Lost: Jack Bender ci racconta i segreti della produzione

Non solo regista, ma vero responsabile del look della serie, Jack Bender ci ha raccontato il suo ruolo sul set di Lost e le scelte che hanno contribuito a renderla il prodotto che siamo abituati a guardare in TV.

Veterano della TV americana, attivo sin dai tempi de La famiglia Bradford fino ai più recenti Profiler ed Alias, Jack Bender non è forse uno dei nomi più noti agli spettatori di Lost, ma è sicuramente uno degli artefici principali della sua qualità e dell'aspetto che la serie ha quando arriva sui nostri teleschermi.
Sono trenta gli episodi fin qui diretti da lui, ad una sola stagione dalla sua conclusione, ma la sua mano è presente e fondamentale anche quando dietro la macchina da presa c'è un suo collega. Questo perchè Bender è l'uomo di fiducia di Damon Lindelof e Carlton Cuse alle Hawaii ed è responsabile creativo di Lost per quanto riguarda la sua parte più puramente pratica, quella che riguarda le riprese vere e proprie, come lui stesso ci ha personalmente raccontato.
A pochi giorni dalla trasmissione italiana, su Fox Life il 20 Luglio, del finale della quinta stagione ed a pochi mesi dall'inizio di quella che sarà la stagione conclusiva della serie nella sua totalità, abbiamo incontrato il regista e ci siamo lasciati raccontare modi ed importanza nel suo coinvolgimento nel processo produttivo di Lost.

Ci spiega come è stato il suo coinvolgimento nella serie?

Jack Bender: Loro avevano già girato il pilot, mentre io avevo già lavorato con J.J. Abrams in Alias e Felicity come regista, avevo prodotto degli show per David E. Kelley e molti film per la televisione da me diretti. Dopo aver fatto il pilot, mi chiesero se avessi voluto essere il loro direttore creativo alle Hawaii, perchè sapevano di aver bisogno di qualcuno di fiducia che dirigesse il lavoro lì. I miei figli allora erano già abbastanza grandi, quindi non sarebbe stato un problema lasciare Los Angeles, anche perchè mia moglie avrebbe fatto facilmente viaggi avanti ed indietro per stare con me, inoltre eravamo sposati da diversi anni quindi non poteva che farci bene [scherza, ndr] e così, grazie a Dio, dissi di sì.
Quanto al mio ruolo lì, di base mi occupo di dirigere tutte le decisioni creative sul posto. Quando dirigo in prima persona è una cosa che faccio comunque ed è quindi facile ricoprire entrambi i ruoli. Damon e Carlton siamo sempre in contatto, collaboriamo al casting, alle decisioni che riguardano le sceneggiature, dopo che mi sono consegnate, e sono incaricato di prendere le decisioni che riguardano i set e l'aspetto generale, come devono apparire i flashback e tutte le decisioni puramente estetiche. Quindi in buona misura è un'estensione della regia e sono circondato da una squadra molto valida di produttori, progettisti ed altro staff che mi aiutano e mi guidano nella giusta direzione. Inoltre faccio da guida a tutti i nuovi registi che collaborano con noi saltuariamente, che quindi non sono dei regular per la serie.

Quanto siete stati consapevoli all'inizio che non solo stavate facendo un prodotto di successo, ma che stavate anche indicando una nuova strada da seguire, una strada in cui si rompevano le regole?

