Da Frances Ha a Barbie, o di come imparammo ad amare Greta Gerwig

Artefice del fenomeno Barbie, dai primi passi nel cinema mumblecore al sodalizio con Noah Baumbach, Greta Gerwig ha raccontato sogni e inquietudini della generazione dei Millennial.

Da Frances Ha a Barbie, o di come imparammo ad amare Greta Gerwig

Scrivo per capire qual è la storia. E penso che i personaggi finiscano per parlarti e dirti cosa vogliono fare e cosa è importante per loro. Perciò, in qualche modo, il tuo lavoro consiste nell'ascoltarli almeno quanto nello scrivere.

All'incirca un decennio fa, quando una fetta di pubblico (ancora molto ristretta) cominciava per la prima volta a prendere nota del suo talento, sarebbe stato pressoché impossibile pensare che, nel 2023, tutti avrebbero parlato di Greta Gerwig come della donna dei record. E di record, il suo Barbie (qui la nostra recensione) ne sta macinando a velocità supersonica: a partire dal debutto impressionante negli USA, con incassi di oltre centosessanta milioni di dollari, e cifre mostruose pure nel resto del mondo; una volta tanto Italia inclusa, dal momento che la scelta di distribuire il film in piena estate, in contemporanea con l'America, sta ripagando lautamente le aspettative (un milione di spettatori nei primi quattro giorni di programmazione: per i nostri standard, un vero miracolo). Ma non si tratta solo di numeri: il film con Margot Robbie e Ryan Gosling, al netto di qualche parere discordante, sia riscuotendo apprezzamenti entusiastici per come ha saputo coniugare l'apologo femminista alla commedia tout court.

Greta Gerwig
Una foto di Greta Gerwig

Un decennio fa, dicevamo, c'era già chi si rendeva conto delle singolari doti di Greta Gerwig come autrice, oltre che in qualità di attrice; eppure la direzione della sua carriera, la specificità delle scelte professionali e il richiamo a modelli tutt'altro che mainstream lasciavano presagire un percorso indirizzato a un numero piuttosto circoscritto di estimatori. Banalizzando il discorso: i film di/con Greta Gerwig consistevano principalmente in personaggi impegnati a parlare senza sosta dei propri sentimenti, spesso in una cornice da cinéma vérité. Insomma, non certo la formula più adatta per sbancare il box-office, perlomeno non nell'epoca in cui a dominare l'attenzione mediatica erano, perfino più di oggi, blockbuster, saghe e prodotti targati Disney. Allora cos'è accaduto nel frattempo? Cos'ha portato la gran dama del mumblecore a diventare la regista donna con il miglior esordio di sempre al botteghino, nonché a stabilire una sorta di brand personale in grado di attrarre in sala decine di milioni di spettatori?

I primi passi, dal mumblecore a Noah Baumbach (2006-2010)

Hannah Takes The Stairs
Hannah Takes the Stairs: Joe Swanberg e Greta Gerwig

Quando, nel 2006, debutta davanti alla macchina da presa, Greta Gerwig non ha ancora compiuto ventitré anni; dopo essersi diplomata nel 2002 in una scuola cattolica nella natia Sacramento, si è trasferita sulla sponda opposta dell'America, a New York, per frequentare il prestigioso Barnard College (proprio come la futura protagonista di Lady Bird). I suoi primissimi film, LOL del 2006 e Hannah Takes the Stairs del 2007, sono girati con budget irrisori dal venticinquenne Joe Swanberg e afferiscono a un neonato filone del cinema indipendente americano, il cosiddetto mumblecore: opere dal taglio naturalistico, spesso con battute semi-improvvisate, in cui l'azione narrativa è subordinata del tutto o quasi alla dimensione dialogica, secondo una tradizione che guarda a cineasti quali John Cassavetes, Jim Jarmusch, Richard Linklater e ovviamente al maestro francese Eric Rohmer.

