Locarno 2006: la rivincita degli elvetici

Si è chiusa la 59° edizione del Festival di Locarno, con un esito abbastanza prevedibile per quanto riguarda le scelte della giuria.

La 59° edizione del Festival di Locarno chiude i battenti al ritmo irresistibile dell'Orchestra di Piazza Vittorio dopo l'annuncio del Palmares che ben poco ha sorpreso pubblico e addetti ai lavori. Previsioni rispettate per quanto riguarda i vincitori del Pardo d'oro e del premio alla miglior regia: da giorni si facevano i nomi di Das Fräulein e Le dernier des fous come possibili pretendenti alla vittoria e in un concorso sostanzialmente livellato su uno standard medio-basso hanno avuto maggior risalto le pellicole più coinvolgenti sul piano emotivo. Il Pardo di quest'anno è un auspicio per il futuro, va infatti alla giovane esordiente Andrea Staka, lucernese di nascita, ma di origine slava. La grande soddisfazione di premiare un film svizzero ha fatto passare in secondo piano le polemiche che si erano concentrate su Das Fräulein legate al possibile conflitto d'interessi con la giuria ufficiale visto che uno dei membri, la sceneggiatrice Barbara Albert, era accreditata come coautrice del film. Piccolo scandalo sui giornali svizzeri con il direttore Frédéric Maire che si è dichiarato completamente all'oscuro della vicenda, ma dopo le dimissioni della Albert dalla giuria, la storia sembra non aver avuto seguito e la commovente vicenda di tre donne slave che provano a ricostruirsi una nuova esistenza in Svizzera è stato preferito alla messa in scena del drammatico microcosmo familiare di Les dernier des fous, premio alla miglior regia per il francese Laurent Achard.

Meritatissimo anche il premio speciale della giuria che è andato all'indipendente made in USA Half Nelson di Ryan Fleck, altro esordiente meritevole insieme al protagonista del film, uno straordinario Ryan Gosling che non avrebbe sfigurato con in mano un pardo per la miglior interpretazione maschile, premio andato poi al tedesco Burghart Klaussner. Miglior attrice la giovane promessa Amber Tamblyn, scelta che non tutti i critici hanno condiviso, ma che ha comunque trovato largo consenso tra il pubblico di Piazza Grande. Alla fastosa apertura con Miami Vice è seguito un festival abbastanza contenuto nei toni, dove la mancanza di denaro si è fatta sentire nella sostanziosa riduzione del numero delle pellicole (e questo, in realtà, è stato un bene) e nell'assenza di grandi nomi internazionali, vista l'improvvisa defaillance di Gus Van Sant e dell'intero cast, registi compresi, di Stephanie Daley e Half Nelson. Promosso a pieni voti il nuovo direttore Frédéric Maire, che non ha fatto rimpiangere l'assenza di Irene Bignardi, ma che si è dimostrato sempre presente nei continui contatti con il pubblico e con gli autori, introducendo personalmente la maggior parte delle pellicole in concorso fino al lieve malore che, sfortunatamente, lo ha fatto sparire anzitempo dalla kermesse.

Ma la più grande vittoria di Maire, in termini qualitativi, è senza dubbio la retrospettiva dedicata ad Aki Kaurismäki che ha permesso di approfondire la conoscenza di questo straordinario cineasta e sorprendente cinefilo assolutamente sopra le righe, noto soprattutto per lo scarso amore per la parola e la passione per l'alcool, che qui a Locarno ha svolto il ruolo di mattatore, offrendo oltre a una densa retrospettiva, un assaggio dei suoi film del cuore, grandi capolavori del passato e del presente o pellicole rare, difficili da vedere in contesti ordinari, che il pubblico ha dimostrato di apprezzare moltissimo affollando ogni giorno la sala dedicata alla Carte Blanche. Plauso anche alla scelta di attribuire il Pardo d'onore al cineasta russo Aleksandr Sokurov, che ha presentato in anteprima il suo nuovo lavoro, un documentario dedicato a Rostropovich che ha nobilitato la manifestazione. Bilancio tutto sommato positivo, con buone speranze per l'anno prossimo vista la riconferma di Maire come direttore e mentre il Festival di Locarno si avvicina al suo sessantesimo anniversario, la parola d'ordine di quest'anno diviene la ricerca di fondi e l'adeguamento delle strutture per quello che rimane il più piccolo tra i grandi festival, ma che rappresenta un'isola felice per il cinema indipendente e per gli esordienti europei.