Va ora in onda... 60 anni di televisione!

Il 3 gennaio del 1954, la prima trasmissione televisiva in Italia, l'inizio di una storia lunga e a tratti appassionante che ci ha tenuti incollati al piccolo schermo, raccontando i piccoli e grandi avvenimenti nazionali ed internazionali.

E' entrata nelle nostre vite 60 anni fa, in una fredda giornata di gennaio del 1954, riscaldata dalla luce di quel misterioso apparecchio che trasmetteva immagini e suoni da ogni parte del mondo. D'accordo, ci stiamo lasciando andare alla poesia, ma la ricorrenza è di quelle importanti e in fondo ci piace celebrare il compleanno della televisione italiana, mass media infernale con cui tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo confrontati, anche solo per insultare la volgarità di certi programmi, o per 'benedire' la sua capacità di unire e informare. Nel 1954, dunque, va in onda la prima trasmissione televisiva italiana grazie alla RAI - Radio Televisione Italiana che seppe far fruttare gli esperimenti compiuti negli anni '30 dall'EIAR.

Fulvia Colombo, la prima di un lungo elenco di Signorine buonasera, legge l'annuncio con encomiabile aplomb ("La Rai, Radiotelevisione Italiana inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive'') e dà il via ad una giornata caratterizzata dal Telegiornale e da La domenica Sportiva. Passano molti anni prima che il televisore diventi un bene per tutti - nel 1954 gli apparecchi televisivi sono circa 88.000, diventeranno 643.000 solo nel 1963 - ma già nel 1957 il territorio è raggiunto dal segnale televisivo, opportunità che in termini commerciali viene sfruttata con l'arrivo di Carosello. Nel 1961 nasce il Secondo Canale, arrivano le prime reti televisive straniere (Telemontecarlo, che trasmetteva dal Principato di Monaco, TSI, dedicato agli abitanti italofoni del Canton Ticino, e TV Koper Capodistria) e le reti televisive che trasmettono via cavo a livello locale. Nel 1974 viene approvata la legge che legalizza tutte le reti televisive via cavo, anche se il monopolio resta saldamente in mano alla RAI; per arrivare a trasmissioni via etere legali, ovvero solo ed esclusivamente a livello locale, bisogna attendere il 1976. Nel 1977 la TV trasmette a colori e due anni dopo arriva il Terzo Canale. Negli anni '80 la grande rivoluzione con l'arrivo di Silvio Berlusconi, imprenditore milanese, che getta le basi del suo impero 'aggirando' il divieto di fare trasmissioni a livello nazionale, sfruttando con una syndication, una serie di emittenti locali del nord e poi espandendosi in tutta Italia con la sua rete, Canale 5; stesso meccanismo usato da Mondadori con Rete 4 e Rusconi con Italia 1. Momentaneamente dichiarati illegali, i tre network riprendono a funzionare regolarmente nel 1985, grazie alla legge che permette loro di trasmettere a livello nazionale (governo Craxi). Berlusconi acquista Italia 1 e Rete 4, ma rinuncia ad Italia 7 per effetto della legge Mammì, un provvedimento che impedisce ad un'azienda privata di possedere più di tre reti televisive. Nel 1990 si apre il sipario su tre nuove reti, Tele+1, Tele+2 e Tele+3, ognuna con diversi campi di appartenenza (cinema, sport e cultura e intrattenimento), le cui trasmissioni vengono critptate a partire dal 1991. E' il primo passo verso le pay tv, emittenti a pagamento che forniscono programmi e contenuti ad hoc; l'arrivo del digitale terrestre, poi, con la diversificazione ulteriore dei canali, completa la rivoluzione.

I quattro moschettieri

Chi furono i pionieri della tv? Molti uomini della radio e non stupisca la risposta, perché in quegli anni le grandi sperimentazioni linguistiche e drammaturgiche avvenivano dietro ad un microfono ed era logico che personaggi del calibro di Enzo Tortora e Corrado Mantoni arrivassero anche in tv. Negli anni '50 sono due però i volti più amati dal pubblico, Mike Bongiorno, eroe del quiz con il leggendario Lascia o Raddoppia? (1955) e Mario Riva, straordinario padrone di casa di Il Musichiere (1956), show che merita uno spazio tutto suo. E' un periodo di verifica delle capacità del nuovo mezzo che con il passare del tempo, e grazie proprio alla presenza di certi personaggi e programmi, diventa fondamentale per unire culturalmente e linguisticamente il Paese. Conosciamoli, allora questi quattro moschettieri della tv che solo Mina fu in grado di radunare in una storica puntata di Sabato Sera ("Pippo Baudo ha surclassato Danny Kaye e Corrado è stato chic, come non mai...", cantava la Tigre di Cremona sulle note di Quando dico che ti amo).

