Better Call Saul e Breaking Bad, due serie complementari sulla dicotomia umana

Dopo la straordinaria conclusione di Better Call Saul, proviamo a capire dove e come lo show prequel di Breaking Bad abbia superato la serie madre, dove sia rimasto indietro e perché sia una faccia differente della stessa medaglia narrativa.

Better Call Saul 3: Bob Odenkirk nella premiere della nuova stagione
Better Call Saul 3: Bob Odenkirk nella premiere della nuova stagione

Sette anni. Questo il tempo in cui Better Call Saul di Vince Gilligan e Peter Gould ci ha tenuto compagnia, raccontando la trasformazione di Jimmy McGill in Saul Goodman. Due in più di Breaking Bad, serie madre dedicata invece a Walter White dove il losco avvocato ricopriva un importante ruolo da comprimario. Entrambe ambientate ad Albuquerque, nel cuore dell'arido New Mexico, ed entrambe facce della stessa medaglia narrativa, quella della dicotomia umana.
Giunti infatti alla fine di Better Call Saul, quello che resta è una fondamentale presa di coscienza da parte del protagonista, esattamente come accadeva ad Haisenberg nel 2013. La differenza sostanziale sta nella natura dei due grandi protagonisti, nei loro trascorsi e nei rispettivi percorsi di vita, che in un modo o nell'altro hanno definito con completezza e qualità due delle migliori serie mai concepite dal piccolo schermo, tanto nel periodo della cosiddetta peak TV quanto in quello dello streaming, incidendo in modo significativo e complesso sul panorama mediatico della serialità attraverso quattordici anni di storia.

Sangue, metanfetamina e lacrime

Breaking Bad: Bryan Cranston nella premiere della stagione 3
Breaking Bad: Bryan Cranston nella premiere della stagione 3

Il titolo dell'episodio finale di Breaking Bad è Felina, una parola che in sé racchiude il senso stesso dell'intera opera targata AMC. Ferro (Fe), Litio (Li), Sodio (Na): il primo elemento predominante del sangue, il secondo utilizzato spesso nella produzione di metanfetamina e il terzo componente della lacrime. È tutto qui, in tre elementi cardine che insieme compongono uno dei massimi capolavori della serialità contemporanea e che danno l'esatta misura della raffinatezza della stessa. Walter White non è sempre stato Heisenberg, ma ci è diventato, attraversando a più riprese quella linea etica e morale nemmeno così sottile che separa il migliore degli uomini dal peggiore di tutti. La parabola del professore di chimica malato di cancro ha dimostrato come il crimine, più che pagare, appaghi chi lo commette, lo trasformi nella più decadente e pericolosa e forse maligna versione di sé, modificandone personalità e carattere, generando una profonda sicurezza nelle proprie azioni al costo sempre più elevato della propria umanità.
L'elegante eccezionalità di Breaking Bad si nasconde nella non espressione di giudizio definitivo su Walter o Jesse, quest'ultimo grande vittima del primo con colpe però innegabili, anche se dovute a un atteggiamento a volte ignavo e altre spaventato. La serie lascia scegliere al pubblico come valutare Mr. White, che solo alla fine ammette a se stesso di avere fatto tutto "perché poteva, era capace, si divertiva", e non per il bene della famiglia. Un uomo, Walter, che per i rimpianti del passato ha scelto di cambiare vita e trasformarsi in Heisenberg, accumulando poi sotto lo spettro della criminalità altrettanti e più profondi, drammatici rimorsi costringendolo in conclusione a ravvedersi nuovamente, consapevole però di non poter essere salvato e di aver amato - fino alla caduta del suo impero della droga - l'uomo che era diventato, affrontando le conseguenze così come dovevano essere affrontate.

Bryan Cranston nella premiere della stagione 2 di Breaking Bad
Bryan Cranston nella premiere della stagione 2 di Breaking Bad

Breaking Bad non è stata solo narrativamente una delle migliori produzioni mai apparse sul piccolo schermo, ma anche per quanto riguarda l'intero aspetto tecnico, dalla fotografia alla regia, dalla scelta delle musiche fino alla ratio più intelligente alla base dell'editing. Ha davvero settato uno standard appena dopo la conclusione dei Sopranos, considerata infatti diretta e fenomenale erede qualitativa della serie con James Gandolfinio, o anche di The Wire. Ha saputo ragionare con grande spirito drammaturgico sull'essenza stessa della scrittura, elaborando un obiettivo narrativo fondamentale e costruendo intorno ad esso episodi magnifici, momenti indimenticabili, anche ipnotiche riflessioni tanto per immagini quanto per dialoghi - compresi i silenzi - sull'essere umano e la sua strabiliante complessità, restando ogni secondo fedele alla propria anima concettuale, quella del sangue, della metanfetamina e delle lacrime.