Greenberg
Lo stravagante mondo di Greenberg: un'immagine di Greta Gerwig

L'analisi dei personaggi e dei loro rapporti (in primis quelli amorosi), nucleo fondante del mumblecore, è ciò che affascina maggiormente la Gerwig, che nel 2007 firma con Joe Swanberg la sceneggiatura di Hannah Takes the Stairs (disponibile su MUBI) e un anno più tardi debutta anche in veste di regista, al fianco di Swanberg, con Nights and Weekends, in cui i due cineasti si calano nei panni di due fidanzati che cercano di capire come far sopravvivere la loro relazione. In un circuito di autori indipendenti che si muovono tra il festival texano SXSV e il più rinomato Sundance, nello Utah, Greta recita in pellicole horror quali Baghead dei fratelli Duplass e The House of the Devil di Ti West, prima di approdare nel 2009 sul set della sua prima produzione di rilievo: la commedia Lo stravagante mondo di Greenberg, per la regia di Noah Baumbach.

Gerwig Baumbach
Una foto di Greta Gerwig e Noah Baumbach

Presentato in concorso al Festival di Berlino 2010, il film vede la Gerwig dividere la scena con Ben Stiller (lui è un quarantenne reduce da un esaurimento nervoso, lei l'assistente della ricca famiglia di suo fratello) e le permette di guadagnarsi i primi elogi della critica, inclusa una candidatura come miglior attrice agli Independent Spirit Award. Ma soprattutto, Lo stravagante mondo di Greenberg segna l'inizio di una proficua collaborazione fra la giovane attrice e Noah Baumbach, che dal 2011 sarà il suo compagno pure nella vita privata.

Greta Gerwig: i suoi migliori ruoli, da Frances Ha a Mistress America

The last cowboy, all romance and failure (2011-2016)

Gerwig 20Th Century Women
Le donne della mia vita: un'immagine di Greta Gerwig

Se il 2011 è l'anno dei primi ingaggi in film dei grandi studios (Amici, amanti e... e Arturo, remake del classico del 1981), in generale Greta Gerwig resta più interessata a lavorare per cineasti con una forte impronta autoriale: Whit Stillman (Damsels in Distress, 2011), Woody Allen (To Rome with Love, 2012), Mia Hansen-Løve (Eden, 2014), Barry Levinson (The Humbling, 2014, di cui è co-protagonista accanto a un mostro sacro del calibro di Al Pacino), Rebecca Miller (Il piano di Maggie, 2015, commedia romantica con Ethan Hawke e Julianne Moore), e poi ancora nel 2016 la commedia corale Wiener-Dog di Todd Solondz, Jackie di Pablo Larraín, con Natalie Portman, e Le donne della mia vita di Mike Mills, con Annette Bening. Ma questo è anche il periodo in cui Greta Gerwig lavora insieme a Noah Baumbach alla stesura dei copioni di due film importantissimi: nel 2012 Frances Ha (distribuito l'anno seguente negli USA) e nel 2015 Mistress America.

Francesha
Frances Ha: un'immagine di Greta Gerwig

Capitoli di un ideale dittico su ansie e aspirazioni della generazione dei Millennial alla soglia dei trent'anni, entrambi i film vedono la Gerwig autrice e protagonista nella cornice di New York, terra delle opportunità ma pure metropoli alienante in cui si può scivolare in un'ineluttabile solitudine. In Frances Ha, la Frances Halladay del titolo è un'aspirante ballerina originaria di Sacramento che sperimenta un senso di incompletezza, è in perenne movimento (da un quartiere all'altro di New York, dalla East Coast alla West Coast, addirittura con una trasferta a Parigi), si considera undateable ("infidanzabile") perché ha una concezione iper-idealizzata delle relazioni - così come dei rapporti umani - e si aggrappa a un'amicizia improvvisamente in bilico. Ricompensata con la nomination al Golden Globe, con Frances Ha Greta costruisce un ruolo di culto in un film che in pochi anni sarà sempre più conosciuto ed amato.

