Venezia 2010, giorno 2: arriva la 'santità mentale' di Celestini

Il concorso del festival entra nel vivo con tre opere, tutte tratte da romanzi, caratterizzate da un forte impegno etico e sociale e fitte di problematiche esistenziali. Tra queste si segnala l'atteso debutto alla regia di Ascanio Celestini, tratto dall'omonimo romanzo 'La pecora nera'.

Dopo la giornata d'apertura, segnata dalla presenza di film di forte impatto spettacolare come Black Swan e Machete, la sessantasettesima edizione festival di Venezia entra nel vivo della competizione presentando una serie di titoli caratterizzati da un forte impegno etico e sociale.
Per il pubblico italiano l'opera più attesa è sicuramente l'esordio cinematografico di Ascanio Celestini, che adatta per il grande schermo il suo romanzo La pecora nera. La storia è quella di Nicola, su cui grava il marchio, impostogli dagli altri, della follia. Il testo è un feroce atto di accusa contro l'omologazione della società di massa, che tende ad emarginare e annullare l'originalità di pensiero. Il drammaturgo riporta in vita in maniera letterale i suoi celebri monologhi, alternando il ricorso alla voce fuori campo con la sua performance scenica, anche se forse trascura un po' troppo di lavorare sul piano più propriamente visivo.

Altro adattamento che rispetta la fedeltà del testo di partenza è quello di Norvegian Wood, tratto dal famoso romanzo Tokyo Blues di Haruki Murakami, anch'esso presentato nella sezione competitiva del festival. A dirigere questa trasposizione è il franco-vietnamita Anh Hung Tran, premiato alcuni anni fa a Venezia per Cyclo. Anche in questo caso il film sconta un eccessivo ancoraggio ai dialoghi originali, e non riesce a tradurre in termini visivi la tormentata, ellittica e frammentaria storia d'amore tra i due giovani protagonisti, segnata da drammi psicologici ed esistenziali. Lo stile, eccessivamente estetizzante e decorativo nell'utilizzo dei paesaggi, finisce in definitiva per smorzare le tensioni e le pulsioni tipiche della poetica di Murakami.

L'ultima pellicola in concorso è Miral, che segna il ritorno alla regia di Julian Schnabel dopo l'apprezzato Lo scafandro e la farfalla. Tratto da un romanzo di Rula Jebreal, anche autrice della sceneggiatura, il film è un complesso e articolato mosaico di storie femminili sullo sfondo del conflitto israeliano-palestinese. La grande Storia e la piccola realtà di un orfanotrofio a Gerusalemme si intrecciano inestricabilmente, componendo un affresco poliedrico, che non manca di affrontare anche questioni complesse come l'identità femminile violata.

Numerosi poi sono, come di consueto, gli eventi delle sezioni collaterali, capaci di fornire uno scenario variegato ed eterogeneo sullo stato della Settima arte. Meritevoli di una segnalazione sono almeno il documentario Se hai una montagna di neve, tienila all'ombra di Elisabetta Sgarbi, incentrato sullo stato della cultura italiana, e la riproposizione di uno dei film meno conosciuti diretti da Dennis Hopper, Fuga da Hollywood (The Last Movie). Per gli appassionati di cinema asiatico sono invece imperdibili le proiezioni del capolavoro senza tempo di John Woo, The Killer, in versione restaurata e dell'inedito remake sudcoreano di A Better Tomorrow, firmato dal regista Song Hae-Sung.