Dallo Spider-Man di Cameron al Batman di Eastwood: i cinecomic che non abbiamo mai visto

Ambiziosi, folli, coraggiosi, disgraziati. I progetti cinematografici dedicati ai supereroi dei fumetti non sempre sono sinonimo di successo, perché molti non sono riusciti a vedere la luce. Ecco i fallimenti più celebri e curiosi legati agli universi Marvel e DC.

Captain America: Civil War - Robert Downey Jr. e Chris Evans in un momento del film
Captain America: Civil War - Robert Downey Jr. e Chris Evans in un momento del film

Viviamo in tempi di grandi abbuffate. Eroi, paladine, universi condivisi e fitte squadre di valenti combattenti affollano le nostre sale. Il cinecomic è ovunque, è attorno a noi, dentro qualche sala, pronto ad un'uscita in home video, certamente all'interno di una oculata programmazione che ne promette altri e altri ancora da qui al 2022 (almeno). Insomma, che apparteniate al partito degli entusiasti o dei nauseati, sappiate che vi aspetta ancora tanta gioia o parecchia dannazione. Sì, perché il cinecomic, anche quando delude, difficilmente sembra tradire la sua vocazione commerciale (qualcuno ha detto Suicide Squad?); merito anche di un genere che è molto più di un genere, ma con un contenitore dentro cui la spy story incontra l'azione e il racconto di formazione abbraccia persino atmosfere western (Logan - The Wolverine, sei tu?). Però, non è sempre andata così bene, perché sotto l'Eden dorato dei cinecomic odierni pullula un mondo di fallimenti, delusioni e scarti. E non parliamo di clamorosi flop e di delusioni cocenti. Non riporteremo a galla dolorosi ricordi di nome Daredevil e Catwoman. No, perché ci sono tantissimi film che non hanno mai visto la luce, naufragati nella loro ambizione o nella loro sfortuna.

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Alcuni di loro, forse, avrebbero cambiato il corso degli eventi e mostrato il cinecomic sotto una luce inedita, altri avrebbero anticipato i tempi, altri ancora è bene che abbiano conosciuto l'oblio. Dimenticate la gloria degli Avengers e la stima nei confronti del Batman di Christopher Nolan. Stiamo per tuffarci in un lungo baratro di speranze malriposte. Lungo la via incontreremo un vecchio Batman stanco, un Superman inquietante e uno Spider-Man insolito. Vi abbiamo avvisato.

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L'odissea di Silver Surfer

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Ci hanno provato ben tre volte e non sono mai riusciti ad essere all'altezza del proprio nome. Tutt'altro che memorabili, i tre lungometraggi dedicati a I Fantastici 4 hanno deluso sia nella prima che nella loro seconda declinazione. Eppure bisogna ammettere che nel secondo capitolo del franchisce, I fantastici Quattro e Silver Surfer, veniva presentato un personaggio intrigante nell'estetica come nel carattere. Ci riferiamo al surfista d'argento Norrin Radd il cui carisma e la sua cui presenza scenica crearono intriganti suggestioni cinematografiche. Siamo negli anni Ottanta e il Superman di Richard Donner ha appena dimostrato a tutti che il cinecomic può fare le cose sul serio e pensare in grande. Così nasce l'idea di un altro film dedicato ad un altro personaggio dalle capacità quasi divine come Silver Surfer. I riferimenti sono altissimi; si pensa ad 2001: Odissea nello spazio pieno di silenzi, contemplazione e sprazzi di musica rock guidati da chitarre elettriche. La colonna sonora viene proposta persino a Paul McCartney, ma il progetto cade in un vuoto cosmico. Peccato.

