Terence Hill, un medico nel West

L'attore italiano, interprete di tanti spaghetti western negli anni '70, sarà protagonista di Doc West, un film televisivo in due puntate diretto da Giulio Base. Accanto a lui ci saranno Ornella Muti, Paul Sorvino e Clare Carey.

Dopo tanti anni dalla chiusura di un filone leggendario come quello dello spaghetti western, e dopo il successo di una serie come Don Matteo, Terence Hill a settant'anni torna nel selvaggio West per un film televisivo prodotto da Mediaset e diretto a quattro mani con Giulio Base.
Nel film, il cui titolo è Doc West, l'attore sarà un medico che abbandona la professione dopo aver causato accidentalmente la morte di un paziente. Dopo aver vagato a lungo, si ritroverà in un villaggio guidato dallo sceriffo Basehart ( interpretato da Paul Sorvino) dove tornerà ad esercitare la professione medica e troverà l'amore nella maestra Denise Stark, interpretata da Clare Carey.

Oltre all'attrice americana - già vista in alcuni episodi di Jericho e della serie televisiva ispirata a Crash - ci sarà anche Ornella Muti, nel ruolo di Debra 'Tricky' Doping, ex-fiamma dello sceriffo Basehart, una giocatrice d'azzardo che torna nella cittadina per partecipare ad un torneo di poker i cui proventi serviranno a raccogliere fondi per la realizzazione di un ospedale. "Mi sto divertendo moltissimo ad interpretare questa donna tosta che deve sopravvivere in un mondo di uomini, perchè mi piace questo ruolo un po' da cattiva" - ha spiegato la Muti - "Debra è una che vince barando, e ad insegnarle i trucchi era stato proprio Basehart, che ritrova dopo un lungo periodo di separazione, durante il quale lei lo aveva creduto morto e invece aveva cambiato vita"

Sarà quindi un western con una forte componente "rosa", insolita per il genere, "Perchè il pubblico televisivo è prettamente femminile" - ha spiegato Terence Hill - "e di conseguenza il cast di Doc West è formato al cinquanta per cento da donne".
Non mancheranno però gli omaggi al passato, per questo film che Hill definisce un misto tra Il mio nome è nessuno e Lo chiamavano Trinità, soprattutto "Le inquadrature strettissime sul viso" - sostiene Giulio Base - "un omaggio a Sergio Leone a cui non potevo rinunciare".