Recensione Il buio si avvicina (1987)

Eccezionale incrocio tra horror, road movie e western, Il buio si avvicina catapulta lo spettatore in un mondo cinematografico tutto nuovo, costruito con un ritmo vertiginoso ed una grande maestria nei movimenti di macchina che già preannunciano i picchi adrenalici di Point Break.

Vampiri on the road

Il secondo lungometraggio di Kathryn Bigelow (Point break, Punto di rottura, Strange Days) è un vampire movie moderno e adrenalinico.
L'ambientazione contemporanea e l'estrema tensione narrativa lo rendono un prodotto di elevata qualità che è diventato un piccolo cult nonostante la scarsa fortuna distributiva avuta in Italia; eppure il film è tutto da riscoprire sia per l'atmosfera cupa e notturna, irrorata di gelide luci al neon e attraversata da nuvole di polvere come un western, sia per le inquadrature accuratamente costruite dalla mano sapiente di una delle poche donne registe di action movies, sia per le sequenze indimenticabili (la sanguinosa strage della clientela di un saloon al suono di un juke-box).

Eccezionale incrocio tra horror, road movie e western, Il buio si avvicina catapulta lo spettatore in un mondo cinematografico tutto nuovo, costruito con un ritmo vertiginoso ed una grande maestria nei movimenti di macchina che già preannunciano i picchi adrenalici di Point Break, dove la suspence regna sovrana generando una costante sensazione di inquietudine, come se stia per accadere qualcosa di molto più terribile di quello che siamo abituati a vedere.

Protagonista della pellicola è il giovane ed ingenuo Caleb (Adrian Pasdar) il quale perde la testa per l'avvenente Mae (Jenny Wright) senza rendersi conto che la ragazza è, in realtà, una vampira. Dopo essere stato morso ed essersi trasformato a sua volta, Caleb è costretto a seguire la ragazza ed i suoi compari in una serie di vagabondaggi a bordo di un camper che svolge il duplice ruolo di casa e bara percorrendo in lungo e il largo il Midwest rurale alla ricerca di sangue fresco, tra paesini della "tranquilla" provincia americana, motel, saloon, aree di servizio e fattorie.

Il destino di Caleb sembra segnato fin dall'origine biblica del suo nome, colui che esplorò la terra di Canaan e che poi guidò la propria gente verso la terra promessa, infatti il percorso che il giovane compie lungo tutto il film può essere considerato un incrocio tra viaggio mistico e itinerario di formazione, itinerario che ha inizio con il morso di Mae, in una scena girata in una zona di pozzi petroliferi, mentre le pompe succhiano linfa vitale dalla Madre Terra, continua con il viaggio in compagnia della sua nuova famiglia adottiva, trucidi vampiri privi di morale naturalmente portati all'omicidio per una legge di natura, finisce con il ritorno a casa, la guarigione dal morbo (grazie ad una trasfusione di sangue paterno), la sconfitta dei suoi nemici e l'amore di Mae, anch'ella ritornata alla vita grazie al sangue puro del Giusto Caleb.

Forse l'aspetto più "sconvolgente" o, se vogliamo, la nota stonata, è il finale della pellicola che si rovescia in un happy end talmente caramelloso e privo di ombre da risultare quasi assurdo, una vera e propria trasgressione a tutti i dogmi del genere horror. Tra l'altro questa è solo una delle tante regole infrante dal film della Bigelow, basti pensare al completo stravolgimento dell'immagine offertaci dei vampiri che, da romantici signori della notte, sono ridotti a teppisti, nomadi vagabondi che vivono alla giornata in cerca di possibili prede.
Risultano invece eccellenti e di qualità quasi iperrealista gli effetti speciali, in particolare i vampiri che si incendiano alla luce del sole, le aperture allo splatter e l'elegante fotografia notturna che dona al cielo americano una sensuale luminescenza violacea, opera del direttore della fotografia di Terminator, Adam Greenberg.

Movieplayer.it

4.0/5