Mistress America
Mistress America: Greta Gerwig e Lola Kirke

Ancor più 'caotica' di Frances, e caratterizzata inoltre da una frenesia travolgente e da una buona dose di egocentrismo, è la Brooke Cardinas impersonata dalla Gerwig in Mistress America, commedia strepitosa per la sua capacità di amalgamare la comicità, con ritmi e battute degni della migliore screwball comedy, a una malinconica riflessione sullo smarrimento di una generazione: non a caso qui Greta dà volto a una trentenne disastrata quanto adorabile, definita come "l'ultimo cowboy, tutta passione e fallimento". Da Frances a Brooke, passando per l'eccentrica Violet Wister, primadonna del college nel delizioso Damsels in Distress di Whit Stillman, e per la fotografa Abbie Porter ne Le donne della mia vita di Mike Mills, i più bei ruoli di Greta Gerwig ci presentano ritratti di giovani donne caparbie a dispetto delle proprie fragilità, animate da uno spirito di libertà e di indipendenza eletto ad autentica filosofia di vita; quasi al punto da proporre un'ipotetica identificazione fra l'attrice e una determinata tipologia di personaggi.

Barbie: Greta Gerwig, la Mattel e una missione (quasi) impossibile

Dietro la cinepresa, imparando a volare (2017-2023)

Ladybird
Lady Bird: un'immagine di Saoirse Ronan

Le donne della mia vita, altro capolavoro da riscoprire, nonché l'interpretazione più complessa e toccante di Greta Gerwig, segna pure un temporaneo addio alla sua carriera d'attrice, interrotto da allora soltanto nel 2022, per una singola occasione: incarnare la moglie del protagonista Adam Driver in Rumore bianco, diretto dal suo partner Noah Baumbach dal romanzo di Don DeLillo. Al 2017 risale invece il ritorno della Gerwig dietro la cinepresa con la sua opera prima da regista 'solista': Lady Bird, un coming of age in cui la dimensione autobiografica, già presente nei film con Baumbach, diventa preponderante. Christine McPherson, inquieta adolescente di Sacramento che subisce il richiamo delle arti e della cultura, si fa chiamare Lady Bird e sogna di fuggire il prima possibile dall'alveo familiare, è affidata all'interpretazione di Saoirse Ronan, ma al successo del film contribuiscono il vitalismo della regia della Gerwig e una scrittura ironica, ma di cristallina lucidità.

Little Women
Piccole donne: Saoirse Ronan e Timothée Chalamet

Accolto con favore unanime fin dalla sua presentazione al Festival di Telluride, Lady Bird registra il maggior incasso di sempre per il distributore A24 (quasi cinquanta milioni di dollari solo in Nord America), fa incetta di premi della critica, vince il Golden Globe come miglior commedia e riceve cinque nomination agli Oscar, fra cui le candidature alla Gerwig per miglior regia e sceneggiatura. Un plebiscito a cui fa seguito l'assegnazione, da parte della Sony, di un progetto coltivato da Greta già negli anni precedenti: Piccole donne, nuova trasposizione del romanzo di Louisa May Alcott. Una trasposizione che la Gerwig libera da ogni rischio di accademismo di matrice letteraria, infondendo al contrario nel suo film un'energia, una modernità e un pathos tali da farne un adattamento tanto fedele quanto incredibilmente personale e appassionato. E stavolta i mezzi a disposizione sono di massimo livello, a partire dal cast: Saoirse Ronan è una splendida Jo March, ma al suo fianco si distinguono Florence Pugh, Timothée Chalamet, Laura Dern e perfino Meryl Streep.

Barbie Movie
Barbie: Ryan Gosling e Margot Robbie

Uscito nel Natale 2019, Piccole donne conferma insomma che il fenomeno Lady Bird non era stato un caso fortuito, riesce a galvanizzare gli spettatori (duecentoventi milioni d'incasso globale) e si aggiudica sei nomination agli Oscar, inclusa quella per la sceneggiatura. A fronte di un film dichiaratamente autobiografico e della riscrittura di uno dei libri-cardine nella formazione della Gerwig, un blockbuster quale Barbie, da lei sceneggiato insieme a Baumbach, può apparire senz'altro come un allontanamento dalla sua comfort zone; eppure, si tratta di un prodotto in cui la necessità di coinvolgere un pubblico ampio e variegato si concilia a meraviglia con alcuni tratti distintivi dell'autrice, tanto sul piano narrativo e tematico (la ricerca dell'identità e la lotta per l'autodeterminazione femminile) quanto su quello stilistico. Per la soddisfazione di chi, nell'ultimo decennio e a prescindere dal responso del box-office, non ha mai smesso di fare il tifo per lei e di voler bene alla sua idea di cinema.