Enzo Tortora

Pochi giri di parole, Enzo Tortora è stato tra gli antesignani della nostra televisione e non solo per l'inconfondibile firma su programmi come Telematch e Campanile Sera, ma anche per la lungimiranza di certe sue scelte; nel 1969, licenziato dalla Rai per averne duramente criticato la dirigenza, decide di impegnarsi con la tv via cavo, diventando il vicepresidente della prima tv via cavo italiana, Tele Biella. E' nel 1977, però, anno di nascita di Portobello (Il mercatino del venerdì) che Tortora realizza uno dei più grandi successi che la tv italiana abbia mai conosciuto, uno show indimenticabile che sarebbe diventato col tempo un modello da imitare. Ricordiamo tutti gli inserzionisti che portavano in scena i loro blislacchi brevetti e cervellotiche invenzioni; durante la trasmissione contrattavano i propri manufatti con ipotetici acquirenti, dando vita ad uno show in cui a dominare incontrastato era il grande presentatore; padrone di casa, gran cerimoniere, Tortora gestiva quel via vai di personaggi con enfasi studiata e ironia, inaugurando la stagione della "tv verità", categoria che si sarebbe imbarbarita con il passare degli anni e con l'arrivo di conduttori incapaci di essere genuini.

Corrado

A pochi artisti viene concesso il privilegio di presentarsi solo col proprio nome, Corrado Mantoni, Corrado, è uno di questi. Voce unica, impeccabile nei modi, ironico e sornione, il conduttore e autore capitolino si è messo alla prova, e sempre con risultati eccellenti, sia in radio, dove inizia a lavorare negli anni '40, creando successivamente uno dei programmi più fortunati La corrida, che in televisione. Debutta in Rai negli anni '60, diventando in poco tempo il 'bravo presentatore'. Suo il volto di trasmissioni amate come Domenica In, Il pranzo è servito e naturalmente La corrida, portata al successo anche su Canale 5, con buona pace dei temerari concorrenti che venivano tutti bonariamente presi in giro da Corrado. A lui si perdonava tutto.

Pippo Baudo

Considerato il simbolo della vecchia televisione, Pippo Baudo è in realtà uno dei professionisti più seri della tv italiana. Suo è il primato di conduzioni del Festival di Sanremo, ben 13 (indimenticabile la toccata e fuga di Roberto Benigni). La musica evidentemente gli porta molto bene perché grazie al quiz musicale Settevoci riuscì a debuttare in tv nel febbraio del 1966; la leggenda narra del mancato arrivo di una bobina con la puntata di Rin Tin Tin, sostituita proprio dalla messa in onda della puntata registrata a Milano del programma. Baudo ha spaziato in ogni campo, conoscendo anche delle crisi profonde, ma rimanendo sempre battagliero. E da febbraio tornerà in pista con un programma nuovo di zecca.

Mike Bongiorno

E' veramente necessario scrivere di Mike Bongiorno in questo excursus sui personaggio chiave della tv italiana? O forse non risulta fin troppo semplice, quasi inutile. La verità è che nessun resoconto, per quanto sintetico possa essere, può prescindere dalla figura di Bongiorno. Mike era IL presentatore televisivo per eccellenza, il re indiscusso del Telequiz, che ha portato in Italia portandolo a livelli di notorietà inimmaginabili (Lascia o raddoppia?, Rischiatutto, Telemike, La ruota della fortuna); gaffeur di prima classe, Bongiorno è stato il primo volto celebre della tv commerciale, restando fedele al gruppo Mediaset fino al 2008, anno in cui si sono interrotti i rapporti professionali con le reti del Biscione. Proprio in un'intervista a Fabio Fazio in Che tempo che fa, rilasciata quattro mesi prima di morire, Mike ammise di essere stato licenziato senza preavviso. Quando si pensa a Mike, dunque, non si può ignorare Lascia o Raddoppia?, primo show cult della tv italiana ("La trasmissione che ha dato identità alla televisione", afferma il critico televisivo del Corriere della Sera, Aldo Grasso) e primo programma a proporre al pubblico la figura del concorrente esperto, uomini e donne in grado di affermarsi grazie ad una competenza specifica.

E dopo Carosello, tutti a nanna

Carosello, ovvero quando lo spettacolo diventa uno strumento di marketing. In onda dal 3 febbraio 1957, fino al primo gennaio del 1977 (e riproposto pochi mesi fa, senza grosso successo), il programma fece epoca, diventando in poco tempo un veicolo fondamentale per aumentare i consumi in un'Italia che stava per farsi travolgere dal boom economico dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. 7.261 gli episodi mandati in onda, dei veri e propri cortometraggi, con poca attinenza al prodotto pubblicizzato e forse proprio per questo più incisivi; si dava importanza al contorno, insomma, senza dare l'impressione di voler vendere qualcosa. Poi, come per uno strano incantesimo, quel prodotto finiva per inchiodarsi ai neuroni. Show di culto, terreno fertile per i nostri grandi disegnatori, da Nino e Toni Pagot a Gino e Roberto Gavioli, Carosello è stato uno dei primi programmi genuinamente popolari, in grado di trasformare le grandi stelle (persino Orson Welles fece uno spot) in piacevoli presenze quotidiane. Per far scattare la magia bastava un sipario aperto e una tarantella napoletana (stessa sigla per vent'anni).

