Giuseppe Tornatore: 'Una pura formalità il mio film più autobiografico'

Il nostro incontro col regista premio Oscar, approdato a Fiesole per ritirare il Premio Fiesole ai maestri del Cinema.

Un rapporto tormentato quello tra Giuseppe Tornatore e la critica. Uno dei pochi registi ancora capaci di esportare l'immagine del cinema italiano contemporaneo nel mondo non si è mai sentito amato dagli addetti ai lavori. Storia vecchia nata con l'uscita della prima versione di Nuovo cinema Paradiso, stroncata pesantemente prima dei tagli voluti dal produttore Franco Cristaldi, che hanno ridotto il film da 173 a 123 minuti, e prima dell'Oscar che ha eternato il suo appassionato omaggio alla Sicilia e al cinema nella storia della settima arte. Forse è per questo che Tornatore, giunto sulle colline fiorentine per ritirare il Premio Fiesole ai Maestri del Cinema, è sembrato un po' emozionato.

Il regista, approdato in Toscana dopo un viaggio rocambolesco che lo ha strappato alla Scozia, dove sta preparando il suo nuovo film che girerà a settembre, ha confessato: "Questa è la prima volta che vengo premiato dai critici. Il mio rapporto con la critica é elettrico e a me va bene cosí. Capisco che il vostro mestiere oggi è diventato difficilissimo. Prima avevate lo spazio per dimostrare le vostre tesi; oggi lo spazio dedicato alla cultura sui quotidiani è ridottissimo e in poche righe, se non addirittura solo con le palline, dovete esprimere il vostro parere. Devo confessare che all'inizo mi avete fatto soffrire, non ero attrezzato ad accettare giudizi così negativi. Quando, dopo l'Oscar, la critica straniera mi ha chiesto conferma della ricezione negativa che Nuovo Cinema Paradiso aveva avuto in Italia, io ho detto la verità e molti critici italiani si sono offesi, mi hanno accusato di essere uno spione. Oggi sono più esperto e credo di avere trovato la prospettiva giusta".

Il regista come artista totale

Giuseppe Tornatore a Fiesole durante la cerimonia di consegna del Premio Fiesole ai maestri del cinema
Giuseppe Tornatore a Fiesole durante la cerimonia di consegna del Premio Fiesole ai maestri del cinema

Rossellini sosteneva che il regista è chiamato a saper fare un po' di tutto. Ne sa qualcosa anche Tornatore che condivide questa linea di pensiero tanto da alimentare, per bocca di coloro che hanno trascorso del tempo sui suoi set, la propria fama di regista pignolo e perfezionista. Si racconta addirittura che, durante la lavorazione di Baarìa, il set sia rimasto bloccato per giorni in attesa che dalla Sicilia arrivassero in Tunisia le salsicce per una scena ambientata in un mercato. La ragione? Le salsicce tunisine, fatte di sola carne bianca, risultavano troppo esangui all'occhio della macchina da presa.
Ridendo, Tornatore corregge il tiro: "Siamo dalle parti della leggenda. In realtà ci siamo fermati solo un giorno per far arrivare le salsicce dalla Sicilia, ma d'altrone il venditore era inquadrato in primo piano e non potevamo fare una figuraccia. Negli anni mi sono fatto la fama del perfezionista, ma un film deve ricostruire qualcosa di vero o verosimile. E' meglio cercare di essere il piú preciso possibile altrimenti rischi di diventare il bersaglio delle critiche. Io ci provo a saper fare tutto, a seguire ogni aspetto; so stare dietro la macchina da presa, seguo le musiche, i costumi e curo il doppiaggio dei miei film. Questa mia caratteristica deriva dal mio passato di documentarista dove mi occupavo di tutto. Non ho mai dimenticato questo approccio. Un regista è chiamato a prestare attenzione a tutti i vari aspetti della lavorazione di un film. Deve intendersi di scenografia, costumi, colori. Intendersi di tutto ti permette di evitare il naufragio".
Riflettendo sulla diffusione del digitale, Tornatore, responsabile di aver confezionato un'elegia struggente del cinema di un tempo, non sembra troppo turbato dal cambiamento in corso: "Anche i PC si logorano. Alla fine diventa tutto artigianale, anche se questo mondo ci costringe a fare i conti con un linguaggio diverso. L'importante è saper padroneggiare la tecnica, ma alla fine il film si fa sempre nello stesso modo".

L'arte del sogno

Il regista Giuseppe Tornatore insieme a Jim Sturgess sul set del film La migliore offerta
Il regista Giuseppe Tornatore insieme a Jim Sturgess sul set del film La migliore offerta

A fianco del Tornatore artefice di affreschi corali, di ricostruzioni storiche di epoche passate, vi è un autore stimolato da fughe nel genere e in universi differenti dalla Sicilia matrigna che lo ha plasmato. Una pulsione che serpeggia nella sua opera e che, dietro la patina di realismo, apre squarci su altri mondi. "Mi piace che si sia colto anche il lato più allucinatorio della mia poetica. Forse il mio film più autobiografico non è Nuovo Cinema Paradiso, ma Una pura formalità dove l'allucinazione prevale sulla realtá. Anche nel mio film più realistico, Baaria, è in atto una sistematica contrazione del tempo. Un secolo dura quanto la corsa di un ragazzino per comprare le caramelle, dura un niente. Nuovo Cinema Paradiso si consuma nel corso di una notte insonne. Anche lì siamo nel regno del sogno".
Proprio pellicole come Nuovo Cinema Paradiso, Baaria e L'uomo delle stelle raffigurano il rapporto tormentato che Tornatore condivide da sempre con la propria terra d'origine. "Ho bisogno di stare lontano per amare la Sicilia. Mi manca, ma dopo tre giorni che sono lì me ne vado, perché non resisto. La mia sofferenza deriva dal ricordo del mio passato, dal fatto che sono stato costretto ad andarmene perché un tempo in Sicilia non si poteva fare cinema. Oggi é un po' diverso, ma ormai questa irrequietezza me la porto nel cuore". Irrequietezza che spinge Tornatore a rifugiarsi in mondi lontani, città del nord, capitali mitteleuropee e addirittura la Gran Bretagna.
Il suo prossimo film, di cui non vuole anticipare niente (a quanto il pare si dovrebbe intitolare The Correspondence), sarà ambientato a Edimburgo e nello Yorshire, con qualche puntata in Italia. Prima di lasciarci, il regista ci rivela un suo piccolo segreto. Malgrado la fama di autore colto e cinefilo, non riguarda mai i suoi lavori. "Quando finisco un film, e il film vive indipendentemente da me, amo non vederlo più. Magari vent'anni anni dopo mi imbatto nel film in TV e cambio subito canale. Non è che non mi piacciano i miei film, ma la memoria che conservo mi porta a non essere un normale spettatore. Quando guardo le scene si forma nella mia mente un bollettino di notizie tecniche. Penso a come quella scena sarebbe venuta meglio con una luce o con un attore diverso. Di recente ho rivisto Nuovo Cinema Paradiso in occasione del restauro e ho sperimentato un gap. Mentre riguardavo le scene la memoria mi illudeva che lo stessi ancora facendo, ma la presenza dell'ufficio stampa mi ha fatto capire che in realtà che erano passati 25 anni. Un ottimo motivo per non ripetere mai più questa esperienza".