Unbelievable, la recensione: al centro della serie Netflix, le conseguenze della violenza

La recensione di Unbelievable, serie Netflix tratta da una storia vera che affronta il tema della violenza sessuale con Merritt Weaver e Toni Collette.

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Unbelievable: Merritt Wever e Toni Collette in una foto della serie

Tratta da una storia vera, come spiegheremo nella nostra recensione di Unbelievable, la nuova serie tv prodotta da Netflix affronta con bravura il complesso tema della violenza sessuale, delle indagini della polizia e, soprattutto, delle conseguenze sulle vittime di stupro.
Il progetto creato dall'esperta Susannah Grant, che ha firmato le sceneggiature di progetti di successo come Cinque in famiglia ed Erin Brockovich, dallo scrittore Michael Chabon e dall'autrice Ayelet Waldman, attinge agli articoli e al saggio in cui si raccontano i casi di violenza avvenuti tra il 2008 e il 2011 nell'area di Seattle e Denver e iniziati con un'aggressione ritenuta, dalla polizia della città di Lynnwood, Washington, non credibile e inventata.

Il racconto, ispirato ad una storia vera, prende infatti il via con la denuncia di una ragazza, Marie, il cui passato e il comportamento non vengono ritenuti in linea con le reazioni considerate normali dopo una violenza, intrecciando poi due dimensioni temporali mentre sullo schermo si ricostruisce il lavoro delle detective e si segue la giovane dopo quanto accaduto.
Alla regia dei primi due episodi c'è la talentuosa Lisa Cholodenko, affiancata poi dietro la macchina da presa dall'esperto Michael Dinner e dalla stessa Grant, da tempo impegnata anche in veste di regista e produttrice.

Una giovane considerata non credibile

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Unbelievable: l'attrice Kaitlyn Dever in una foto della serie

Marie Adler (Kaitlyn Dever) chiama la polizia sostenendo di essere stata violentata da uno sconosciuto che è entrato nella sua casa mentre dormiva e che le ha persino scattato delle foto, minacciandola di renderle pubbliche se avesse chiamato le autorità. La giovane, traumatizzata da quanto accaduto, deve affrontare le richieste dei detective assegnati al caso, Parker (Eric Lange) e Pruitt, gli esami medici e la perplessità di Judith (Elizabeth Marvel), a cui era stata affidata dai servizi sociali. Marie si ritrova a ripetere numerose volte quanto accaduto, rivivendo ogni volta l'aggressione nella sua mente e sentendosi sempre meno capita dai poliziotti, dai medici e dalle stesse persone che dovrebbero aiutarla. La giovane ha un passato complicato che l'ha vista cambiare famiglia più volte e solo da poco ha trovato un lavoro e ha iniziato a essere indipendente. I continui interrogatori e le domande ripetitive, apparentemente senza un valido motivo, iniziano a mettere in crisi la ragazza e i detective si convincono che le incongruenze nelle ricostruzioni siano un indizio legato alla complicata personalità di Marie, portandola quindi ad "ammettere" di essersi inventata tutto pur di attirare l'attenzione. Tre anni dopo la detective Karen Duvall (Merritt Wever) viene chiamata sul luogo di uno stupro subito da Amber (Danielle Macdonald), una studentessa universitaria che ha saputo mantenere il controllo durante la violenza riuscendo a memorizzare innumerevoli dettagli utili alle indagini e a far parlare il suo violentatore. L'agente si rende immediatamente conto che non è la prima volta che l'uomo è entrato in azione e, grazie al marito, inizia a collaborare con la detective Grace Rasmussen (Toni Collette) per cercare di scoprire l'identità del criminale che pianifica ogni dettaglio delle sue aggressioni con incredibile precisione, riuscendo persino a non lasciare nessuna traccia di DNA.

La disperazione di una ragazza lasciata sola

Unbelievable regala dei ritratti femminili delineati con grande attenzione e sensibilità nel mostrare le conseguenze di una violenza sessuale, concentrandosi totalmente su quello che accade alle vittime e alle indagini compiute dalle due determinate detective e dal loro team, creando uno straziante contrasto con l'esperienza vissuta da Marie, di cui si segue la discesa agli inferi e il sempre più tragico isolamento in cui vive la ragazza. Kaitlyn Dever è davvero convincente ed emozionante nella sua interpretazione della giovane che affronta quasi da sola il trauma, cercando la comprensione e il sostegno altrui in modo quasi disperato, come accade nella sequenza in cui si presenta a casa dell'unica famiglia affidataria con cui ha mantenuto un buon rapporto, trovandosi invece di fronte solo mura insormontabili.
La giovane attrice è davvero impeccabile nel portare in scena lo smarrimento e la frustrazione di Marie, passando dall'incredibile vulnerabilità alla freddezza con cui affronta gli altri, permettendo solo a una psicoterapeuta di fare breccia nella sua fortezza interiore durante una delle scene più dure e al tempo stesso commoventi in cui, partendo da Zombieland, la ragazza esprime finalmente quello che passa nella sua mente senza filtri, spiegando come il mondo l'abbia spinta a essere convinta di non valere nulla.
La serie propone poi anche due figure materne che, pur animate da buone intenzioni, non riescono a rappresentare un reale punto di riferimento per la vittima che viene tradita anche da chi dovrebbe amarla di più: Judith (Elizabeth Marvel) non va oltre le apparenze e i precedenti della giovane, mentre Colleen (Bridget Everett) trasmette più calore, ma non supera i pregiudizi e l'idea che esista un comportamento "normale" di fronte alla violenza.

