Valeria Solarino e Vinicio Marchioni: l'arte dell'attore a Roma 2011

Ecco i protagonisti del simpatico duetto che ha arricchito la sezione Extra del Festival Internazionale del Film di Roma.

Valeria è alta, bruna e silenziosa. Occhi da orientale e fisico da fotomodella. Una delle belle promesse del cinema italiano, compagna di vita di un regista che, della risata 'alla toscana', ne ha fatto un'arte e un mestiere, lo spigliato Giovanni Veronesi. Vinicio è l'erede della romanità simpatica, scanzonata e un po' piaciona che, all'occorrenza, è capace di tirare fuori tutta la sua vena drammatica. Lei è Valeria Solarino e lui Vinicio Marchioni. Insieme hanno animato il duetto ospitato nella sezione Extra/L'altro Cinema del Festival di Roma moderato da Mario Sesti.

Valeria, quando ti sei accorta di Vinicio a livello cinematografico? Valeria Solarino: Io mi sono accorta di Vinicio in 20 Sigarette. E' un film forte, intenso, violento e Vinicio ha vissuto il personaggio in modo talmente generoso da farmi abbandonare completamente. Ho anche sofferto con lui. Credo che questa forza dipenda dal fatto che il film è tratto da una storia vissuta realmente dal regista e tutto ciò gli fa acquistare una forza dirompente.

Vuol dire che non seguivi Romanzo criminale - La serie? Valeria Solarino: No, devo confessare che io seguo poco la televisione e soprattutto le serie perché mi dimentico quando vengono trasmesse.

Vinicio, la stessa domanda per te.
Valeria Solarino: Ero in tournée con Marco Foschi e vidi Fame chimica. Valeria mi ha colpito immediatamente perché ha una classe che è solo sua, due occhi incredibili e allo stesso tempo possiede un'aggressività filtrata da dolcezza e malinconia.

Valeria, come mai iniziato a recitare? Valeria Solarino: Io ho cominciato a recitare con la scuola del Teatro Stabile di Torino. Ho saputo che allo stabile c'erano i provini e dato che da tempo pensavo di fare l'attrice ho tentato. Mi hanno presa e a quel punto ho abbandonato la Facoltà di Filosofia. Mi mancherebbero pochi esami per finire, ma non ho voglia. La scuola mi ha permesso di capire cosa volevo fare davvero nella vita.

Come spieghi questa propensione per la drammaticità? Valeria Solarino: La complessità che hanno i personaggi che mi vengono affidati è ciò che mi piace di più. Mi sono stati offerti anche personaggi piatti, ma in quel caso ho rifiutato. E' vero che ho una vena drammatica, ma mi piace portare questa tendenza agli estremi. Non so quanto poi queste figure mi somiglino nella reltà. Io sono una persona allegra e molto meno complicata dei personaggi che interpreto. Non credo che ci sia un metodo per imparare a costruire un personaggio. Ci sono tanti metodi diversi, ma l'importante è arrivare a raggiungere una verità. Ad esempio in Viola di mare, dove interpreto una lesbica, ho capito che dovevo partire da un piano fisico e cambiare postura. Ho usato dei pesi per imparare a camminare in modo diverso, più maschile, mantenendo intatta la fragilità del personaggio.

Vinicio, nel tuo caso non possiamo parlare di fragilità... Vinicio Marchioni: Perché no. Il Freddo ha anche un lato fragile.

Tu riesci a conquistare la scena solo camminando davanti alla macchina da presa. Ma ti fa sentire più a tuo agio la recitazione parlata o la fisicità?
Per me sono entrambe fondamentali. A scuola di teatro mi hanno insegnato che se non comunichi le emozioni attraverso le parole non sei un buon attore, ma io non sono a mio agio con la parola per via della mia balbuzie. Per anni ho studiato le parti mie e anche quelle dei mei colleghi per tenere sotto controllo la situazione. Anche nel cinema conosco le battute degli altri e questo handicap che ho mi permette di testare il ritmo della recitazione. Se inciampo mentre recito vuol dire che c'è qualcosa che non va. Avendo un tipo di percorso molto casereccio alle spalle, ho capito presto che quando riesci a ricollegare i ruoli al tuo vissuto questo immediatamente si riflette anche sul fisico. E' tutto collegato. Per esempio, quando recitavo il Freddo immaginavo di essere sempre dentro una cabina. In questo modo ero sempre rigido e composto, mi muovevo poco e non invadevo lo spazio dei colleghi e questo forniva una serie di sfumature al personaggio.

