We Are Who We Are, Luca Guadagnino: "Per me il segreto è capire se mi sono innamorato degli attori"

Luca Guadagnino, i produttori e il cast ci raccontano We Are Who We Are, la nuova serie tv in onda dal 9 ottobre su Sky e in streaming su NOW TV, una storia di identità e appartenenza.

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We Are Who We Are: Jack Dylan Grazer (Fraser) in un'immagine della serie Sky

"Senti mai di non appartenere a nessun posto?" È una delle battute che sentiamo dire ai protagonisti di We Are Who We Are, la nuova serie tv Sky-HBO in otto episodi diretta da Luca Guadagnino, in onda dal 9 ottobre su Sky e in streaming su NOW TV. We Are Who We Are è proprio questo, una storia di adolescenti in una fase di passaggio, un momento della loro vita in cui non appartengono né all'infanzia né all'età adulta, né al loro paese d'origine né a quello in cui vivono. E che non vogliono ancora appartenere a un genere sessuale piuttosto che a un altro, vogliono vivere in modo libero, senza definizioni. "Siamo chi siamo" recita infatti il titolo. In una base americana in Italia, vicino a Chioggia, si incontrano Fraser (Jack Dylan Grazer), 14 anni, appena arrivato da New York al seguito della madre (Chloe Sevigny) che prenderà il comando della base, e Caitlin (Jordan Kristine Seamón), figlia di un altro militare, che mette in discussione il suo lato femminile, sentendo in sé una parte di mascolinità.

Intorno a loro ruota un mondo di adolescenti, e di adulti, tutti in qualche modo in un momento di passaggio, e alla ricerca di qualcosa. We Are Who We Are è un romanzo di formazione che parla di identità, appartenenza, crescita, fluidità di genere. "Il senso di una pay tv come Sky è quello di guardare alla qualità narrativa, alla grammatica della narrazione, ma anche nel coraggio di trattare temi diversi - che magari in contesti differenti non possono essere considerati - con quella libertà definitiva con la quale devono essere trattati" ha spiegato Nicola Maccanico di Sky nella conferenza stampa di lancio che si è svolta in streaming. "Si parla sempre di serie teen, pubblico teen, queste cose interessano quello che è il cuore dell'adolescenza, che è qualcosa che non sparisce mai" aggiunge Lorenzo Mieli di The Apartment, produttore con la Wildside di Marco Gianani e Small Forward. "È l'esplosione di qualcosa che prima non conoscevi, del corpo, del desiderio. È qualcosa che esplode nel personaggio di Fraser, ma che poi invade e pervade tutti gli altri personaggi. anche gli adulti". We Are Who We Are è una serie intima, una storia d'amore, ma in fondo è anche politica. "Credo che i giovani siano il futuro e ritrarli in un modo così libero così onesto, così vero, descrivendo il percorso che intraprendono quando diventano degli adulti, sia importante" riflette Alice Braga, che nel film è Maggie, la moglie di Sarah, l'altra madre di Frazer. "Pensando al mondo di oggi, con tante divisioni, tanti governi che hanno tanti pregiudizi, produrre una serie come questa è importante per ispirare una certa libertà a questi ragazzi nel loro modo di affrontare il mondo".

Luca Guadagnino: attori straordinari e presenze non banali

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We Are Who We Are: Jordan Kristine Seamón (Caitlin) in un'immagine della serie Sky

Fraser e Catilin, e tutti i ragazzi di We Are Who We Are colpiscono per i loro volti e i loro corpi inediti, particolari, insoliti rispetto a quelli che siamo abituati a vedere nelle serie tv. E proprio per questo risultano veri, credibili (una delle attrici è Francesca Scorsese, figlia del noto regista). Dietro alla serie di Luca Guadagnino c'è un grande lavoro di casting. "È stato fatto con Carmen Cuba, una grande casting director americana, che ha lavorato a Stranger Things" ci racconta Luca Guadagnino. "Il nostro desiderio era quello di avere un gruppo di attori straordinari ma contemporaneamente un gruppo di presenze non banali. Per me il segreto è capire se mi sono innamorato degli attori con cui sto lavorando. Sono poliamoroso, perché li amo tutti. È stato un processo pieno di desideri, che avevo, e di scoperte". E i protagonisti di We Are Who We Are sono tutto tranne che banali. Jack Grazer, nel ruolo di Fraser, attraversa il film con un'andatura caracollante, i capelli ossigenati, le unghie laccate di nero, pantaloni corti leopardati e sneakers, le cuffie per ascoltare la musica perennemente sulle orecchie. "Luca mi ha dato tanta libertà, ci ha lasciato liberi di capire da soli chi fossero i nostri personaggi, ci diceva che nessuno poteva conoscerli meglio di noi" ci racconta. "Vestire i loro panni ogni giorno, interagendo con gli altri personaggi ha fatto sì che potessimo emergere completamente". "Jack ha una saggezza, riflette su quello che il personaggio deve comunicare come una persona che dovrebbe essere alla fine della sua vita" aggiunge su di lui Guadagnino. Jordan Kristine Seamon raffigura Caitlin come un personaggio in evoluzione, cangiante: la vediamo al mare in bikini nero e, poco dopo, in abiti maschili, con addosso la camicia del padre e con un cappellino da baseball a nascondere i lunghi capelli neri. "Sono riuscita a cogliere l'essenza di Caitlin rapidamente perché abbiamo vissuto esperienze simili" confessa l'attrice. "Questo ha fatto scattare in me un click". Jordan si è proposta mandando un self tape. "Ha recitato un testo di Mamet, che è nella quinta puntata, e l'intelligenza con cui l'ha colto era incredibile" ci svela Guadagnino. "E poi il suo viso era così enigmatico e denso di possibili emozioni, aperto e chiuso allo stesso tempo". Una definizione perfetta del viso dell'attrice.

