Tutti gli uomini di Martin Scorsese

Per la sua intera filmografia Martin Scorsese si è occupato, attraverso i mille volti dei suoi protagonisti, dell'elaborazione di una eredità scomoda, che ha consegnato alla sua generazione un'idea di maschile inadeguata per loro stessi e per il mondo in cui si sono ritrovati a vivere.

Tutti gli uomini di Martin Scorsese

La consapevolezza e la sensibilità di Martin Scorsese non sono da cercare nelle sue inquadrature, nei carrelli, nei ralenti, nei primi piani, nell'uso della steadicam. Non stanno nel suo modo di dirigere gli attori, nel suo lavoro in sede di scrittura, probabilmente non stanno neanche nel suo pensiero filmico. La sua consapevolezza e sensibilità sono da cercare nella gestione della sua eredità in quanto maschio, bianco, cattolico (per scelta) e nordamericano. Sono da cercare nel suo farsi carico, più di tutti gli altri Movie Brats (così era chiamata la generazione dei cineasti suoi contemporanei), del dovere di riallacciarsi ai registi che ruppero con la "Vecchia Hollywood". Coloro che si posero l'obiettivo di smantellare i classici cardini della rappresentazione della società statunitense e, soprattutto, dell'uomo statunitense. L'uomo alla Gary Cooper, "the strong silent type", come lo definì con estrema chiarezza e sintesi Tony Soprano nella prima stagione della leggendaria serie di David Chase.

Robert De Niro e Leonardo DiCaprio con Martin Scorsese ai Golden Globes 2010
Robert De Niro e Leonardo DiCaprio con Martin Scorsese ai Golden Globes 2010

Un uomo, un maschio, idolatrato per generazioni, a partire dai lavori di Hughes e Ford (di cui Scorsese era incredibile fan, motivo per cui il suo prossimo film, Killers of the Flower Moon, acquista tutto un altro sapore), e da cui ci sono voluti tanti anni per distaccarsi, dopo averlo più volte cercato di esorcizzare, elaborare e superare.
Per il cineasta non si tratta solo di un modo per guardarsi allo specchio, ma anche per guardare le fotografie dei propri padri e i volti dei loro idoli, colpevoli di averlo fatto sentire inadeguato per le proprie fragilità, bisogni e sensibilità, etichettate come debolezze, invece di essere accettate come virtù. Sono loro che hanno trasformato i loro figli in uomini tossici e malati di solitudine, che si rifugiano nelle compagnie nocive, nei lussi e nelle ricchezze più superficiali, incapaci di essere all'altezza di un amore autentico e che sublimano nella violenza figlia della gelosia un'impotenza che da sessuale diventa anche emotiva, emozionale e sociale.

Leonardo DiCaprio e Martin Scorsese sul set di The Wolf of Wall Street
Leonardo DiCaprio e Martin Scorsese sul set di The Wolf of Wall Street

La descrizione del declino dei suoi uomini è il mezzo attraverso il quale Martin Scorsese ha guardato il mondo e la sua casa, ha cercato se stesso e la sua spiritualità, ha raccontato il suo cinema al pubblico ed è dunque, di conseguenza, divenuto il codice linguistico con il quale ha cercato di esprimersi per tutta la sua vita.
Passeremo in rassegna diversi degli uomini presenti nella filmografia del regista, anche se, premettiamo, non li citeremo tutti. Cosa che forse non sarebbe neanche troppo utile per il senso dell'articolo.

Uomini che non meritano le donne

Robert De Niro e Harvey Keitel in una scena di Mean Streets
Robert De Niro e Harvey Keitel in una scena di Mean Streets

Già con Chi sta bussando alla mia porta e America 1929 - Sterminateli senza pietà, Scorsese ci presentava i suoi primi prototipi maschili, schiacciati da una eredità paterna che divenne una autostigmatizzazione sociale e culturale così forte da renderli incapaci di guardare oltre di essa.
A fare le spese di ciò sono soprattutto le donne, personaggi con cui il cineasta difficilmente è riuscito ad entrare in sintonia a pieno, basti guardare alle tante donne di Fuori orario e de L'Età dell'innocenza o alla Ginger di Casinò o, ancora, alla Alice di Alice non vive più qui. Raffigurate sempre in funzione dei loro uomini, quelli che hanno perso, quelli a cui devono badare e quelli di cui si innamorano. Tutti violenti, persi, in crisi, incapaci di una maturità reale.

