Joni Mitchell: i migliori album della cantautrice di Blue

Joni Mitchell compie 80 anni: dagli esordi in chiave folk alle commistioni con il jazz, ripercorriamo i capolavori della leggendaria cantautrice attraverso i suoi migliori album.

Joni Mitchell: i migliori album della cantautrice di Blue

I've looked at life from both sides, now/ From win and lose and still somehow/ It's life's illusions I recall/ I really don't know life at all

In una scena del film Steve Jobs di Danny Boyle, la figlia del protagonista, una bambina di nove anni di nome Lisa, racconta a suo padre di ascoltare dal suo walkman due versioni differenti della stessa canzone. "La prima versione è una cosa che si può chiamare da ragazzine", spiega la bambina; e quando suo padre, subito prima di mandarla via, la interroga a proposito della seconda versione, la risposta di Lisa è: "Piena di rimpianto. Come voler tornare indietro e fare le cose diversamente". La canzone al centro del loro dialogo è Both Sides, Now, uno dei brani storici di Joni Mitchell, portato in classifica per la prima volta nel 1968 da Judy Collins, inciso da Joni un anno più tardi per il suo album Clouds e registrato nuovamente dalla stessa autrice nel 2000, all'interno di un disco omonimo: una versione inalterata nei versi, in cui l'osservazione delle nuvole si fa metafora della conoscenza dell'amore e della vita, ma in cui la voce della Mitchell si caricava di malinconia e, per l'appunto, di rimpianto.

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Un ritratto di Joni Mitchell

È questa nuova versione ad accompagnare una toccante scena di Love Actually, quando il personaggio di Emma Thompson è costretto a mettere in discussione il proprio matrimonio, ed è lo scambio di battute sulla canzone a sottolineare la distanza tra Steve Jobs e sua figlia: il rimpianto per un affetto inespresso, ma anche la speranza che fra i due possa nascere un'inaspettata connessione. Nel 2021, la stessa Both Sides, Now assumeva un ruolo fondamentale all'interno del film premio Oscar CODA - I segni del cuore: l'esibizione della protagonista sulle note di Joni Mitchell non segna soltanto la climax della pellicola, ma funge da strumento di connessione fra la ragazza e i suoi familiari sordomuti, dando vita a un momento di profonda tensione emotiva. Un esempio di come la grande musica sia in grado di trascendere la propria epoca, riuscendo a riflettersi in altre forme d'arte e a parlare a ogni generazione: un piccolo miracolo di cui Joni Mitchell, al secolo Roberta Joan Anderson, si è dimostrata capace in più occasioni, nei suoi ottant'anni di vita e in quasi sei decenni di carriera.

Blue songs are like tattoos: la musica senza tempo di Joni Mitchell

Joni
Un'esibizione dal vivo di Joni Mitchell

Nata nel piccolo paese di Fort Macleod, nel sud-ovest del Canada, il 7 novembre 1943, e trasferitasi negli Stati Uniti a ventun anni insieme al primo marito, Chuck Mitchell, verso la fine degli anni Sessanta Joni sarebbe diventata una delle figure-simbolo del nuovo movimento cantautorale, da lei declinato in una chiave decisamente intimista. Dalle suggestioni folk dei suoi primi dischi, Song to a Seagull del 1968 e Clouds del 1969, passando per uno stile via via più originale e sofisticato, fino ad approdare alle sonorità jazz di album quali Don Juan's Reckless Daughter e Mingus, Joni Mitchell è stata una delle massime innovatrici della musica del ventesimo secolo, nonché un'interprete dalla sensibilità cristallina; un'artista che ha usato la melodia e i versi per dar voce al proprio universo interiore, fra esperienze autobiografiche e storie in cui ha saputo immedesimarsi con lucida acutezza e una formidabile attenzione per i dettagli.