Jack Bender: Non per sembrare presuntuoso, ma sono stato anche un pittore sin da quando ero ragazzo, quindi userò questa esperienza come paragone: inizi a fare un dipinto ed hai un'idea e le pennellate, i colori e tutto quello che fai ti guida ed il dipinto inizia ad avere una propria vita. Qualcosa del genere è successa anche con Lost.
Per esempio pensiamo alla scena della zattera, con Vincent che inizia a nuotare per raggiungerla. In quel caso è successo che io ero sulla spiaggia, ho guardato il cane ed ho detto all'addestratore "non dirmi che è l'unico Labrador che non sa nuotare" e così abbiamo realizzato la scena così come l'avete vista, con il cane che cerca di raggiungere la zattera ed è venuto fuori qualcosa di molto toccante.
Però non si può mai prevedere la reazione che una scena avrà sul pubblico. Durante la lavorazione noi sapevamo che il pilot ed i primi episodi erano andati molto bene, ma non potevamo immaginare che avrebbe avuto un simile impatto in tutto il mondo e tutto quello che potevamo fare era di lavorare sodo alle Hawaii e realizzare la serie. E' come costruire le piramidi un blocco per volta, non ti allontani a guardare l'opera finita finchè non sei arrivato alla fine.
E ogni anno inizio a lavorare a Lost grato della possibilità di poter realizzare una nuova stagione e pronto a dare il massimo, ma non posso prevedere che cosa otterremo, solo andare avanti un passo per volta e fare del nostro meglio. Da regista posso dire che per ogni episodio, per ogni scena che si dirige, bisogna avere una visione d'insieme di tutta la serie, di tutta la sinfonia che si sta suonando, in modo da poter sapere come miscelare gli alti ed i bassi all'interno dell'episodio, quanta azione rispetto alle emozioni.
Per quanto riguarda la reazione a livello mondiale, vale anche per me quello che Matthew ha già detto oggi : venni in Italia un paio d'anni fa per fare qualcosa alla RAI e parlai ad un gruppo di sceneggiatori e registi ed in quell'occasione capii di non avere avuto un'idea dell'accoglienza a livello mondiale che la serie aveva ottenuto ed è stato molto emozionante. Ma intanto tutto quello che possiamo fare è lavorare.

In che modo la particolarità della struttura di lavoro di Lost, con una unità dislocata alle Hawaii e condotta da lei e gli autori al lavoro a Los Angeles, ha influenzato il lavoro sulla serie? Questa lontananza dagli autori è stato positivo in termini di libertà creativa o si è rivelato negativo a livello pratico?

Jack Bender: Penso che ci siano entrambi gli aspetti. Sicuramente ci ha dato molta libertà ed ha dato a me la libertà di essere più creativo, ma allo stesso tempo ci sono delle complicazioni a livello logistico. Prima di tutto il fuso orario, il fatto che per esempio la serie è più costosa perchè dobbiamo trasportare ogni cosa alle Hawaii, che è un posto meraviglioso dove girare, ma non è un luogo attrezzato per essere un set. Così per esempio ogni volta che Jack Shephard, il personaggio di Matthew Fox, doveva fare un'operazione, è stato necessario andare in una vera sala operatoria perchè non era possibile noleggiare materiale ospedaliero per girare un film, e due volte l'abbiamo dovuto fare di sabato perchè c'erano meno operazioni vere in programma. E ricordo una volta in cui eravamo pronti a girare una scena e ci siamo dovuti fermare perchè era arrivato un rene ed hanno dovuto fare un trapianto. Una cosa naturale, perchè noi stavamo realizzando semplicemente uno show televisivo, mentre lì c'era una vita in gioco.
Credo che tutto questo comunque abbia contribuito a rendere Lost quella che è perchè ha fatto sentire anche tutti noi realizzatori un po' come personaggi della serie, intrappolati su un'isola, da soli, ed ha contribuito a renderci più uniti, rispetto a come ci saremmo sentiti se fossimo stati a Los Angeles a girare.
Quindi in definitiva direi che sono stati di più gli aspetti positivi, rispetto a quelli negativi.

Lost è una serie molto originale, sia nella storia che dal punto di vista visivo. Quale pensa sia stato il suo contributo più importante nella visualizzazione dello show?