The Wolf of Wall Street: una suggestiva immagine di Leonardo DiCaprio tratta dal film
The Wolf of Wall Street: una suggestiva immagine di Leonardo DiCaprio tratta dal film

Eppure ce ne sarà uno che si salva? Magari uno più consapevole? Ci prova Scorsese a proporlo per la prima volta in Mean Streets - Domenica in chiesa, lunedì all'inferno, in cui ci presenta l'impianto narrativo ed estetico che lo accompagnerà per tutta la sua carriera, basato su un elogio della violenza e del cameratismo, figlio di un disagio sociale e morale ed unico rimedio per la solitudine esistenziale. Un uomo del genere lì è perso solo nel momento in cui diventa consapevole, sventura che capita sul capo di Charlie Cappa, che però, alla fine, non riesce ad uscire comunque dai suoi canoni.
Un discorso che verrà ripreso da Scorsese con i successivi protagonisti dei suoi Mafia Movie (ma anche con Jordan Belfort di Wolf of Wall Street, che fondamentalmente quello è) e quindi anche noi lo riprenderemo più avanti.

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La mascolinità violenta

Robert De Niro in Taxi Driver (1976)
Robert De Niro in Taxi Driver (1976)

La violenza della condizione umana e, nello specifico, quella in cui vige l'uomo nordamericano, Scorsese riesce a raccontarcela al meglio solo dopo l'incontro con Paul Schrader, ancora oggi ultimo esponente di un discorso "new hollywoodiano" su un certo tipo di maschio e mascolinità in crisi, figlia di Peckinpah e Siegel, ed è lui a firmare o cofirmare le sceneggiature di Taxi Driver, Toro Scatenato, L'ultima tentazione di Cristo e Al di là della vita.
Rimanendo ai primi due titoli troviamo Travis Bickle e Jake LaMotta, due delle versioni più riuscite di un maschio figlio della violenza della società in cui vive, intrappolato in una spirale di solitudine e paranoia e che solo nel ritorno alla violenza trova il suo senso di esistere. Una violenza diversa, che si oppone a quella costringente (come può essere l'immagine di un silenzio comprato per 5 dollari o di un incontro di boxe truccato) per divenire liberatoria (restituire la vita ad una bambina che fa la prostituta o prendere a pugni il proprio fratello), anche se mai costruttiva. Un'idea catartica di affermazione di se stessi che assume i contorni di un tentativo estremo di mettersi a fuoco degno di un profilo borderline: sfilacciato, insicuro e assediato da se stesso. Eccolo, l'uomo scorsesiano.

Robert De Niro in Toro scatenato (1980)
Robert De Niro in Toro scatenato (1980)

Figure decadenti mosse da uno spirito primordiale, una mascolinità che diventa credo e quindi schiavitù universale, che si trasforma in una sorta di Leitmotiv e quindi modo di rapportarsi con l'altro, come illustra benissimo anche Cape Fear - Il promontorio della paura, fino a divenire chiave di lettura per racconti dagli elementi biblici o epici.
Personaggi e storie tanto sanguinosi e terrificanti quanto imponenti e fondative, al punto da poterle vedere come terreno fertile per la nascita di una Nazione, come in Gangs of New York, in cui una storia di vendetta, di padri persi e di padri trovati, di scontro culturale e quindi anche religioso, trova nel sangue la sua risoluzione. Un filo conduttore straordinario che ritroviamo in larga parte anche in The Departed - Il bene e il male, anche se lì i figli e i padri sono due. Ma parlando di figli e padri...

