Hildegard secondo Von Trotta: una femminista del Medioevo

La regista tedesca rivela ai giornalisti tutta la sua passione per il personaggio di Hildegard von Bingen, rivoluzionaria figura religiosa al centro del film "Vision".

Nonostante sia vissuta nel XII secolo, Hildegard von Bingen è un personaggio che mantiene forti legami con la società di oggi: religiosa benedettina, scienziata e letterata, la sua esistenza è stata segnata da visioni mistiche rivelatrici. Ma soprattutto, è stata una delle donne più influenti della sua epoca, tanto da intrattenere rapporti con i grandi potenti del periodo, tra cui il Papa e l'imperatore Federico Barbarossa. Proprio questo aspetto - che ne fa un vero e proprio simbolo d'emancipazione - non poteva che affascinare una regista da sempre sensibile alle questioni femministe come Margarethe Von Trotta, che in Vision ne fa un ritratto appassionato. Durante un incontro con la stampa, la regista tedesca approfondisce alcuni aspetti della figura di Hildegard e rivela i motivi che la hanno spinta a dedicarle un film.

Pur essendo una donna del Medioevo, Hildegard von Bingen è un personaggio che ha ancora molto da dire oggi. Cosa l'affascina di questa figura così particolare, decisamente rivoluzionaria per l'epoca?

Margarethe Von Trotta: Non penso che si sarebbe mai definita una rivoluzionaria. La sua vita è stata segnata dal fatto di essere vittima di visioni sin dall'età di tre anni. Da come questo fenomeno viene descritto nelle sue lettere, è come se di colpo perdesse conoscenza per entrare in un altro mondo. Il neurologo americano Oliver Sacks, nella sua celebre opera "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello" dedica un intero capitolo al suo caso, spiegando le visioni come l'effetto di una malattia neurologica, connessa anche ad attacchi di emicrania. Probabilmente, essendo una donna medioevale, Hildegard attingeva all'iconografia biblica e religiosa per dar vita alle sue visioni. Ma era anche una grande scrittrice, una donna dotata di enorme talento creativo.

Com'è nato in lei l'interesse di ritrarre questo personaggio, apparentemente così distante dalla nostra cultura?

Margarethe Von Trotta: Avevo già maturato l'idea nei primi anni Ottanta, perché le femministe del tempo, alla ricerca di modelli di riferimento tra le donne del passato, nutrivano un grande interesse per questa insolita figura. Avevo anche già scritto la prima sequenza del film, ambientata alla fine dell'anno mille, ma poi ho abbandonato il progetto perché troppo costoso. L'idea, però, è sempre rimasta dentro di me, e alla fine è sbocciata, proprio come l'amore nei riguardi di una persona che rivedi dopo tanto tempo.

In un'epoca in cui le donne erano completamente estromesse dal potere politico, Hildegard von Bingen è riuscita ad avere i contatti con i più grandi potenti della Terra, eppure in un dialogo con Federico Barbarossa si definisce una donna "debole".

Margarethe Von Trotta: Penso che fosse un'abile diplomatica. Durante la sua vita ebbe rapporti con gli uomini più influenti dell'epoca, come Federico Barbarossa, il Papa e Bernardo di Chiaravalle, che in quel periodo era una personalità persino più rilevante del Papa. Ma per farlo dovette essere sempre molto modesta, accostarsi a questi uomini con umiltà. In quel momento storico per una donna era necessario dapprima doversi sottomettere per poter poi riuscire a conquistarsi uno spazio di autonomia e di potere.

Per quale motivo nel film non sono mai mostrate le visioni di Hildegard?

Margarethe Von Trotta: Ho pensato più volte di mettere in scena il contenuto della visioni ma, essendo talmente radicate nell'immaginario medioevale, è estremamente difficile adattarle al linguaggio di oggi. Esistono vari dipinti realizzati all'epoca in cui Hildegard von Bingen scrisse l'opera, ma penso che riproporre quelle stesse immagini non avrebbe avuto senso. Avevo paura di scadere nel kitsch realizzando sequenze con effetti speciali come nei moderni film commerciali. Avrei avuto bisogno di un grande artista visuale per un'impresa talmente difficile, e a un certo punto si è offerto anche il marito di Barbara Sukowa, che è dotato di grande talento. Ma alla fine ho preferito affidarmi esclusivamente ai dialoghi per descrivere le visioni, tranne che per la prima, che rappresenta per Hildegard un'iniziazione alla vita mistica.

In Germania e nei paesi d'area anglosassone il film è stato criticato per aver descritto la vita di Hildegard von Bingen in una chiave eccessivamente pop, strizzando l'occhio anche allo sciamanesimo e alla riscoperta della medicina tradizionale.

Margarethe Von Trotta: Quando si realizza un film su un personaggio del passato il regista lo filtra necessariamente attraverso la cultura e la società di oggi. Ho cercato di individuare quali potessero essere gli aspetti più attuali della figura di Hildegard. Tra questi senza dubbio il suo interesse per la medicina alternativa e la necessità di entrare in armonia con le forze della natura. A Federico Barbarossa suggerisce di non farsi prendere dall'avidità e dall'ingordigia del potere: un messaggio che credo sia oggi più che mai attuale.

Ho particolarmente apprezzato le figure secondarie del film: Jutta, la fedele compagna in convento di Hildegard, e la sua discepola Richardis. Si tratta di personaggi realmente esistiti?

Margarethe Von Trotta: Ho un'amica medievalista che ha studiato approfonditamente la vita di Hildegard von Bingen. Secondo lei c'era un'altra bambina, col nome di Jutta, assieme alla quale Hildegard ha seguito il noviziato. Invece Richardis è sicuramente esistita, dal momento che vi sono numerosi carteggi epistolari che documentano il rapporto fortissimo instauratosi tra le due donne, fin quasi a portare Hildegard alla follia.

Come considera il tipo di relazione tra Hildegard e Richardis? Si cela anche un lato morboso dietro questo legame?

Margarethe Von Trotta: No, non credo che questa relazione abbia alcun retroscena morboso. Penso che si tratti di un legame molto più forte, dal momento che Hildegard in una sua lettera scrive a proposito di Richardis: "Io sono sua madre, ma anche sua figlia". Penso che il suo affetto sia il surrogato di un desiderio di maternità. Ho cercato in tutti i modi di evitare di scadere nel melodramma e nella storia sentimentale dai sottotesti omoerotici, anche se probabilmente sarebbe stata una soluzione più commerciale.

Vision ha già un distributore italiano?

Margarethe Von Trotta: Per il momento no, è la prima volta che il film viene mostrato in Italia.

Ci può anticipare qualcosa del nuovo progetto voluto da Claudia Mori, che la coinvolgerà assieme ad altri registi per realizzare una serie di film contro la violenza sulle donne?

Margarethe Von Trotta: Si tratta di una serie di sei film - due affidati a Liliana Cavani, due a Marco Pontecorvo, e due a me - incentrati sugli abusi nei confronti delle donne. Io mi occuperò in particolare della violenza psicologica, che ritengo più subdola e sottile di quella fisica.