Homeland: premiere stagione 3

La serie cult della rete Showtime, reduce dall'enorme successo di critica e di pubblico delle prime due stagioni (cinque Golden Globe e otto Emmy Award), riparte dopo un clamoroso cliffhanger, con la CIA impegnata a risollevarsi dalle macerie dell'attentato di Langley nel disperato tentativo di riacquistare credibilità, ed una Carrie Mathison sempre più fragile ed emarginata.

Il plot
58 giorni dopo il tragico attacco terroristico che ha devastato il quartier generale della CIA, uccidendo 219 persone, l'ex-deputato Nicholas Brody (Damian Lewis) è ancora l'uomo più ricercato del pianeta, mentre l'agente operativo Carrie Mathison (Claire Danes) è chiamata a testimoniare di fronte ad una Commissione Speciale del Senato per chiarire gli aspetti più oscuri della vicenda. Il sospetto che all'interno della CIA possa nascondersi una talpa si tramuta in una strisciante certezza nel momento in cui nelle mani del Presidente della Commissione, il Senatore Andrew Lockhart (Tracy Letts), si materializza all'improvviso un memo sulla collaborazione segreta fra la CIA e Brody. Mentre Carrie si sente irrimediabilmente isolata e vulnerabile, il suo mentore Saul Berenson (Mandy Patinkin), ora a capo della CIA, ha il gravoso compito di ricostruire il più in fretta possibile la credibilità dell'Agenzia. Nel frattempo Jessica Brody (Morena Baccarin) cerca faticosamente di tenere unita la propria famiglia, nonostante le difficoltà finanziarie, le invasive attenzioni dei media e soprattutto i problemi della figlia Dana (Morgan Saylor), reduce da un tentato suicidio...

Cosa ci è piaciuto di questo episodio
Dopo aver portato a termine la storyline legata alla caccia al leader di Hamas Abu Nazir nel finale della seconda stagione, gli autori di Homeland, Howard Gordon e Alex Gansa, hanno optato per una vera e propria operazione di "reset": azzerare l'intero schema narrativo per impostare una storyline completamente nuova. Una scelta coraggiosa ma probabilmente necessaria per evitare un effetto di déjà vu e mantenere alta l'attenzione del pubblico: pertanto, a Tin Man is Down spetta il compito di cominciare a ridisporre le pedine sulla scacchiera, disegnando una situazione inedita in cui emerge fin da subito il senso di frustrazione ed il sinuoso malessere di Carrie, confinata nella delicata posizione di "capro espiatorio". Il sentimento di abbandono della protagonista, tradita anche dal suo mentore Saul e tormentata dai rimorsi per non essere riuscita a prevenire la strage di Langley ("Non mi perdonerò mai" ammette la donna al principio della sua deposizione), contribuisce a rinsaldare immediatamente l'empatia fra Carrie e lo spettatore: un'empatia legata in grande misura all'interpretazione nervosa ma mai troppo sopra le righe di un'eccellente Claire Danes, che grazie a questo ruolo ha già ottenuto due Golden Globe e due premi Emmy, regalandoci uno dei personaggi più memorabili della televisione odierna.

Note a margine
Se la conclusione della stagione 2 aveva avuto un effetto dirompente sul microcosmo narrativo di Homeland, Tin Man is Down risponde ad una duplice esigenza: raccogliere i "frantumi" lasciati dalla stagione precedente, mostrando ad esempio le dolorose conseguenze sulla famiglia Brody (anche ricorrendo a piccole notazioni psicologiche); e far partire una nuova storyline in cui vi è da stabilire innanzitutto un villain, identificato nella figura di Majid Javadi, un misterioso terrorista iraniano noto come "il Mago" e scomparso nel nulla quasi vent'anni prima. Da questo punto di vista, gli autori mostrano di non sottovalutare l'elemento della suspense, ben amministrata nel corso dell'azione notturna durante la quale la CIA proverà ad eliminare contemporaneamente sei obiettivi distribuiti agli estremi opposti del mondo ed ironicamente soprannominati come i personaggi de Il mago di Oz (da qui il titolo dell'episodio, "L'uomo di latta è stato abbattuto"). In questa sequenza rientra in gioco anche Peter Quinn (Rupert Friend), impegnato in una delicatissima missione a Caracas durante la quale riaffiorerà quel "lato oscuro" insito perfino in chi ritiene di agire in nome della giustizia (il tema delle cosiddette "vittime collaterali", fondamentale già dalla prima stagione).

What's next?
Il grande punto interrogativo di questa terza stagione di Homeland rimane insoluto: nel primo episodio, infatti, non solo non vi è alcun accenno diretto alla sorte di Brody, ma il co-protagonista della serie resta totalmente invisibile, come un sinistro fantasma la cui presenza aleggia però su tutti gli altri personaggi, sebbene in prospettive differenti: per alcuni è un nemico da stanare ad ogni costo, per altri l'emblema di un "lutto" a dir poco arduo da superare. Alle prossime puntate è affidato il compito di determinare il percorso dei vari comprimari nell'arco della nuova stagione: un compito tutt'altro che semplice, dal momento che ci troviamo al cospetto di una Carrie messa all'angolo, annichilita ancor prima di poter "tornare in campo", mentre per Brody si profila - presumibilmente - un ruolo da "fuggitivo" impegnato a dimostrare la propria innocenza. La formula vicente di Homeland, basata su una solidissima scrittura, sui costanti livelli di tensione e sulla capacità di penetrare a fondo nella psicologia dei protagonisti, sembra comunque inalterata, e lascia molto ben sperare per gli episodi a venire.

Movieplayer.it

4.0/5