Recensione Better Call Saul 4, episodio finale: Un ulteriore passo verso Saul Goodman

La recensione del finale di Better Call Saul 4, la nuova stagione della serie prequel/spin-off di Breaking Bad disponibile in Italia su Netflix.

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Better Call Saul: una scena con Bob Odenkirk, quarta stagione

Better Call Saul 4 è arrivata alla fine. Un quarto ciclo di episodi (attualmente disponibili su Netflix) che, passo dopo passo, sta portando il personaggio interpretato da Bob Odenkirk dall'essere Jimmy McGill a diventare il Saul Goodman che avevamo conosciuto in Breaking Bad. Una trasformazione lenta e costante, un percorso inesorabile lungo il quale gli autori ci stanno portando con una consapevolezza e sicurezza fuori dal comune per una produzione seriale. Fuori dal comune, rara, ma non unica, perché quella che colpisce di questo nuovo lavoro di Vince Gilligan è una qualità che avevamo già notato e apprezzato nella serie madre Breaking Bad.

Eppure la serie ha seguito fin dal principio una strada unica e personale, autonoma rispetto alle atmosfere e l'andamento dell'epopea di Walter White. Sorprendente in questo suo cammino indipendente così come nel modo in cui ci porta in maniera inaspettata verso una destinazione nota: per sua natura, per i presupporti stessi alla sua base, Better Call Saul ci sta conducendo verso una meta conosciuta, con l'obbiettivo più o meno dichiarato di ricongiungersi alla storia che abbiamo conosciuto e amato seguendo Breaking Bad, ma il modo in cui lo sta facendo è tortuoso, carico di sorprese e svolte sofferte.

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Il mondo di Walter White

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Better Call Saul: una scena della quarta stagione

Un primo importante punto di questa quarta stagione di Better Call Saul è stato di spostare un po' di pedine sulla scacchiera che vedrà giocare la partita di Walter White: da una parte ci sono i Salamanca, da quella scheggia impazzita che è Lalo al lento e complesso recupero di Hector, finalmente dotato delle campanella con cui l'abbiamo conosciuto; dall'altra c'è Gus Fring con il suo progetto, ormai venuto allo scoperto, di costruire qualcosa di grosso. Al centro c'è Mike, impegnato nel finale di stagione a risolvere i problemi legati alla fuga di Werner, l'uomo che sta coordinando il gruppo al lavoro sul progetto segreto di Fring: il personaggio interpretato da Jonathan Banks compie nel finale un atto drastico, che lo porta un bel po' più vicino al Mike di Breaking Bad.

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L'inganno di Jimmy

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Better Call Saul: Rhea Seehorn e Bob Odenkirk nella quarta stagione

Fondamentale nell'economia dello sviluppo della stagione 4 è ovviamente il percorso di Jimmy dopo la morte del fratello Chuck. La scrittura degli autori è puntuale nel tratteggiare la personalità complessa di quello che diventerà Saul Goodman, divisa tra desiderio di accettazione e di rivalsa, sempre pronto a trovare la strada più rapida e fruttuosa per raggiungere i propri scopi, la scorciatoia per raggiungere la meta con minor sforzo o per aggirare gli ostacoli che si susseguono sulla sua strada. Quello che porta avanti Jimmy nel corso di questa quarta stagione è un molteplice inganno, prima di tutto nei confronti della commissione che deve restituirgli l'abilitazione a operare come avvocato, il secondo luogo nei confronti di Kim, altro personaggio incredibile della serie, che lo accompagna, asseconda e supporta. Infine, e non per ultimo, nei confronti di noi spettatori, ugualmente ingannati dalle parole apparentemente sincere e sentite di Jimmy al cospetto della commissione. Ingannati dalla bravura di un Bob Odenkirk perfettamente in parte.

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It's All Good, Man

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Better Call Saul: Bob Odenkirk in una scena della quarta stagione

La battuta finale di Jimmy, "It's All Good, Man" è il definitivo salto verso Saul Goodman, il segnale di una trasformazione ormai a un passo che sarà oggetto di una prossima, quinta stagione già confermata. Difficile dire se sarà l'ultimo tappa del suo percorso verso la dannazione che è stato Better Call Saul finora, tra buoni propositi sempre disattesi e quella consapevolezza che nessuno, mai, dimenticherà gli errori commessi. Una consapevolezza che vien fuori nell'aspro e doloroso discorso che Jimmy fa a una delle giovanissime candidate giudicate dai colleghi di Hamlin, Hamlin & McGill per una borsa di studio, lasciando emergere quel dolore, quella delusione e quella sofferenza che hanno accompagnato il personaggio per le quattro stagioni di una serie scritta alla perfezione. Non ci ha sorpresi la dichiarazione di Guillermo del Toro che ha definito Better Call Saul migliore di Breaking Bad. Non lo ha fatto perché siamo anche noi conquistati e coinvolti da una serie che si prende i suoi tempi per raccontarci la lenta trasformazione di un uomo, che non sceglie mai la strada più semplice e veloce, e che, da questo punto di vista, è l'esatto opposto del suo protagonista.

Movieplayer.it

4.0/5