Weekend: frammenti di un discorso amoroso nel magnifico film di Andrew Haigh

Due giorni di passione, quotidianità, confessioni e tenerezza fra due ragazzi omosessuali di Nottingham, al principio di quella che potrebbe diventare una storia d'amore: il regista Andrew Haigh, l'autore di 45 anni, esplora l'inestricabile complessità dei sentimenti in un film che cattura per intensità e pathos.

La rassicurante prigionia della solitudine e l'angosciosa ebbrezza della condivisione; la parola come atto erotico, complementare (e in qualche modo inestricabile) rispetto all'attrazione sessuale; l'amore, parola evocata ma mai pronunciata a voce alta, come coraggio di specchiarsi nell'altro, di mettere a nudo se stessi a dispetto di una realtà che tende invece a reprimere e a conformare l'individuo, sottoponendolo alle pressioni del proprio microcosmo sociale.

Tom Cullen insieme a Chris New in una scena del dramma sentimentale Weekend
Tom Cullen insieme a Chris New in una scena del dramma sentimentale Weekend

"È come quando frequenti gli stessi amici troppo a lungo... ogni cosa si cementifica", osserva Glen, in uno degli scambi di battute più emblematici del film; "È come se loro non accettassero alcuna versione di te stesso a parte la vecchia versione, o la versione che loro vogliono che tu sia". È uno dei conflitti al cuore del secondo lungometraggio di Andrew Haigh: la dicotomia fra la vera natura di ciascun essere umano e quelle aspettative altrui in grado di 'modellare' l'immagine di noi stessi, in un perenne corto circuito fra il proprio io interiore e il mondo circostante... che si tratti delle pareti domestiche, dell'Inghilterra dei nostri giorni o di un qualunque altro angolo del mondo.

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Friday I'm in Love

Weekend, Tom Cullen e Chris New innamorati in una scena del film
Weekend, Tom Cullen e Chris New innamorati in una scena del film

Ma basta guardare appena al di sotto della superficie del film, con la sua struttura da melodramma classico alla Breve incontro (al capolavoro di David Lean è reso esplicito omaggio nel finale, ambientato in una stazione ferroviaria) aggiornata però al gioco dialogico e agli stilemi da cinéma vérité nel solco di Prima dell'alba, per percepire la profondità, la ricchezza di temi e la densità psicologica di Weekend. Frutto dello scrupoloso lavoro di sceneggiatura, di regia e di montaggio dell'inglese Andrew Haigh, classe 1973, una gavetta come assistente di Ridley Scott e un apprezzato esordio nel 2009 (Greek Pete, crudo ritratto del sottobosco della prostituzione maschile sui marciapiedi di Londra), Weekend si è fatto spazio fra i circuiti festivalieri, incluso un passaggio al Festival di Roma 2011, acquisendo in breve tempo lo statuto di autentico cult movie nell'ambito del cinema LGBT. Un sorprendente successo per un film 'piccolo' solo nelle dimensioni produttive, ma in grado di convogliare un senso di realismo e una capacità di empatia davvero esemplari, nonché un romanticismo scevro da ogni convenzione posticcia, ma legato piuttosto a una sorta di "poesia del quotidiano".

Tom Cullen e Chris New dormono abbracciati in una scena del film Weekend
Tom Cullen e Chris New dormono abbracciati in una scena del film Weekend
Weekend, un'immagine allo specchio di Tom Cullen tratta dal film
Weekend, un'immagine allo specchio di Tom Cullen tratta dal film

Eppure, in Weekend la delicatezza del tocco, l'atmosfera ovattata dei mattini brumosi e dei tiepidi bagliori del tramonto nel cielo di Nottingham, convivono immancabilmente con una crudezza che rappresenta la peculiare cifra stilistica di Andrew Haigh: quella crudezza declinata dal cineasta britannico nella gioiosa 'oscenità' delle conversazioni (e del lessico) fra Russell (Tom Cullen), ragazzo introverso impiegato come bagnino in una piscina, e il più spigliato Glen (Chris New), studente di arte alle prese con un progetto sull'omosessualità, le cui strade si incroceranno dopo un incontro casuale di venerdì sera in discoteca e una fugace "notte brava" sull'onda di qualche birra di troppo. Ma i livelli di stupefacente mimesi del film si denotano anche nell'attenzione ai particolari apparentemente più semplici, nell'immediatezza di dialoghi in cui non vi è traccia di artificio e nel verismo delle sequenze erotiche, in cui l'indugiare della macchina da presa sui dettagli anatomici o sui gesti di una fellatio non ha nulla di voyeuristico né di morboso, ma si fa invece veicolo di un'irrefrenabile pulsione vitalistica, di cui la sessualità è una componente ineludibile (un approccio simile, in sostanza, a quello de La vita di Adèle di Abdellatif Kechiche).

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In Between Days

Weekend, Tom Cullen in un'immagine tratta dal film
Weekend, Tom Cullen in un'immagine tratta dal film

Ma la concretezza e la 'carnalità' nella messa in scena del rapporto fra Russell e Glen, un rapporto che si ridisegna di ora in ora anche in base al contesto spaziale in cui si muovono i due personaggi, dalla discoteca all'appartamento di Russell, dalle strade di Nottingham alle giostre di un luna park (in una continua alternanza fra pubblico e privato), procedono in parallelo con un percorso introspettivo in cui il confronto con l'altro costituisce il banco di prova per un'impietosa autoanalisi. Tanto Russell quanto Glen, del resto, si mostrano impegnati nel tentativo di definire i propri stati d'animo e di razionalizzare atteggiamenti e scelte di vita: Russell annota i suoi pensieri sul PC, Glen tiene con sé un registratore portatile e invita il partner ad esporre il suo punto di vista sul loro flirt; ciascuno dei due racconta il proprio modo di vivere l'omosessualità (si parla perfino di una videocassetta di Camera con vista come feticcio erotico) e di reagire a tabù e costrizioni del mondo circostante (la posizione più conciliante e 'borghese' di Russell contrapposta alla fiera intransigenza di Glen).

Tom Cullen e Chris New, i due protagonisti del film Weekend
Tom Cullen e Chris New, i due protagonisti del film Weekend

Andrew Haigh, tuttavia, ha l'intelligenza di non condurre mai il film sui binari della retorica o dell'opera a tesi: al contrario, l'omosessualità dei due protagonisti si riverbera anche su un piano più universale, invitando a una riflessione sulla solitudine di troppe "maledette domeniche", su un senso di alienazione e inadeguatezza, sul desiderio d'amore che si scontra con il bisogno di indipendenza e la paura dei legami. Nel frattempo, il progressivo avvicinamento fra Russell e Glen viene suggerito sapientemente dalla regia di Haigh, i cui campi lunghi spesso cedono il posto a primi e primissimi piani; ancora più spesso, invece, la macchina da presa unisce i due comprimari nella medesima inquadratura, sostituendo al sistema di campi e controcampi una "condivisione dello schermo" assai più significativa (e impreziosita dalla spontaneità di Cullen e New, entrambi attori agli esordi). Mentre l'epilogo, nella sua ineffabile malinconia affidata agli sguardi dei due ragazzi, alle lacrime trattenute a stento e a un bacio emozionante e liberatorio, suggella alla perfezione, senza una singola nota fuori posto, uno dei migliori e più intensi film sentimentali degli ultimi anni.

Movieplayer.it

4.0/5