Gianna Damonte e Riccardo Sansebastiano, il gioco erotico e l'omicidio: il caso tra bondage e accuse

Gianna Damonte è stata accusata di omicidio colposo per la morte di Riccardo Sansebastiano durante un gioco erotico: ricostruiamo il caso tra bondage, sospetti e i pareri degli esperti.

Stasera la seconda parte di Un giorno in Pretura tratta il caso di Gianna Damonte e Riccardo Sansebastiano, la coppia di amanti di Alessandria che praticava il bondage. L'ingegnere morì nella mansarda in cui i due si incontravano per i loro giochi erotici, l'uomo fu trovato appeso a un palo e con una catena intorno al collo.

I due protagonisti della vicenda

Riccardo Sansebastiano
Una foto di Riccardo Sansebastiano

Riccardo Sansebastiano e Gianna Damonte si erano conosciuti per motivi professionali. Entrambi lavoravano presso l'Agenzia Territoriale per la Casa. Lui era stato direttore e lei era un'impiegata. La loro relazione segreta andava avanti da più di dieci anni. Sansebastiano era stato rimosso dal suo incarico all'ATC circa due mesi prima del decesso per una vicenda di false fatturazioni.

L'appartamento degli incontri

Riccardo Sansebastiano e Gianna Damonte si incontravano nell'appartamento ubicato nella palazzina di via Maggioli ad Alessandria, era la loro alcova scelta ed arredata per i loro incontri e giochi erotici. I vicini confermarono che la coppia frequentava abitualmente l'appartamento e si comportava in maniera molto cordiale.

Il mistero della mansarda

Dalle prime indagini emerse che la mansarda era stato di proprietà dell'Agenzia Territoriale per la Casa per la quale lavoravano i due protagonisti di questa vicenda. Secondo alcune voci Gianna Damonte aveva acquistato l'appartamento, gli inquirenti si chiesero come mai un immobile destinato ad uso popolare e a persone con basso reddito fosse stato venduto ad una ex dipendente dell'ATC che in più godeva di uno stipendio medio alto.

L'ultimo incontro della coppia: un drink, calze a rete e smalto rosso

Gianna Damonte raccontò in aula cosa accadde quel giorno, come riportato dal quotidiano La Stampa: "Sansebastiano mi aveva mandato un sms mentre ero in ufficio - disse l'imputata - Mi ha aperto la porta, aveva già le unghie laccate di rosso e indossava una calzamaglia a rete. Abbiamo preso un drink, poi siamo saliti in mansarda".

Il gioco erotico

L'imputata spiegò come si svolse quel pomeriggio il loro gioco erotico, un rituale già sperimentato tante volte: "Sansebastiano si è seduto per terra - riporta La Stampa - e ha appoggiato la schiena al palo e una corda attorno al collo". In aula l'imputata ha raccontato di avergli fermato le mani dietro la schiena, così come Riccardo Sansebastiano aveva chiesto espressamente, poi se ne era andata per circa tre ore e al suo ritorno, verso le cinque del pomeriggio, aveva trovato l'uomo svenuto e rantolante.

Il bondage spiegato dall'esperto

Davide La Greca
Una foto di Davide La Greca

Il rituale erotico fu spiegato in aula da Davide La Greca, consulente del P.M., autore di corsi e conferenze e di alcuni libri sul bondage, ecco quanto riportato da La Stampa: "Il palo usato dalla coppia era degli strumenti utilizzati per il bondage, una pratica sessuale teorizzata negli anni '50, '60, ora in aumento - disse il consulente che spiegò cosi il bondage - È un'attività consensuale tra adulti in cui c'è un 'dominante' e un 'sottomesso'. Uno che lega e l'altro che chiede di essere legato, ma bisogna garantire la massima sicurezza possibile"

La rottura del patto di sicurezza

Dakota Johnson in Cinquanta sfumature di grigio
Dakota Johnson in Cinquanta sfumature di grigio

Davide La Greca spiegò cosa era andato storto quel giorno: "È comunque fondamentale che il consenso a farsi legare possa sempre essere revocabile; pertanto, la situazione deve essere costantemente monitorata dal 'dominante'". L'esperto precisò: "Addirittura, è sconsigliabile allontanarsi di soli 5 o 6 metri. Se ci si deve allontanare si deve individuare un 'baby sitter', cioè qualcuno che tenga sotto controllo". "Il patto di sicurezza è stato rotto dall'assenza dell'altro", concluse il consulente del P.M.

Le ultime ore di Riccardo Sansebastiano

L'accusa ha ricostruito le ultime ore di Riccardo Sansebastiano, la sua agonia. Le condizioni ambientali sono state fondamentali, perché quel giorno faceva troppo caldo nella mansarda e l'afa era diventata insopportabile. Col passare dei minuti Riccardo Sansebastiano si era indebolito e probabilmente aveva perso i sensi, la posizione delle manette e della corda intorno al collo lo fecero andare in choc respiratorio, il drink preso prima del gioco erotico potrebbe aver accelerato il processo.

Le richieste dell'accusa

Il Pubblico Ministero durante l'arringa sostenne che Gianna Damonte non avrebbe dovuto lasciare solo Riccardo Sansebastiano in una situazione pericolosa - aggravata dal caldo - anche se consensuale. Il P.M. chiese dai 6 agli 8 anni di carcere per l'imputata riconoscendogli le attenuanti generiche per la collaborazione alle indagini.

Le accuse della Parte Civile

Riccardo Sansebastiano Omicidio
L'omicidio di Riccardo Sansebastiano

Massimo Grattarola avvocato che rappresentava i figli di Sansebastiano durante la sua arringa disse "Riccardo, mentre era legato, si era dibattuto e le lesioni, abrasioni ai polsi e una costola rotta lo provano - aggiungendo - in quel momento era ancora d'accordo di rimanere legato? No, Sansebastiano non voleva morire, ma chi lo aveva legato lì non c'era. Ne è seguita un'agonia fino alla morte, Se l'imputata fosse stata presente, quella lunga agonia sarebbe stata evitata e Sansebastiano non sarebbe morto".

La tesi della Difesa

L'avvocato difensore Stefano Savi ha basato la sua difesa sulla autodeterminazione. "La prassi di quel gioco prevedeva di farsi legare ed essere lasciato solo, richiesta che l'imputata ha assecondato". L'avvocato ha detto che tutto lo scenario faceva parte del gioco erotico, caldo compreso, la vittima era consapevole di quello che stava facendo e ha rimarcato che non esiste legge che impedisca questo tipo di pratica.

La sentenza

Il 13 gennaio la presidente dell'Assise, Maria Teresa Guaschino ha emesso il suo verdetto, sposando in parte la tesi della Difesa. Gianna Damonte è stata condannata per omicidio colposo ad un anno di reclusione, con sospensione condizionale e non menzione.