God Walks Into Abar gli è perfettamente speculare (e complementare), proiettando Angela nel suo futuro, accettando di abbracciare il suo destino nonostante la tragedia promessa alla fine del tunnel. La stessa tragedia che attende tutti noi alla fine di qualsiasi relazione.

Avere fede in Damon Lindelof

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Un frame dell'episodio 1x08

Questo atto di fede così umano e così terreno tra due persone pronte a vivere il meglio e il peggio a cui andranno incontro (senza dei di mezzo, per una volta) ci ha ricordato molto Arrival di Denis Villeneuve, anche perché A God Walks Into Abar celebra tutto il tempo l'unico vincolo che ha sempre tenuto legato Manhattan con l'umanità: l'amore. Qualcosa che non conosce risposte e definizioni. Quella cosa che destabilizza anche un materialista come Manhattan. Il suo terzo innamoramento gli ricorda che non basta essere un dio per dare vita a qualcosa. Spesso, per creare qualcosa di bello, bisogna essere in due. Questo Lindelof lo sa e ce lo racconta con un episodio romantico ma mai smielato, un episodio in cui lui e Jensen riescono a fare una cosa difficilissima, ovvero ritrovare la voce di uno dei personaggi più complessi e (almeno prima di oggi) intoccabili ideati da Alan Moore. Malinconico, sospeso tra nichilismo e sensibilità, apatia e sofferenza, Dottor Manhattan si è sempre espresso con un registro unico nel suo (non) genere, e risentirlo parlare in questa serie tv in modo così veritiero e credibile è stato grandioso. Ennesima conferma della competenza e della passione con cui Lindelof ha scritto questa serie tv così unica e paradossale. Perché poche cose hanno trattato la loro fonte con il rispetto e la blasfemia con cui Watchmen ha trattato Watchmen.

Coerente ma con il coraggio di rischiare e tradire l'originale, questa serie tv sembra davvero riconoscersi nel suo "nuovo" Dottor Manhattan. Perché siamo certi che, in uno show così meticoloso, non sia certo un caso che il Dottor Manhattan originale, il dio originale (ovvero il fumetto? Ovvero Moore?) non venga mai mostrato in volto e che, invece, solo la nuova incarnazione sia davvero visibile. Forse Dottor Manhattan, che di Watchmen è sempre stato il simbolo, è anche il testimonial supremo di questa straordinaria serie tv. Ovvero una nuova incarnazione che porta dentro di sé lo spirito del vecchio racconto. Un nuovo corpo che porta dentro di sé qualcosa di straordinario. Dinanzi a tanta bellezza e raffinatezza, ci accorgiamo che, forse, quella del dottore divino era davvero una barzelletta. Perché, giunti alla fine di questo episodio, non si può non sorridere.

Conclusioni

Romantico, raffinato, capace di riportare in vita uno dei personaggi più amati e complessi del fumetto di Alan Moore. In questa recensione di Watchmen 1x08 abbiamo sottolineato i grandi meriti di un episodio ricco di spunti e di suggestioni. Tra rivelazioni e allegorie metanarrative, A God Walks Into Abar alza l'asticella di una serie che non smette di rischiare e di sorprenderci con le sue meravigliose trovate.

Movieplayer.it
5.0/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • La costante imprevidibilità che accompagna ogni sequenza dell'episodio.
  • Il ritorno in scena del Dottor Manhattan è elegante e prorompente allo stesso tempo.
  • L'equilibrio sorprendente tra risposte finalmente date e sorprese continue.
  • Il titolo dell'episodio si apre a una duplice chiave di lettura molto affascinante.

Cosa non va

  • Tra una settimana sarà tutto finito.