Jack Bender: Ho sempre voluto che Lost apparisse bello, ma allo stesso tempo spaventoso. E volevo anche che apparisse come il mondo reale e che i flashback fossero il mondo in cui i nostri personaggi non vivevano più, mentre l'isola sarebbe dovuta essere rigogliosa, verde e misteriosa. Non ho mai voluto fare movimenti di macchina intriganti perchè non volevo che distogliessero l'attenzione dalla storia.
Faccio un esempio dall'episodio La caccia, quello in cui veniamo a sapere che Locke era su una sedia a rotelle: volevo che il mondo che Locke si è lasciato alle spalle, la California del sud in cui viveva ed il lavoro nella fabbrica di scatole, apparisse completamente beige e feci in modo di girare ogni scena con inquadrature ampie e fisse per farlo apparire assolutamente noioso. Al contrario sull'isola ci sarebbero stati movimento, frenesia e vitalità, con movimenti di macchina più evidenti. In più evitammo l'uso di azzurro e verde nel flashback, perchè sono i colori primari dell'isola, quelli del mare e della vegetazione, così per esempio non volli piante nell'ufficio, le feci portare tutte via. Questi accorgimenti sono diventati un linguaggio visivo della serie ed è tutto iniziato fin da quel primissimo episodio su Locke.

All'inizio i personaggi arrivano sull'isola e sono tutti persi, Lost appunto, ma poco a poco alcuni ritrovano sè stessi. Quando tornano nel nostro mondo, però, è come se fossero smarriti di nuovo. Da dove viene questa idea?

Jack Bender: Penso che una delle premesse dello show sia proprio che questi personaggi si perdono nel pilot, ma lo erano ancora di più nelle loro vite precedenti, e ritroveranno aspetti di sè stesso durante la loro permanenza sull'isola. In modo non dissimile, tutti noi che abbiamo lavorato allo show, dai produttori ai tecnici e gli attori, ci siamo smarriti più di una volta nel corso di questo viaggio di cinque anni per realizzare la serie. Per questo penso che sia un processo sempre attivo nella vita, quello di smarrirsi e ritrovarsi, succede ogni giorno a chiunque.
Penso che la serie, come ogni buon dramma che è ricco di sfumature e temi, sia come la vita, quindi caotica, e che perdersi e ritrovarsi sia una sorta di continuum.

Pensa che sia stato questo il segreto del successo di Lost, il fatto che ognuno potesse identificarsi con i personaggi anche se vivevano situazioni assurde?

Jack Bender: Non si può mai dire perchè qualcosa colpisce il pubblico. Un elemento fondamentale è il tempismo: l'opera giusta, con gli ingredienti giusti, sul mezzo di comunicazione giusto, al momento giusto. E di solito è qualcosa che non è stata già raccontata allo stesso modo. E penso che Lost abbia catturato l'interesse del mondo soprattutto per l'assortimento dei personaggi; ricordo qualcuno che diceva che lui, sessantenne, guardava la serie con la figlia ventenne e penso che all'inizio con la coppia Walt e Michael potesse essere un'esperienza familiare. In più penso che la serie parli al pubblico in modo da saper intrattenere molto bene, con una bella ambientazione e un bel gruppo di personaggi. Chiunque di noi ovviamente non vorrebbe precipitare su un'isola deserta, ma magari guardando la serie molti avranno pensato "però se dovessi avere un incidente aereo e dovessi essere bloccato su un'isola, mi piacerebbe stare in compagnia di gente del genere".
Come dicevo penso che le ragioni del successo siano tanti e sicuramente contribuisce anche l'essersi trovati in una America post 11 Settembre, perchè ha parlato di qualcosa che voi in Europa conoscete bene, ma che per gli Americani rappresentava una novità: in qualche modo dobbiamo imparare a vivere tutti insieme, a convivere, vivere insieme o moriremo soli. La sopravvivenza è un tema importante sul pianeta e dobbiamo lavorare tutti insieme in qualche modo per poter andare avanti con dignità ed accettazione l'uno dell'altro. E penso che Lost parli anche di questo, che è un argomento chiave nel mondo di oggi.