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La base militare, l'America e Trump

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We Are Who We Are: Chloë Sevigny (Sarah) in un'immagine della serie Sky

Il fatto che si svolga in una caserma rende la storia ancora più particolare. Perché alle regole e alle costrizioni che già la società imporrebbe di suo si aggiungono quelle delle divise, che sembrano racchiudere i corpi, e delle mura della base, che in qualche modo costringono i personaggi in un luogo ancora più stretto. In un mondo come questo tutto sembra essere più rigido, regolato, definito. "Nelle prime conversazioni con Lorenzo Mieli, con Paolo Giordano e Francesca Manieri, gli sceneggiatori, avevamo riflettuto sul luogo di questa storia di identità" ricorda Guadagnino. "E, forse per una sorta di disciplina mentale, mi interessava trovare una porzione piccola da poter dominare per tentare di essere universali. Così è nata l'intuizione della base militare, che è appunto un luogo piccolo ma che ha delle caratteristiche che possono essere declinate in senso universale rispetto, per esempio all'identità americana". "Con l'aggiunta che, essendo una base militare, ha un altro livello molto interessante, quello della disciplina, della risposta ai comandi o della trasgressione degli stessi" continua. "Poteva funzionare come la parte per il tutto, essere l'America. Inoltre, essendo una navicella che si posa sul terreno veneto, poteva permetterci di mostrare una sorta di penetrabilità tra il fuori e il dentro. A seconda di chi l'affronta può esserci un modo organico di relazionarcisi, come per i teenager, o resistente, come per gli adulti". A proposito di America, la storia è ambientata nel 2016, in un momento molto particolare per gli Stati Uniti. "La possibilità di ambientare la storia durante il semestre che sfocia nelle elezioni presidenziali con la vittoria di Trump era troppo ghiotta per non essere colta" racconta il regista. "E per permettere di vedere come la cosa si riflette, o meno, in ogni personaggio. Uno dei punti forti è quando Sarah, il personaggio di Chloë Sevigny, dopo che Trump viene eletto, dice: i tempi sono cambiati, piacciono le decisioni forti".

We Are Who We Are, Chloe Sevigny nel cast della serie di Luca Guadagnino

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We Are Who We Are: Alice Braga (Maggie) in un'immagine della serie Sky

Jack Dylan Grazer: scendere a patti con una nuova vita

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We Are Who We Are: Francesca Scorsese (Britney) in un'immagine della serie Sky

"Quando abbiamo immaginato la nostra base l'abbiamo cercata su e giù per l'Italia, fino a che non abbiamo trovato una piccola base in questo paese, Bagnoli di Sopra, tra Padova e Chioggia" racconta Guadagnino. "Da quel sopralluogo al film sono passati mesi, milioni di euro e un grande lavoro dello scenografo. Ma sono rimasti i cieli del Veneto, questa grande regione a est, che è come un'isola". L'ambiente - la base ma anche l'Italia in generale - hanno aiutato Jack Dylan Grazer a entrare nel personaggio. "Essere in Italia, in questo posto, essere immerso in una sorta di acquario, essere libero ma con i piedi per terra, sono serviti" racconta. "Il colore dei capelli, indossare cose che non indosserei normalmente, mi ha permesso di entrare completamente nel personaggio. Prima delle riprese ho viaggiato in Italia cercando di sentirmi Fraser, cercando di entrare in un locale e di ordinare un caffè come lo avrebbe fatto Fraser, in modo un po' strafottente. Quel territorio in cui si muove, che è familiare, americano, ma è anche diverso, simboleggia un periodo di evoluzione delle vite di tutti. C'è un'infanzia che svanisce e devi scendere patti con una nuova vita".

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