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Un'immagine di Joni Mitchell
Joni Mitchell
Un ritratto di Joni Mitchell

Scampata nel 2015 a un aneurisma cerebrale, da cui si è ripresa con l'ennesima prova di una forza fuori dal comune, da allora Joni Mitchell si è guadagnata una meritata rivincita, anche sul piano professionale: l'inclusione di quattro suoi album nella classifica del 2020 di Rolling Stone dei cinquecento migliori dischi della storia, con Blue incoronato al terzo posto, e un anno più tardi di quattro sue canzoni (A Case of You, Both Sides, Now, River ed Help Me) nell'analoga lista dei migliori brani di sempre; la pubblicazione, tuttora in corso, della sua discografia in edizione rimasterizzata, nonché di una sterminata quantità di materiali inediti raccolti nella serie Joni Mitchell Archives, ricompensata nel 2022 con il Grammy Award; e il 24 luglio 2022, il ritorno a sorpresa sul palcoscenico del Newport Folk Festival, a cui ha fatto seguito il 20 giugno scorso un intero concerto al Gorge Amphitheatre, nello Stato di Washington. Gli ottant'anni di Joni Mitchell ci offrono dunque l'opportunità di unirci alle celebrazioni per questa cantautrice straordinaria, proponendovi una rassegna in ordine cronologico di cinque album imperdibili del suo meraviglioso repertorio.

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Ladies of the Canyon (1970)

Ladies Of The Canyon
Ladies of the Canyon di Joni Mitchell

Il brano più popolare di Joni Mitchell rimane probabilmente Big Yellow Taxi, trascinante inno ecologista dall'indimenticabile ritornello ("They paved paradise, put up a parking lot"), che nel 1970 viene incluso nel terzo album della cantautrice canadese, Ladies of the Canyon, il cui titolo rende omaggio a Laurel Canyon, la maggiore comunità musicale della West Coast. In un disco che riprende lo stile folk rock degli esordi, ma con strutture melodiche più raffinate e complesse, Joni mescola introspezione e ironia, confessioni private (la precarietà dei rapporti sentimentali, oggetto di pezzi quali Conversation e Rainy Night House) e riflessioni esistenziali, come accade nella dolcissima The Circle Game, già adoperata per la colonna sonora del film Fragole e sangue e qui posta a conclusione dell'album. Senza dimenticare un altro classico del suo repertorio, Woodstock, incisa quello stesso anno dai suoi sodali Crosby, Stills, Nash & Young: una rievocazione del mitico festival del 1969 che si tramuta in un'utopia pacifista ("And I dreamed I saw the bombers/ Riding shotgun in the sky/ And they were turning into butterflies/ Above our nation").

Blue (1971)

Blue
Blue di Joni Mitchell

Il 1971 è l'anno del capolavoro per antonomasia di Joni Mitchell, nonché di uno degli album più acclamati e influenti mai realizzati. Apice di quel cantautorato 'confessionale' che in Joni avrebbe trovato la sua massima esponente, Blue può essere considerato una sorta di diario in musica in cui la Mitchell, con sincerità disarmante, esplora i temi ricorrenti della propria poetica: dal viaggio, fra l'ebbrezza delle nuove esperienze (All I Want, Carey) e la nostalgia per i luoghi più cari (California), alla solitudine, elemento centrale di uno dei suoi titoli più famosi, River, ideale controcanto al calore natalizio ("I wish I had a river so long/ I would teach my feet to fly/ I wish I had a river I could skate away on"), e di The Last Time I Saw Richard ("All good dreamers pass this way some day/ Hidin' behind bottles in dark cafes, dark cafes"). Ma fra le punte di diamante del disco si annoverano anche la tenera malinconia di Little Green, il delicato struggimento di Blue e il romanticismo dai toni impressionisti di A Case of You ("Oh, you're in my blood like holy wine/ You taste so bitter and so sweet"), una fra le più belle canzoni d'amore mai composte.