Sportivamente parlando

In quel famoso 3 gennaio del 1954, il primo programma trasmesso dalla RAI fu La domenica sportiva, ad ulteriore riprova dell'atavico amore degli italiani per il calcio e non solo. La televisione, infatti, è stato forse il mezzo principale che ci ha permesso di seguire i principali eventi sportivi degli ultimi anni. Ripensate alle edizioni dei Giochi Olimpici che più vi hanno appassionato, ma non solo. L'oro di Alberto Cova conquistato nei 10.000 metri ai mondiali di Helsinki del 1983 è indissolubilmente legato alla telecronaca di Paolo Rosi ("Che ci importa del tempo, Cova ha trionfato"), così come la vittoria olimpica dei fratelli Abbagnale a Seul, accompagnata dall'arrembante telecronaca di Giampiero Galeazzi. Italia-Germania 4-3, semifinale di Messico '70 non sarebbe stata la stessa cosa senza la telecronaca di Nando Martellini (la finale contro il Brasile di Pelè, lo sapete, non si è mai giocata...); identico discorso possiamo fare per il Mundial 82 e quello del 2006. Il campionato mondiale che si è giocato in Germania è stato raccontato per la prima volta anche da Sky, con una squadra di telecronisti agguerriti capitanati da Fabio Caressa. Una piccola rivoluzione culturale diventata sempre più rivelante con l'arrivo dei canali dedicati sulle piattaforme satellitari. Nella variegata e complessa storia dei diritti televisivi (in chiaro) del calcio ci sono delle tappe che non possono essere saltate. La prima è quella che nel 1970 vede il debutto della trasmissione cult del calcio in tv, 90° minuto, un programma condotto in studio da Paolo Valenti che grazie agli inviati sui campi permetteva ai tifosi di vedere per la prima volta i gol della propria squadra. Personaggi come Tonino Carino e Luigi Necco sono entrati a far parte della nostra memoria collettiva; il monopolio della RAI è stato contrastato a fine anni '90 da TeleMontecarlo, che lanciò una rampante Alba Parietti grazie a Galagoal. Nel 2005 Mediaset mette le mani sui diritti del calcio in chiaro (solo nel 2008 la RAI tornò ad appropriarsi dei diritti). Dal 2012, infine, Cielo si è proposta come nuovo palcoscenico calcistico della domenica pomeriggio.

Tv e sorrisi

Difficile far risalire ad un anno specifico l'inizio dei programmi comici in televisione, possiamo però desumere che uno show come Il musichiere, che certo comico non era, era comunque pervaso dallo spirito leggero e divertente del suo grande conduttore Mario Riva. La storia della comicità in tv è essenzialmente quella dei grandi autori che hanno firmato dei veri e propri show di culto e dei grandi comici che in quella fucina di talenti hanno trovato il proprio spazio. Se nei primi anni della tv si puntava essenzialmente sulla riconoscibilità e sulla grandezza del nome - le incursioni di Totò, Peppino De Filippo e il suo Pappagone, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, le parodie letterarie del Quartetto Cetra nella Biblioteca di Studio 1 - considerando il comico come prezioso ornamento di un programma già definito, a partire dagli anni '70 il panorama viene rivoluzionato da quei pionieri televisivi come Enzo Trapani e Antonello Falqui che seppero sfruttare gli anni della Riforma per sperimentare nuovi format. Non Stop, ideato da Pippo Baudo e Giancarlo Magalli nel 1977, con la regia di Trapani, fu il più sconvolgente programma dell'epoca; nessun conduttore, nessun canovaccio da seguire, lo show era una sorta di caos organizzato, in cui i volti nuovi dei teatri off venivano messi in luce. E l'elenco è da brividi: La Smorfia, ovvero Massimo Troisi, Enzo De Caro e Lello Arena, Carlo Verdone, i Giancattivi di Francesco Nuti, Athina Cenci e Alessandro Benvenuti, Enrico Beruschi, Marco Messeri. E che dire di uno show come Al Paradise, firmato da Antonello Falqui e Michele Guardì, un programma che ebbe l'ardire di rompere la consueta liturgia del sabato sera trasformando il palco in un grande circo, gestito da Oreste Lionello. Sul finire degli anni '80 su Rai Tre arrivano le splendide protagoniste della Tv delle ragazze, programma satirico tutto al femminile condotto da Serena Dandini, ideato assieme a Valentina Amurri e Linda Brunetta, in cui si prendeva in giro la tv italiana; da questo gruppo agguerrito di autrici sono nati poi show memorabili come Avanzi e Tunnel.