Il figlio e il Padre

Jerry Lewis e Robert De Niro in Re per una notte
Jerry Lewis e Robert De Niro in Re per una notte

Maschi tossici e uomini orfani. Maschi tossici perché uomini orfani. Orfani di un padre che è morto sul serio oppure che li ha traditi. Un padre biologico o un padre spirituale. Scorsese una volta disse che attraverso i suoi film lui cercava Dio, la voce di Dio per essere precisi, senza mai riuscire a trovarla.
Paradossalmente la ricerca del padre è per la prima volta consapevolmente presente nella sua filmografia in Re per una notte, dove esso diveniva modalità di accesso ad uno status desiderato, anche se un padre vero e proprio nel film non c'era. Più un idolo (ve li ricordate gli idoli?), un surrogato. Un idolo che il regista ha provato ad umanizzare con The Aviator, il biopic su Howard Hughes che, come scritto precedentemente, è stato uno dei suoi principali riferimenti. L'arrivo alla rassegnazione, al timbro definitivo che il regista pone sulla presa di coscienza che sarebbe rimasto inascoltato e, a sua volta, che sarebbe rimasto incapace di ascoltare la voce del Padre lo troviamo in Silence.

Lultima Tentazione Di Cristo
L'ultima tentazione di Cristo: un'immagine di Willem Dafoe

Anche se prima, in realtà, c'era stata un'altra pellicola in cui il regista provò a scendere a patti con la paura che evoca la spiritualità e il complesso di Edipo su cui si è fondato l'intero pensiero occidentale.
L'ultima tentazione di Cristo è il racconto di un Gesù umano, che decide di svincolarsi dal sacrifico massimo che Dio esige. Emanciparsi dal ruolo di figlio visto come "agnello sacrificale che toglie i peccati del mondo". Un Messia uomo reso espressione suprema della condanna del maschio scorsesiano, che però non può far altro che tornare sull'unica strada possibile, tant'è che poi agnello deve tornare ad essere.
Ancora una volta una violenza liberatoria e sublimante, stavolta dichiaratamente biblica, in cui poter esprimere se stessi e tutto il proprio dolore e salvare gli altri.

Da Taxi Driver a Silence: gli antieroi di Martin Scorsese tra fede, redenzione e martirio

Il tramonto di un'epoca

Una scena del film Quei bravi ragazzi
Una scena del film Quei bravi ragazzi

Questo tipo di uomo esercita su Martin Scorsese anche una dose di fascino non indifferente. Possiamo dire che sotto sotto lo stima o che un po' lo invidia. Dopo tutto è un uomo che ha tra i suoi pregi quello di riuscire a prendersi una vita alternativa a quella proposta dal modello sociale canonico, riscattando la propria minoranza e rendendola addirittura un élite, una sorta di imperialismo rovesciato, in cui poter esprimere la propria violenza e sentirsi dei re. Salvo poi (è vero) ritrovarsi sempre davanti alle proprie miserie.
Uomini come Henry Hill di Quei bravi ragazzi, il "non mangiaspaghetti" che diventa il migliore amico dei "mangiaspaghetti" e che attraverso quella vita trova il modo di divenire il re del mondo. Status che poi vuol dire non fare la fila per entrare nei night più esclusivi, andare vestito sempre con giacca e cravatta o mangiare benissimo anche quando si va in galera.

The Irishman 4
The Irishman: Robert De Niro in una scena del film

La mafia è la massima espressione di quel tipo di mascolinità, quella in vige la legge del "chi ce l'ha più duro" in modo ancora più ritualizzato di quanto lo fosse nei western degli anni '50. Qui l'eccezione è l'uomo che usa il cervello e che per il suo cervello vale, come Sam "Asso" Rothstein di Casinò, un film straordinario che ci dice come l'unico Paradiso in Terra che si può creare da zero è quello finto, imbastito su un sogno di ricchezza e felicità a buon mercato, che poi è il miglior modo per cadere nell'abisso. Come i sistemi mafiosi, fatti di uomini a loro modo straordinari, ma che hanno, infine, perso. Il loro fallimento sta nell'impossibilità di creare sul serio un nuovo mondo, una nuova vita, un nuovo ciclo.
The Irishman è, quindi, la veglia funebre di Martin Scorsese e del suo maschio. Un film in cui si celebra il ricordo di quel tipo di uomo, impersonato da Frank Sheeran, esaltandone la parte legata all'onore, quella per cui ci si può ritrovare costretti a compiere atti che non si vorrebbero mai compiere. Andare sopra i compagni in nome di qualche tipo di codice per poi morire da soli, senza i propri affetti, la propria famiglia e, soprattutto, senza proprio quel codice, per cui si è iniziato tutto. Superato, come è superato l'uomo alla Gary Cooper, "the strong sylent tipe".