Court and Spark (1974)

Court And Spark
Court and Spark di Joni Mitchell

Dopo un magnifico disco di passaggio quale For the Roses, nel 1974 Joni Mitchell mette a segno un altro strepitoso successo di critica e di pubblico con Court and Spark, un album in cui il suo stile folk rock si contamina di elementi tipici del jazz, pure grazie all'apporto di una nuova squadra di musicisti. L'attrazione e le relazioni sentimentali sono il leitmotiv che dal brano del titolo, posto in apertura, attraversa l'intera opera, costantemente in bilico fra sincerità e ironia: dall'eccitazione del colpo di fulmine dipinta nella splendida Help Me ("Help me, I think I'm falling in love again/ When I get that crazy feeling I know I'm in trouble again") al senso di insicurezza che trapela da People's Parties, Same Situation e Car on a Hill, passando per l'anelito di libertà di Free Man in Paris. In Just Like This Train, il ritratto di una stazione ferroviaria diventa lo scenario di una lucida autoanalisi ("I used to count lovers like railroad cars/ I counted them on my side/ Lately I don't count on nothing/ I just let things slide"), ma in Court and Spark Joni si concede anche dei puri, fascinosissimi divertissement, come Raised on Robbery o, in chiusura, una deliziosa cover di Twisted.

The Hissing of Summer Lawns (1975)

The Hissing Of Summer Lawns
The Hissing of Summer Lawns di Joni Mitchell

Se già in Court and Spark Joni Mitchell flirtava con il jazz, nel 1975 il successivo The Hissing of Summer Lawns si dimostra un album ancora più sperimentale e variegato: dall'incursione nella world music di The Jungle Line al jazz pop d'avanguardia di brani come Harry's House/Centerpiece e Shadows and Light. Accanto alle confessioni individuali dei dischi precedenti, qui trova spazio una pluralità di racconti e di punti di vista, secondo un approccio narrativo che, dall'euforia della vita notturna di In France They Kiss on Main Street ("Downtown the dance halls and cafes/ Feel so wild you could break somebody's heart/ Just doing the latest dance craze"), si sposta a personaggi femminili desiderosi d'indipendenza (Don't Interrupt the Sorrow) o ingabbiati in una quieta disperazione: è il caso di Edith and the Kingpin, Shades of Scarlett Conquering o del pezzo che dà il titolo all'album, in cui la protagonista ascolta "il sibilo dei prati estivi" dalla sua prigione suburbana ("She could see the valley barbecues from her window sill/ See the blue pools in the squinting sun/ Hear the hissing of summer lawns").

Hejira (1976)

Hejira
Hejira di Joni Mitchell

Una serie di viaggi da un lato all'altro dell'America, inclusa la partecipazione di Joni Mitchell ad alcune tappe del tour di Bob Dylan, sarebbe stata la fonte d'ispirazione, nel 1976, per Hejira: il diario di un percorso che, dalla vita on the road, si riflette sull'itinerario interiore della cantautrice. Il carattere contraddittorio e il labile equilibrio delle relazioni restano temi-cardine di canzoni quali Coyote (inclusa nel 1978 nel film-concerto L'ultimo valzer di Martin Scorsese), A Strange Boy e Blue Motel Room, ma nel corso dell'album lo sguardo di Joni si estende a un ampio ventaglio di sensazioni e stati d'animo: l'ambivalenza della solitudine descritta in Hejira ("There's comfort in melancholy/ When there's no need to explain") e l'inquieta frenesia di Black Crow e Refuge of the Roads, in cui la sua voce è accompagnata dal basso di Jaco Pastorius. Ma nei due capolavori del disco, la prospettiva di Joni si sovrappone a quella di altri personaggi: in Amelia raggiunge una potenziale identificazione con l'aviatrice Amelia Earhart ("A ghost of aviation, she was swallowed by the sky/ Or by the sea, like me she had a dream to fly"), mentre nella fluviale Song for Sharon il confronto con un'amica d'infanzia è l'occasione per esaminare le proprie scelte di vita e l'essenza di una felicità evanescente ("It seems we all live so close to that line/ And so far from satisfaction"), oggetto di una ricerca senza fine.