Ricci e capricci

Dall'altra parte delle frequenze il deus ex machina ha un solo nome, Antonio Ricci. Ricci si è fatto le ossa in Rai in programmi come Fantastico, e come Te la do io l'America e Te lo do io il Brasile, condotti entrambi da Beppe Grillo, ma la sua vis comica si realizza pienamente nella terra del Biscione. L'anno zero è il 1983 quando su Italia 1 compare Drive In. Come Non Stop per la Rai, Drive In ha rappresentato un punto di svolta della comicità in tv, rivoluzionando il palinsesto della domenica sera, lanciando tormentoni e nuovi comici (Francesco Salvi, Giorgio Faletti, Teo Teocoli, la Gialappa's Band, solo per citarne alcuni). Fiore all'occhiello della tv commerciale, Drive In fu anche il primo programma di prima serata a puntare su donne poco vestite (le ragazze fast food, le cassiere Carmen Russo, Lory Del Santo e Tinì Cansino). Ricci è stato anche il papà di programmi di nicchia come Lupo Solitario e Matrjoska, colonizzò la prima serata di Canale 5 con Odiens (se vi diciamo La notte vola, inizierete a ballare e a fare il segno della farfalla con le mani) e, soprattutto, impresse una svolta alla fascia preserale creando Striscia la notizia, telegiornale satirico amatissimo dal pubblico che gli ha accordato la credibilità di un vero TG.

Casa Vianello-Mondaini
Una coppia però ha segnato la tv italiana con le gag e gli imperituri battibecchi, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Attori di razza, interpreti straordinari, Sandra e Raimondo si sono appropriati del piccolo schermo con la grazia dei grandi; il primo a mettere piede in tv fu proprio Raimondo che assieme a Ugo Tognazzi diede vita ad uno show innovativo per l'epoca, quell'Un due tre, datato 1954, che li rese protagonisti di sketch esilaranti, memorabile quella del 1959 in cui il duo prese in giro l'allora Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, reo di essere caduto a terra dalla sedia sottrattagli dall'omologo francese De Gaulle. Sandra accompagna il marito davanti alle telecamere a partire dal 1963 (un anno dopo il loro matrimonio), nel programma Il giocondo. La popolarità arriva negli anni '70 con Tante scuse, Di nuovo tante scuse, Noi...no!, Stasera niente di nuovo, Attenti a noi due. Poi l'arrivo a Mediaset con il battesimo di una serie cult come Casa Vianello durata ben 10 anni. La sintesi? Lui legge a letto La gazzetta dello sport e lei scalcia lamentandosi per "la vita vuota"
Arbore&Boncompagni, dalla radio geniale alla tv geniale
Non si può parlare di storia della televisione, senza mettere in risalto il talento anarchico di un duo come quello formato da Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, due personaggi che hanno cambiato il modo di concepire la tv, sfruttando meglio di chiunque altro la palestra radiofonica. E' in radio infatti che la coppia si propone come voce altra rispetto agli standard dell'epoca, con show come Bandiera gialla, Per voi giovani e Alto gradimento (1965, 1977, 1970) che avrebbero accompagnato gli anni della contestazione. Arbore e Boncompagni insomma intuiscono l'importanza dei tempi e creano di fatto il pubblico dei giovani, rendendoli al contempo protagonisti e principali destinatario dei loro programmi televisivi. In Speciale per voi (1969-1970), i cantanti vengono messi alla berlina e bombardati dalle irriverenti domande dei ragazzi in studio (memorabile lo scontro tra Lucio Battisti e un ragazzo che lo accusava di non avere doti vocali rilevanti). E' negli anni '80, però, dopo la rottura del sodalizio con Boncompagni, che Arbore firma alcuni dei programmi di culto della RAI, come Quelli della notte e Indietro tutta!, show comici che oltre a proporre personaggi e tormentoni, riflettono ironicamente sul ruolo della televisione, prendendone in giro i meccanismi più consolidati (i quiz, ad esempio). A guardare oggi le puntate di Indietro tutta non sembrano passati più di vent'anni.
Con Arbore e Boncompagni quindi si accendono i riflettori sulle nuove generazioni, attitudine che Boncompagni ha esaltato (talvolta maliziosamente) con programmi come Non è la RAI. Aretino, classe 1932, Gianni Boncompagni è senz'altro una delle colonne della nostra televisione; si è già scritto del sodalizio artistico con Arbore, ma anche la carriera in solitario non è stata da meno, basti elencare programmi come Discoring, Pronto, Raffaella?, Pronto, chi gioca? e le 'nuove' versioni di Domenica In, condotte da Edwige Fenech, Marisa Laurito ed Enrica Bonaccorti, in cui per la prima volta figurano "le ragazze", ovvero una platea rumorosa (e fastidiosa) di ragazzine vestite alla stessa maniera. E' l'anticipazione di quello che sarebbe andato in onda sulla Fininvest nel 1991. Al grido di "Ma com'è bello qui, ma com'è grande qui, ci piace troppo ma... Non è la Rai! ", Boncompagni colonizza il pomeriggio di Canale 5 e Italia 1 (per la prima volta in diretta) lanciando personaggi come Ambra Angiolini (telecomandata via auricolare), Laura Freddi, Sabrina Impacciatore (e decine di altre starlette, più o meno di talento). Il successo di pubblico è impressionante, così come quello commerciale (dischi, gadget, abbigliamento, tutto viene venduto), ma Non è la RAI rappresenta forse il punto di non ritorno della tv italiana.