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Sei terminato, Spider-Man

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Non tutte le ragnatele sparate dall'Uomo Ragno centrano il bersaglio, e il fatto che quella di Tom Holland sia già la terza incarnazione di Peter Parker nell'arco di soli 15 anni dice molto sulla travagliata vicenda cinematografica del nostro Arrampicamuri di quartiere. Al di là del quarto capitolo della saga di Sam Raimi (previsto per il maggio 2011) che prevedeva la presenza di John Malkovich nei panni dell'Avvoltoio e di Anne Hathaway in quella di Gatta Nera (per lei verranno altri ruoli felini) e del progetto abortito dedicato ai Sinistri Sei (accennato da The Amazing Spider-Man 2: Il Potere di Electro), il più ambizioso fallimento targato Spider-Man riguarda il grande James Cameron. Succede tutto nella prima metà degli anni Novanta, quando il regista, ormai all'apice della sua consacrazione dopo il successo di Terminator 2 - il giorno del giudizio, propone uno script che è uno strana via di mezzo tra un copione con dialoghi e uno storyboard. Il tono della storia risente molto dell'influenza dark del Batman burtioniano, infatti sono previste scene di sesso, battute scurrili, frecciate rivolte a Donald Trump (paragonato da Electro) e pesanti differenze dal fumetto. I nomi che circolano per i protagonisti sono ormai cari a Cameron, ovvero Michael Biehn per Peter Parker e Arnold Schwarzenegger per Dr. Octopus. Il tutto si ferma e rimane in standby a causa di intricati problemi legati ai diritti. Cameron perde la pazienza per poi trovare la gloria in un altro naufragio.

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Il cavaliere nero: il Batman di Aronofsky

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Poteva esserci ancora più buio e squallore tra le strade di Gotham City. Poteva andare peggio: avremmo potuto vedere un terzo Batman diretto da Joel Schumacher con Madonna nei panni di Harley Quinn. Ma non è di questo che vogliamo parlare ora. In quell'interregno lungo otto anni iniziato con Batman & Robin e finito con Batman Begins, la Warner decise di cambiare approccio e di rivolgere più attenzione alle fonti fumettistiche. Lo sguardo della major cade su un promettente regista newyorkese di nome Darren Aronofsky a cui viene affidato l'adattamento di Batman: Anno Uno, graphic novel seminale dove Frank Miller e David Mazzucchelli riscrivono le origini del Cavaliere Oscuro usando toni sospesi tra il noir e l'hard boiled. La visione di Aronofsky è chiara, ardita, coraggiosa, pronta ad ispirarsi al lavoro di Miller (che avrebbe co-sceneggiato il film), ma anche a prenderne le distanze. Infatti nell'immaginario di Aronofsky Batman è un uomo attempato con il volto spigoloso e segnato come quello di Clint Eastwood che vive dentro ad una Gotham City sovraffollata e caotica, simile a Tokyo, dove imporre una giustizia violenta e senza pietà. La sua Selina Kyle gestisce un bordello, il commissario Gordon pensa al suicidio e la Warner comincia a temere il tono troppo crepuscolare della pellicola. Aronofsky avverte la perplessità attorno a lui, si impunta e non ammette intrusioni esterne o modifiche. Il progetto si arena, ma l'amaro in bocca per questa visione estremamente disturbata del mondo di Batman resta.

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Wonder Whedon

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Quello che oggi ci sembra uno sdoganamento grandioso, per Joss Whedon era già pura e semplice normalità a metà degli anni novanta. Un personaggio femminile forte, indipendente e cazzuto come quello di Buffy fece da apripista per altre donne portentose, e forse per questo che la Warner pensò a lui quando gli affido un film su Wonder Woman. Previsto per il 2005 con Cobie Smulders nel ruolo di Diana Prince (l'attrice diventerà Maria Hill nel Marvel Cinematic Universe), il film sulla straordinaria amazzone trova subito grandi difficoltà nella stesura della sceneggiatura. Whedon ammette di non riuscire a trovare una origin story canonica e di avere chiaro solo il punto di vista della storia, tutta basata sullo sguardo con cui Diana osserva gli uomini, senza riuscire a comprenderli. Questa visione così vicina al lato più umano che straordinario di Wonder Woman non convince la Warner che mette il progetto in cantiere. Justice League segnerà così il più classico ritorno del "figliol prodigo".

