True Detective 3x08, la recensione: Now Am Found e le storie che ci raccontiamo

La recensione di True Detective 3x08: l'episodio finale della terza stagione svela ogni mistero su un caso lungo 25 anni e su un uomo tormentato.

True Detective Stagione 3 Now Am Found 2
True Detective: una scena del finale di stagione, episodio Now Am Found

Il tempo è il fuoco in cui bruciamo. Ardente, più o meno scoppiettante, alimentato da esperienze, attimi, persone, sentimenti. Ma cosa resta quando quel tempo finisce? Cosa rimane delle nostre vite quando quel fuoco si spegne? Se apriamo questa recensione di True Detective 3x08, finale di stagione della serie, scomodando profonde domande esistenziali, è perché la terza stagione dello show HBO ci ha spinto spesso ad addentrarci nella sua selva oscura di ricordi e di rimozioni, di pentimenti, rancori e ossessioni; a interrogarci sul valore, sulla responsabilità e sulla natura della memoria. E lo ha fatto attraverso un uomo rinchiuso dentro un enorme paradosso: un detective infestato dai suoi ricordi per tutta la vita che, una volta anziano, inizia a smarrire i pezzi del suo passato.

Nel suo profondo tono intimista, True Detective è riuscito a sussurrarci nell'orecchio che, per una persona del genere, una malattia simile potrebbe persino essere una liberazione, un regalo del destino dopo un'esistenza dannata da una caso maledetto. Non se ti chiami Wayne Hays. Non se sei un uomo dotato di un senso del dovere ferreo. Non se ritieni la tua vita talmente sacrificabile da arruolarti solo per rendere tua madre ricca grazie alla tua eventuale morte. Perché, alla fine, la grandezza di True Detective è sempre stata quella di indagare dentro l'animo degli indagatori. E sì, in questa terza stagione il caso da risolvere è sempre stato centrale, ma permane la sensazione che killer, vittime e omicidi siano sempre un pretesto per spingersi dentro le persone costrette a maneggiarli.

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True Detective: Mahershala Ali in una scena dell'episodio Now Am Found

Dunque: che tipo di uomo può rimanere avvinghiato alla scomparsa di due bambini per tutta la vita? E che tipo di donna può stargli accanto nonostante tutto? Ecco che l'episodio finale di True Detective 3, oltre a fare luce sul suo denso e oscuro mistero, si trasforma inaspettatamente in una storia d'amore.

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Se il dolore è un collante

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True Detective: una scena con Mahershala Ali dell'episodio Now Am Found

Doverosa premessa: per sviscerare come si deve una serie così complessa, dovremo per forza di cose cadere nella tentazione dello spoiler. Quindi avventuratevi nella nostra recensione soltanto se siete armati di machete per evitare brutte sorprese. Se mettiamo per un attimo da parte il caso Purcell e il misterioso signor Hoyt, è perché il cuore pulsante di Now Am Found (titolo di per sé risolutivo) batte nel mezzo di una coppia di inaspettati detective. No, non sono Hays e West, ma Hays e sua moglie Amelia. È grazie a lei, e quel suo libro mai letto per ripicca da suo marito, se alla fine abbiamo trovato una bussola in mezzo alla foresta nera di True Detective. È grazie ad Amelia se abbiamo capito cosa è successo davvero ai nostri Hänsel e Gretel. Tutto nasce da una coppia che ha sempre fatto del Male e della negatività un motivo per stringersi ancora più forte.

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True Detective: Mahershala Ali nell'episodio Now Am Found

Wayne e Amelia hanno guardato insieme nel baratro del dolore, del trauma, dei problemi a cui ogni relazione è condannata, e la risposta è sempre stata stringersi. La consapevolezza della loro imperfezione e della loro caducità, ha reso così i coniugi West una coppia ferrea proprio perché lucida dinanzi alle proprie inevitabili fragilità. Ed eccoli, quindi, bere insieme in un bar ammettendo che il caso Purcell, invece di allontanarli, è sempre stato il collante capace di tenerli insieme, vicini, complici nonostante scontri, invidie e incomprensioni. Come se quel caso balordo fosse un fardello troppo pesante da gestire da soli; come essere in due fosse l'unico modo per venirne a capo. Così, come anime complementari, Wayne è sempre stato il braccio, l'uomo del campo, dell'azione, colui che si è sporcato le mani e ha bruciato il sangue dalle sue camicie. Amelia, invece, è sempre stata la parte più razionale, che ha avuto il tempo, lo spazio e il desiderio di mettere insieme i pezzi del puzzle attraverso la scrittura e quel libro indigesto dentro cui, forse, è nascosto un briciolo di speranza. Tutto questo grazie ai veri detective dello show: Wayne e Amelia. Tenuti insieme dalla miseria umana.

Per colpa delle storie, grazie alle storie

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True Detective: un primo piano di Mahershala Ali nell'episodio Now Am Found

Era inevitabile, doveroso e doloroso: eccoci tra le mura del castello rosa. Eccoci dentro la stanza degli orrori travestita da innocua casa delle bambole. Abbiamo finalmente varcato il grande cancello nero della tenuta Hoyt. Un nome che negli ultimi episodi aveva preso le fattezze del più classico Uomo Nero delle fiabe. L'Uomo Nero lo abbiamo guardato in faccia, e il signor Hoyt si è rivelato essere un triste uomo che ha visto la sua famiglia distrutta e poi ricostruita sotto forma di teatro degli orrori. Sua figlia Isabel, dopo aver perso suo marito e la sua bambina in un incidente, trovo nella piccola Julie Purcell un perfetto lenitivo per il suo lutto. Un dolore colmato attraverso un gioco perverso, alimentato da due madri (Isabel e Lucy, la mamma di Julie) che hanno rovinato la vita a una povera innocente. Nessuna rete di poteri forti, nessuna oscura organizzazione pedofila: la terza stagione di True Detective affonda le sue radici nel marcio di un amore malato, nell'ossessione di una donna viziata nel suo bisogno di affetto.

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True Detective: una scena dell'episodio Now Am Found

Se ci è riuscita è grazie alle storie raccontate a una bambina inconsapevole, drogata ma soprattutto indottrinata da racconti che ne hanno fuorviato la memoria e la personalità. Il bellissimo colpo di scena di questa notevole terza stagione, però, è tutto nella raffinata vendetta silente operata da Julie Purcell. Colei che, pur di ricostruirsi (o meglio: riprendersi) finalmente una vita ha usato la stessa arma che l'aveva ammazzata da bambina: le storie. Protetta dietro la sua finta morte, Julie è rinata ed è stata risarcita di tutto quello che le era stato tolto. Non sapremo mai se quell'intenso, ultimo sguardo di Hays rivolto verso l'ex bambina ormai donna fosse davvero vuoto e frutto di amnesia, o se Wayne abbia voluto finalmente "lasciarla andare" e chiudere finalmente i conti con il caso Purcell. Questo resta a noi deciderlo. In base alle storie che vogliamo raccontarci. Comode o scomode che siano. Perché quando il fuoco si spegne, restano soprattutto loro: le storie. E True Detective ce ne ha raccontata una bellissima nonostante tutto il brutto di cui era fatta.

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4.5/5