Bontà sua, il talk show secondo Maurizio Costanzo

Abbiamo spesso usato il termine pioniere in questo nostro excursus sulla tv italiana, al di là della retorica, Maurizio Costanzo può a buon diritto essere considerato un caposcuola della nostra tv, firmando il primo talk-show di casa nostra, Bontà loro, esperimento che affina e migliora fino all'arrivo del notissimo Maurizio Costanzo Show. La formula del successo è nota: prendere un gruppo di personaggi dalle spiccate personalità, lievemente rissosi, intelligenti quanto basta, metterli insieme in un salotto (o su un palcoscenico) e aspettare che la reazione chimica trasformi i singoli elementi in un composto esplosivo; tutto questo grazie all'attività minuziosa del conduttore, alla sua ironia, alla capacità di gestire i tempi della narrazione. In fondo quello che andava in scena dal Teatro Parioli era un vero e proprio racconto, con la sua bella trama, i capitoli, gli eroi e gli anti-eroi.

L'informazione

Mezzo di comunicazione privilegiato per raccontare gli eventi quotidiani, grazie alla capacità di far vedere quanto succede, la televisione ha sfornato programmi di informazione di grande qualità, oltre a narrare eventi chiave della storia contemporanea. Nel 1969 (la notte più lunga della televisione italiana) lo sbarco sulla Luna viene raccontato dal grande Tito Stagno che 'litiga' in diretta con Ruggero Orlando sulla tempistica dell'allunaggio da parte di Neil Armstrong. Nel 1978 Paolo Frajese è il cronista che narra il rapimento di Aldo Moro a via Fani; tre anni dopo le telecamere seguono in diretta televisiva per 18 ore le operazioni di soccorso per il piccolo Alfredino Rampi, il bambino di sei anni, morto in seguito alla caduto in un pozzo artesiano, non lontano da casa. Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio 1991, Emilio Fede tiene a battesimo su Italia 1 il primo telegiornale in diretta di Fininvest (Studio Aperto), annunciando l'inizio della Guerra del Golfo, teletrasmessa in ogni angolo del globo. E in questo elenco non possiamo non inserire la Strage di Capaci del 1992 in cui muoiono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, evento che dà inizio ad una stagione del terrore segnata anche dalla morte di Paolo Borsellino e dagli attentati di via dei Georgofili a Firenze e di via Fauro; in questo caso l'obiettivo è stato Maurizio Costanzo, reo di aver condotto assieme a Michele Santoro una maratona televisiva a reti unificate contro la mafia, a un mese dall'omicidio di Libero Grassi. Altro personaggio di spicco dell'informazione italiana è stato Enzo Biagi; memorabile, tra gli altri, il programma di approfondimento quotidiano, Il fatto, nato nel 1995, programma d'eccellenza della nostra tv, colpito dal famoso editto bulgaro nel 2002, quando l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi accusa il giornalista ferrarese, Michele Santoro e il comico Daniele Luttazzi di "uso criminoso della tv pubblica", sancendo di fatto l'allontanamento dei tre dai palinsesti RAI. Non sarà mai allontanato dalla RAI, invece, Bruno Vespa, testimone del "contratto con gli italiani" che Silvio Berlusconi sigla a Porta a Porta nel 2001. Con l'esplosione di internet, la copertura totale e in tempo reale dei fatti politici e di cronaca passa ai canali All News come Sky Tg 24 o Rai News 24.

I grandi divulgatori, Piero Angela e il caso Quark, Alberto Manzi e il tuttologo Cutolo

La televisione, specialmente agli inizi, svolge un ruolo specifico nella unificazione culturale e linguistica del Paese; negli anni '50 l'analfabetismo era ancora molto diffuso e il dialetto era l'unica lingua che si conosceva. Ecco che programmi come Non è mai troppo tardi, condotto dal maestro e pedagogo Alberto Manzi, riescono a coniugare l'interesse per quel mezzo nuovo alla necessità di imparare a leggere e scrivere. La tv diventa presto veicolo di sapere, mezzo per accrescere la propria conoscenza, come dimostrava un altro piccolo cult degli albori televisivi, Una risposta per voi, condotto dal professor Alessandro Cutolo, ordinario di Storia Medievale all'Università La Sapienza e diventato personaggio amatissimo dal pubblico, come dimostrarono le successive partecipazioni a film come I complessi, al fianco di Alberto Sordi. Il più grande divulgatore scientifico che l'Italia abbia mai conosciuto è Piero Angela, mirabile esempio di conduttore preparato e mai pedante. Annoiato dalla scuola, Angela ha fatto proprio il motto latino, ludendo docere (insegnare divertendo), firmando dei programmi di approfondimento tra i più celebri del piccolo schermo come Quark e Superquark. Ancora oggi gli speciali trasmessi in prima serata da Rai Uno riescono a conquistare il pubblico, segno della sua straordinaria capacità di intrattenere la platea di casa con competenza ed eleganza.