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Come assassinare Elektra

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L'Elektra (de)scritta da Frank Miller e disegnata dalla mano sapiente di Bill Sienkiewicz è uno dei personaggi più memorabili e riusciti dell'universo fumettistico Marvel, così non sorprende che il soggetto entri in orbita cinematografica. Accade attorno al 1995, quando Oliver Stone accoglie la sfida di un film ispirato a Elektra: Assassin, dove il personaggio, costretto a fronteggiare sia lo S.H.I.E.L.D. che il clan della Mano, avrebbe avuto le fattezze dell'ex pallavolista Gabrielle Reece. I soliti problemi di diritti fecero evaporare il tutto in una nube di fumo da cui, anni più tardi, venne fuori il disgraziato Elektra.

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A Nightmare Before Superman

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Certe cose non si dimenticano. Tra queste vi è senza ombra di dubbio l'ormai celebre foto di Nicolas Cage nei panni di Superman. Solito capello lungo, sguardo stranito, espressione non proprio convinte e convincente. È questo il lascito di Superman Lives, progetto ideato da Tim Burton, avviato senza fortuna attorno al 1996. Un periodo delicato per il cinecomic, che grazie al Batman di Schumacher non stava conoscendo la sua stagione più rosea. Superman Lives, il cui fallimento è al centro dell'interessante documentario The Death of "Superman Lives": What Happened?, è stato un film minato da tanti fattori. Prima di tutto la presenza di tre sceneggiature diverse dopo alcune divergenze tra Burton e Kevin Smith alla quale vanno aggiunte un produttore alquanto sui generis (l'ex parrucchiere di Barbra Streisand Jon Peters, nessuna idea chiara sul costume e una visione decisamente insolita di Clark Kent. Nella visione di Burton e Cage, infatti, il lato umano di Kal El sarebbe stato più alienato che alieno, disadattato, con abiti ridicoli e la paura di uccidere Lois (interpretata da Sandra Bullock) durante un rapporto sessuale. Tutti indizi che ci fanno tirare un profondo sospiro di sollievo.

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Il Flash di David Goyer

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Luci e ombre si abbattono sulla carriera di David S. Goyer. In casa Warner avranno pensato al "lato chiaro" del regista e sceneggiatore americano quando, dopo la deludente regia di Blade: Trinity e l'ottima scrittura di Batman Begins, gli fu affidato un film su Flash. Inizialmente dedicato a Wally West e poi rivolto alle gesta di Barry Allen, il film di Goyer aveva trovato in Ryan Reynolds il volto adatto per il velocista scarlatto. I motivi del fallimento? Le classiche divergenze creative.

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Giustizia (non) è fatta

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Dispiace guardare la foto che vedete qui accanto, notare quei sorrisi convinti, carpirne la gioia e l'entusiasmo per poi pensare che tutto sia finito in rovina. Succede tutto nel 2007, quando la Marvel si dice intenzionata a portare gli Avengers sul grande schermo attraverso la creazione di un universo narrativo condiviso. La Warner si fa ingolosire dalla rivalità e cerca di battere sul tempo i concorrenti. Così viene annunciato Justice League: Mortal (titolo profetico?), un film diretto da George Miller che avrebbe portato sul grande schermo gli eroi DC attraverso l'apprezzata tecnica della motion capture. Il cast? Armie Hammer sarebbe diventato Batman, Megan Gale avrebbe impersonato Wonder Woman, a D.J. Cotrona era stato assegnato il mantello di Superman e ad Adam Brody i panni di Flash. Il tutto tra il generale disappunto dei fan stizziti da questo casting. L'ambizioso progetto crolla sotto il peso schiacciante di costi di produzione insostenibili.

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Batman V Superman ante litteram

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Dodici anni prima del controverso Batman v Superman: Dawn of Justice di Zack Snyder, il figlio di Krypton e il paladino di Gotham erano già stati affiancati da Wolfgang Petersen. Il regista di Troy aveva individuato in Colin Farrell il suo Bruce Wayne e in Jude Law il suo Clark Kent, salvo poi sostituirlo con Josh Hartnett. La storia, quanto mai cupa, avrebbe seguito le gesta di un Batman ormai privo di amici e di affetti e di un Superman ormai vedovo della sua amata Lois. Tra lutti e perdite, i due eroi prima avrebbero lottato uno contro l'altro (per un malinteso che coinvolge Joker), per poi unire le forze contro Lex Luthor. Le due Martha non erano contemplate.