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Scivolare

Better Call Saul 3: Bob Odenkirk in una scena della premiere della nuova stagione
Better Call Saul 3: Bob Odenkirk in una scena della premiere della nuova stagione

Al suo arrivo su AMC nel 2015, Better Call Saul dimostrava prima di tutto di essere figlia diretta delle stesse menti creative di Breaking Bad. Non tanto per la ri-costruzione retroattiva della vita pre-Heisenberg di Saul Goodman, che in quel momento era ancora troppo lontano dalla figura kitsch e corrotta che avevamo imparato a conoscere nella serie principale, ma per il gusto e la raffinatezza della messinscena, in generale della forma. L'intera cinematografia del prequel guidato da Peter Gould ha imparato, migliorato e ancora di più personalizzato ai limiti dell'autorialità la firma tecnica ed estetica già portentosa nella serie madre, portandola a un livello superiore, più rifinito, a tratti anche più ricercato, pure grazie all'impegno di Gilligan in scrittura e filmmaking. In questo senso, anche se fisiologico, Better Call Saul ha superato in effetti Breaking Bad, riuscendo a confezionare un episodio dopo l'altro una storia che più che dedicarsi alla perdizione morale di Jimmy ha scelto di raccontarne il lato umano, familiare, amoroso per poi, arrivati alla fine, portarcelo via per sempre. Ci ha fatto credere di assistere alla parabola discendente di Jimmy e a quella ascendente di Saul, quando in realtà non c'è mai stata differenza. Saul è sempre stato lì, sin dall'infanzia di Jimmy, da quella scivolata che gli costò quel pesante "Slippin'" prima del nome, sin da quando rubava i soldi dalla cassa del negozio del padre. La parabola di McGill Jr. è sempre stata scivolosa e in discesa: era Jimmy l'alter-ego di Saul e non viceversa, un po' come Clark Kent è quello di Superman, citando Kill Bill. Non ha mai avuto bisogno di imitare il percorso di Walter Whiter, dunque, perché quei rimorsi che provava Heisenberg mai li ha provati lui (come poi specificato nell'episodio conclusivo della serie, proprio dedicato a questo particolare aspetto).

Better Call Saul: rimpianti, fantasmi, viaggi nel tempo. Il finale (ri)visto attraverso i flashback

Better Call Saul
Better Call Saul 6: un'immagine di Bob Odenkirk

Eppure Better Call Saul rappresenta uno sguardo perfettamente complementare a Breaking Bad sul dualismo dell'animo umano, soprattutto su come criminali si possa anche nascere, lottando strenuamente contro la propria natura per dimostrare di essere più e meglio di come si viene giudicati. Un discorso, questo, che riguarda anche Kim, che a suo modo è la Jesse di Jimmy (non a caso la affiancano ad Aaron Paul alla fine della serie) ma più forte, più razionale, che comprende di dover abbandonare per sempre quella parte amorale della sua persona - alimentata da Saul - per vivere senza rimpianti. Le sue azioni portano a questo, così come quelle di Jimmy portano alla rivelazione fondamentale della sua esistenza: il rimpianto più grande della sua vita è Saul, il che significa che è la sua stessa vita a rappresentare un fardello di cui liberarsi. A dispetto di Walter, Jimmy si penta davvero di ogni cosa e non vuole nemmeno essere più identificato in Saul, lasciandosi tutto alle spalle senza pentimento, ammettendo anzi a se stesso a noi pubblico di non essersi mai fermato anche quando avrebbe potuto, perpetrando i suoi peccati addirittura attraverso la figura di Walt, che senza di lui sarebbe stato ucciso o incarcerato molto tempo prima della sua fine. Saul come deus-ex machina di Heisenberg. Better Call Saul come grande risoluzione, vera e definitiva, di Breaking Bad. It's all good, men. È davvero tutto, gente.