La tv dei ragazzi

La televisione ha dedicato un grandissimo spazio ai più piccoli con programmi creati ad hoc, trasmessi nella fascia pomeridiana del palinsesto. Mago Zurlì, alias Cino Tortorella, era il re incontrastato dello Zecchino d'oro assieme a Topo Gigio, solo per nominare un programma seguitissimo da grandi e bambini. Ma Cino Tortorella è stato anche un regista di spicco, come dimostra Chissà chi lo sa? quiz per ragazzi condotto da Febo Conti e Scacco al re, presentato da Ettore Andenna. E' stato Bim Bum Bam invece il fiore all'occhiello delle reti private (circuito di tv locali facenti capo a Rusconi prima, Italia 1 dopo), un contenitore pomeridiano in cui i cartoni animati erano inframezzati da piccoli siparietti condotti da un implume Paolo Bonolis e successivamente anche da Licia Colò.

L'aria del sabato sera

Quando la tv indossava smoking e abito da sera gli italiani venivano catapultati in un mondo da favola; i programmi del sabato sera erano in genere associati alla Lotteria Italia, ovvero al sogno di diventare milionari. Il pubblico seguiva in trepidante attesa l'arrivo del fine settimana per vedere uno show traboccante di lustrini e paillettes e allo stesso tempo coltivare la speranza di cambiare vita. Tutto questo in un paio d'ore di programma. Studio 1, introdotto dal Da-da-un-pa delle gemelle Kessler, Canzonissima, Scala reale e poi Fantastico (edizione cult, quella del 1987 con Adriano Celentano, figlio della foca) sono stati gli show che hanno dato il via alla stagione più ricca della Rai; scenografie imponenti facevano da sfondo a balletti memorabili. Le grandi stelle della musica e dell'intrattenimento brillavano di luce propria. Sembra delittuoso citarne alcuni a scapito di altri, ma non possiamo evitare di citare i rivoluzionari Dario Fo e Franca Rame (Canzonissima 62), Gino Bramieri, Paolo Panelli, Walter Chiari. Fino al 1991, annus horribilis di Rai Uno con l'edizione di Fantastico condotta da Raffaella Carrà e Johnny Dorelli, la prima serata del sabato era segnata. Poi il cambio di passo con l'arrivo di programmi (Scommettiamo che...?) in cui lo spettacolo tradizionalmente inteso veniva messo da parte in favore di uno show meno costruito, ma anche meno coinvolgente. La novità arriva a fine anni '90 con la Carrà e il suo Carramba, Che sorpresa!; ancora una volta la Raffa Nazionale ha saputo creare un precedente vincente e ci dà l'occasione di scrivere delle grandi donne della nostra televisione, le soubrette che hanno segnato un'epoca, scatenando anche gli agguati della censura.

Gli uomini preferiscono le bionde (Raffa, Heather e affettuosamente le altre)

Paragonato a quanto si vede oggi in televisione, lo scandalo dato da Raffaella Carrà con il Tuca Tuca ci fa solo sorridere ma spiega bene quale fosse il grado di modernità di un Paese stritolato dalla politica e dal comune senso del pudore. Al di là di questo, la Carrà è stata assieme a Delia Scala, (radiosa stella di Canzonissima dal '59 al '62) la soubrette più completa e audace che la nostra tv ricordi, acquistando negli anni credibilità e consensi (anche a Canale 5, dove approdò nel 1987), creando di fatto nuovi spazi e linguaggi; Pronto, Raffaella? inventò la fascia pre pranzo, trasformando il talk show in spettacolo familiare. Che gli italiani abbiano sempre preferito le bionde in tv lo dimostra la presenza costante di altre showgirl straordinarie come Loretta Goggi o come Mina. E se torniamo in dietro con la memoria ai tempi in cui da bambina si sognava il palcoscenico, la presa sicura di un ballerino e un costume coloratissimo, è a Heather Parisi che pensiamo, l'americana che debuttò in Luna Park, fece da terzo incomodo tra Sandra e Raimondo in Stasera niente di nuovo, diventando in poche parole la più brava di tutti. E' stata troppo poco con noi Stefania Rotolo, ma tanto le è bastato per rimanere nel cuore del pubblico italiano. Gigantesca anche la trasformazione di Lorella Cuccarini, tenuta a battesimo dal più grande Pigmalione della nostra televisione, Pippo Baudo, era una 'semplice' prima ballerina, vedette di Fantastico 6 e Fantastico 7, ma già da allora (per le due omologhe more, Galyn Gorg e Alessandra Martines c'è stato poco da fare) si capiva che sarebbe sbocciata; il terreno fertile lo ha trovato in Fininvest-Mediaset dove, anno dopo anno, ha conquistato il galloni di prima donna, in show come Odiens, Paperissima e Buona domenica.