Valeria, quanto è importante avere un partner con cui sei in sintonia sul set? Valeria Solarino: Molto. In Vallanzasca - Gli angeli del male mi sono trovata a lavorare con Kim Rossi Stuart ed è stato incredibile. Con lui ho imparato ad ascoltare veramente un attore perché era talmente bravo. Quando giravamo la seconda scena del carcere Michele Placido ci ha lasciato liberi di costruire il dialogo da soli mentre lui e il direttore della fotografia ci osservavano per poi fare le luci e decidere le inquadrature in base al nostro lavoro.

Cosa hai provato la prima volta che hai visto un tuo primo piano? Valeria Solarino: Grande imbarazzo, ma anche adesso mi imbarazzo molto. Quando sento la mia voce mi fa un effetto strano. Sto sempre a guardare i miei difetti, è tutto molto strano. Non so per quale ragione faccio l'attrice e non lo voglio sapere, ma questo lavoro mi permette di vivere in fondo le emozioni, cosa che nella vita non accade mai. Il set è liberatorio perché attraverso il filtro di un altra identità puoi dare sfogo a ciò che hai represso nella tua vita.

Vinicio, tu perché hai scelto di fare l'attore? Vinicio Marchioni: Per un milione di motivi. Ho fatto tanti mestieri per vivere, dal cameriere all'aiuto cuoco, dal gonfiatore di palloncini alle feste per bambini al garzone di bottega, ma questo è quello che mi è rimasto addosso. Penso che quello dell'attore sia un mestiere molto importante. Lo faccio perché ho amato il cinema degli anni '50 e perché sul set la mia vita cambia. Non ho attori feticcio, ma di solito amo quelli che non vengono ricordati mai.

Romanzo criminale ti ha regalato tanta popolarità. Hai temuto di rimanere imprigionato nel personaggio del Freddo? Come hai familiarizzato con l'epoca degli anni '70 in cui eri piccolissimo? Vinicio Marchioni: Questa serie è stata un'esperienza incredibile a livello umano prima che professionale. Lì dentro c'erano un gruppo di attori che avevano una fame della Madonna e si ritrovavano insieme per studiare le scene. Sono felice che quel gruppo di lavoro sia diventato un gruppo di amici. Per quanto riguarda l'epoca mi sono andato a rivedere tutte le foto dei miei e ho cercato di riscoprire quel mondo, ma non sono un attore che rimane legato ai personaggi. Quando finisce un lavoro butto via tutto, non conservo né costumi né sceneggiature. Non mi aspettavo che il personaggio del Freddo avrebbe avuto questo successo incredibile, ma ho rifiutato tutti i cloni della serie che mi venivano offerti. Sta anche a un attore pilotare la propria carriera. Io sono stato fortunato perché subito dopo la fine della serie mi hanno offerto Venti sigarette.

Quale è il segreto del successo di Romanzo crminale a livello di scrittura? Vinicio Marchioni: Lo script è meraviglioso e questo è un dato di fatto, ma è difficile capire come mai il pubblico si schieri dalla parte dei criminali. Questo forse deriva dal fatto che i cattivi, da Shakespeare in poi, sono sempre più affascinanti dei buoni. La rappresentazione del male è catartica.

Cosa pensate che il vostro lavoro regali al pubblico? Vinicio Marchioni: Questa è una di quelle domande a cui, con i miei tempi di elaborazione, risponderò nella prossima edizione. Quello che posso dire è che ogni volta che vado a un incontro pubblico o a un'anteprima del mio film e vedo che il pubblico è venuto e ha pagato il biglietto rimango stupito perché nella vita non sono una persona tanto interessante. Per questo vorrei solo ringraziare tutti coloro che mi seguono.

Hai mai temuto che il successo di Romanzo criminale, in tempi difficili come questi, crei un effetto di emulazione? Vinicio Marchioni: Noi che abbiamo lavorato alla serie abbiamo ben presente tutto questo, ma il problema dell'emulazione e della responsabilità è complesso. Io sento la responsabilità dei personaggi che interpreto ma quando si fa un film o una serie non si pensa a diffondere un messaggio. Si pensa a creare un'opera d'arte, un prodotto. L'impatto che avrà sul pubblico è difficile da prevedere.