Domenica è sempre domenica
Il settimo giorno gli italiani riposavano. Per gli sportivi più accaniti il rituale prevedeva Tutto il calcio minuto per minuto (o una puntata allo stadio); tutti gli altri invece si dovevano accontentare degli show in tv. E accontentarsi forse non è il termine più adatto visto che tra gli autori di un programma di culto come Quelli della domenica, datato 1968, figurava un genio assoluto come Marcello Marchesi. L'attualità non era di scena, ma veniva dato spazio a giovani talenti comici come Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto e Paolo Villaggio che proprio in quella sede creò Il professor Kranz e Fracchia. Sempre su Rai Due, ma nel 1976 piombò Renzo Arbore con una delle sue creazioni rivoluzionare, L'altra domenica, contenitore anarchico in cui figuravano Roberto Benigni, Andy Luotto, Milly Carlucci, impreziosito dai cartoni animati di Guido Manuli e Maurizio Nichetti. Innovativi, forse troppo per il giorno dedicato ad un morigerato relax. Così a distanza di qualche mese Rai Uno risponde gettando in campo un pezzo da novanta come Corrado, conduttore (e creatore del titolo) di Domenica In. Per la prima volta nella storia della televisione un programma durava per ben sei ore, coprendo l'intera fascia pomeridiana. Domenica In veniva inframezzata da telefilm e altri programmi monotematici come Discoring e 90° minuto. Nel 1985 anche Canale 5 decide di puntare sullo stesso format affidandosi alle capacità di Maurizio Costanzo e a quelle del veterano Corrado, creando così Buona domenica.

Reality, Grande Fratello e i suoi fratelli

Ispirato al romanzo di George Orwell, 1984, Grande Fratello, è il primo reality della nostra televisione, capostipite di una lunga serie di 'cloni'. Diventato in breve tempo uno dei fenomeni di costume più pervasivi degli ultimi anni, il programma debutta nel 2000 su Canale 5, con tutte le polemiche relative alla legittimità o meno di vedere tutto (anche due concorrenti che si abbandonavano alla passione davanti alle telecamere, per la cronaca si trattava di Cristina Plevani e Pietro Taricone); il programma spiava 24 ore su 24 un gruppo di persone/personaggi, rinchiusi in una casa ricostruita in uno studio televisivo. Visibile senza tagli sui canali satellitari a pagamento e poi su quelli del digitale terrestre, lo show viveva il momento clou anche in prima serata in chiaro, con la conduzine di Daria Bignardi, Barbara D'Urso e poi Alessia Marcuzzi. Da quel fatale giorno RAI e Mediaset hanno tentato di accaparrarsi un numero sempre maggiore di reality, non sempre ottenendo il successo che ci si aspettava. L'emittente di Stato ha puntato tutto su L'isola dei famosi (ovvero come un gruppo di vip fronteggia fame e amenità varie su un'isola deserta) e Pechino Express, Mediaset ha risposto con programmi di minor impatto rispetto a Grande Fratello, ma ugualmente seguiti come La Talpa e La fattoria.

Nati da una costola dei reality, i talent show hanno mutuato il meccanismo del Grande Fratello, puntando però l'attenzione su concorrenti con spiccate capacità artistiche, desiderosi di emergere. Una sola è la regina incontrastata dei talent, Maria De Filippi (madre di Uomini e Donne e C'è posta per te), creatrice del format Amici, la prima scuola televisiva per aspiranti cantanti, ballerini e attori. Dal 2001 ad oggi il pubblico ha trepidato per le piroette di Anbeta Toromani o i gorgheggi di Marco Carta, Emma Marrone e Alessandra Amoroso, diventati in seguito artisti molto amati dal pubblico. Altro talent d'eccellenza è X Factor, nato su Rai Due nel 2008 e poi approdato su Sky Uno nel 2011, stessa emittente di un altro programma di culto degli ultimi anni, quel Masterchef che continua a conquistare spettatori, edizione dopo edizione.

Dagli sceneggiati televisivi, alle serie

Rimpianti dal pubblico, i grandi sceneggiati televisivi attraevano i telespettatori come una grande calamita. I romanzi dell'800 (e non solo) vivevano nelle messe in scena di Anton Giulio Majano e usiamo il termine non a caso vista la loro impostazione teatrale; alcuni di questi lavori (Piccole donne, Cime tempestose, Jane Eyre, L'isola del tesoro) sono stati trasmessi addirittura in in diretta, a riprova della bravura e della preparazione degli interpreti e di tutto il comparto tecnico. Majano detta legge anche negli anni '60 con lavori epocali come David Copperfield e La cittadella, senza dimenticare La freccia nera, con una giovanissima Loretta Goggi e Il tenente Sheridan con Ubaldo Lay nei panni del detective col trench. Erano gli anni dei Promessi Sposi di Sandro Bolchi, con Nino Castelnuovo e Paola Pitagora nei panni degli innamorati nati dalla penna di Alessandro Manzoni, del Giornalino di Gian Burrasca, una deliziosa Rita Pavone, e delle Inchieste del Commissario Maigret con Gino Cervi. Negli anni '70 la proposta inizia a diversificarsi e gli italiani vengono attratti da serial d'Oltreoceano come Happy Days e Mork e Mindy, solo per citarne due. La produzione di casa nostra sembra fermarsi, ma una produzione come La famiglia Benvenuti getta in realtà le basi per le fiction moderne. Esplode sulla tv commerciale il fenomeno cult degli anni '80, I ragazzi della Terza C, serie televisiva trasmessa da Italia 1, ambientata in un liceo romano, in cui imperversavano il pluriripetente Chicco Lazzaretti (Fabio Ferrari) e i suoi amici. Se negli anni '90 su Rai Uno Il maresciallo Rocca e Un medico in famiglia, gli anni 2000 iniziano nel segno di Don Matteo, il prete detective che riporta al successo Terence Hill e di Elisa di Rivombrosa, serie di Canale 5 che riporta in auge il buon vecchio romanzo d'appendice. Ma sono le famiglie allargate a ipnotizzare il pubblico, come dimostrano i successi di I Cesaroni su Canale 5 e Tutti pazzi per amore su Rai Uno (entrambi prodotti dalla Publispei).

Il Musichiere
Se vi dicessimo Name that tune probabilmente ci guardereste con espressione stranita, ma se vi parlassimo di Il musichiere non avreste più alcun dubbio. Condotto da Mario Riva dal 1957 al 1960, lo show fu uno dei più seguiti all'epoca, un quiz in cui i concorrenti, seduti su una sedia a dondolo, dovevano scattare, suonare la campanella e indovinare con meno note possibili il motivo intonato dall'orchestra diretta da Gorni Kramer. I testi di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, i padri della commedia musicale italiana, la naturale simpatia del conduttore, la grandezza degli ospiti (passarono tra gli altri Totò, Josephine Baker, Gary Cooper, Fausto Coppi e Gino Bartali, diventati cantanti per l'occasione) trasformarono il programma in un appuntamento fisso per gli italiani. Tra le vallette dell'epoca, Lorella De Luca e Alessandra Panaro (le cognatine di Poveri ma belli), Patrizia De Blanck, la contessa ospite fissa di molti show di Piero Chiambretti, e la Miss Italia Brunella Tocci.

Grazie dei fior (Il Festival della Canzone Italiana - Sanremo)

Poche trasmissioni come Il Festival della Canzone Italiana di Sanremo sanno catalizzare l'attenzione del pubblico italiano; nato nel 1951 su idea di Angelo Nicola Amato e Angelo Nizza, rispettivamente direttore delle manifestazioni e delle pubbliche relazioni del Casinò di Sanremo e protagonista della serie radiofonica, I quattro moschettieri, la kermesse musicale fu dapprima trasmessa solo alla radio; poi dal 1955 arriva la diretta televisiva e il successo nazionale. Impossibile sintetizzare la storia di un evento più vecchio della televisione stessa, ma se dovessimo scegliere delle istantanee partiremmo con la vittoria di Domenico Modugno nel 1958, l'anno di Nel blu dipinto di blu (scritta da Franco Migliacci). Proseguiremmo con la tragedia del 1967, ovvero la morte di Luigi Tenco, trovato senza vita con un foro di proiettile in testa nella stanza del suo albergo (presentò Ciao amore ciao); immancabile anche il racconto dell'arrivo dei Duran Duran nel 1985, che scatenò memorabili scene di panico nella cittadina della riviera ligure; per la cronaca, Simon Le Bon si fratturò una gamba, ma si esibì lo stesso. In epoca 'moderna', conserviamo un ricordo affettuoso dell'imperscrutabile Raimondo Vianello al cospetto di Madonna, invitata a liberare il palco dopo l'esibizione (1998) e della protesta degli orchestrali che in segno di disappunto per l'eliminazione di Malika Ayane hanno gettato sul palco gli spartiti (2010).

Cara tv...
Siamo sicuri di esserci persi qualcuno in questo lunghissimo excursus e chiediamo scusa per la dimenticanza, ma la storia della televisione italiana è davvero materia troppo estesa e complessa per essere definita in maniera esaustiva, anche perché è una storia che si fa giorno dopo giorno ed è in continuo divenire. Alle donne e agli uomini che hanno lavorato in televisione, allora, diciamo grazie per quanto di buono hanno saputo offrirci in questi anni, per la loro capacità di intrattenere e informare, a volte di farci sognare e perché no, anche imbestialire. Se la perfezione non è di questo mondo, ancora meno appartiene alle televisioni, considerate dominio incontrastato dei politici di turno, megafono del potente. Cambieremmo di certo questo aspetto, se ne avessimo la possibilità, con il rischio di conoscere già l'esito di questo tentativo. Proviamo a darci appuntamento tra altri dieci anni.