Due detective diverse, ma molto simili

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Unbelievable: una foto della protagonista Kaitlyn Dever

Gli sceneggiatori riescono inoltre a costruire un intelligente contrasto tra Grace e Karen che si rivelano, solo progressivamente, più simili di quanto si potesse immaginare nelle puntate iniziali.
Merritt Wever, con la sua recitazione sempre controllata a un tono di voce rassicurante e quasi sommesso, sembra una donna totalmente diversa rispetto alla poliziotta sotto copertura interpretata da Toni Collette, con i suoi modi decisi e indurita da una carriera che l'ha obbligata a non mostrare nessun segno di debolezza. Le interazioni tra le due vivono un'evoluzione interessante che porta le donne a ritrovarsi sullo stesso piano, fino a un momento all'insegna della sincerità e delle confessioni che svela come entrambe siano state segnate in modo indelebile dai primi casi che hanno affrontato. Wever, inoltre, sempre così pacata e tranquilla fa diventare memorabili i pochi momenti in cui Karen perde il controllo, e onesti quelli in cui l'agente si rilassa con il marito e i colleghi.
Unbelievable, tra le tante tematiche proposte nelle otto puntate, porta in scena anche il ruolo della fede, centrale nella figura di Karen e quasi totalmente assente nella vita di Grace, mostrando come possa rappresentare una fonte di conforto o enfatizzare la mancanza di una ragione per gli eventi tragici che si devono affrontare durante la vita.

La vita delle vittime al centro della storia

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Unbelievable: una foto della serie Netflix

La prospettiva delle vittime di stupro viene mostrata in un modo ricco di sfumature grazie alla performance emozionante di Danielle Macdonald che con la sua Amber, così razionale e che perde il controllo sulla sua vita dopo la brutale e umiliante aggressione mantenendo comunque dignità e fiducia nella giustizia, e di Annaleigh Ashford che porta in scena Lily, la ragazza che è riuscita a fuggire prima di subire violenza, ritrovandosi però alle prese con lo stress post traumatico, lesioni fisiche e mentali e una paranoia crescente che limitano la sua vita, oltre ad aver perso totalmente il rispetto per dei poliziotti che non hanno indagato in modo serio, abbandonandola alle sue paure.
L'interpretazione di tutto il cast, in particolare di quello femminile, è davvero di alto livello e il dolore non viene mai sfruttato per ottenere delle facili reazioni emotive negli spettatori, preferendo un approccio più realistico e mai sopra le righe alle emozioni al centro della storia. Il team di sceneggiatori ha poi preso la decisione giusta non interrompendo la narrazione con la soluzione del caso, dando spazio anche all'importanza del processo e della possibilità di rivolgersi a chi ha violato anima e corpo nella vita delle vittime, e, soprattutto, a quanto sia essenziale ottenere giustizia per mantenere la speranza e non lasciarsi andare alla depressione e disperazione.

Poco spazio per gli uomini

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Unbelievable: una foto della serie Netflix

I personaggi maschili rimangono in secondo piano all'interno di un contesto narrativo che mette al centro le donne e la loro vita, proponendo comunque delle figure positive dopo aver mostrato la freddezza dei detective che non credono a Marie. I mariti delle due detective, seppur presenti solo in pochi minuti, appaiono essenziali nella costruzione dei personaggi principali, permettendo di vedere il sostegno che hanno nella vita privata da parte di uomini che le sostengono e ne comprendono i silenzi, la determinazione e ciò che si nasconde dietro la facciata che mostrano ogni giorno al lavoro, rendendole più "umane" e meno eroiche, sottolineando anche le difficoltà nel gestire famiglia e lavoro, tra armi da chiudere in cassaforte non appena varcata la soglia di casa e piccoli gesti significativi per dimostrare il proprio amore ai coniugi.
Interessante anche la presenza dell'agente speciale dell'FBI Billy Tagart, interpretato dall'attore Scott Lawrence, che durante le riunioni del team al lavoro sul caso ha il compito di mantenere le redini della situazione e rappresentare quasi una figura saggia e razionale con cui confrontarsi e affrontare i momenti difficili, nonostante una reciproca diffidenza che rende complicato fidarsi anche dei propri colleghi.

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Una regia attenta e sensibile

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Unbelievable: Toni Collette in una foto della serie

Gli otto episodi possono contare su una regia attenta nel costruire il ponte tra passato e presente e valorizzare le interpretazioni del cast, trovando il giusto ritmo per far evolvere il racconto e al tempo stesso senza mai affrettare il susseguirsi di eventi raggiungendo l'obiettivo di non fermarsi solo sulla superficie preferendo approfondirne la dimensione emotiva. La fotografia della serie è inoltre ben costruita per mostrare il confronto tra le due dimensioni temporali e gli approcci alle indagini, enfatizzando la freddezza con cui i detective continuano a ribadire che Marie ha inventato tutto e non merita attenzione e la sensibilità con cui Karen ascolta le vittime, senza prendere inizialmente una posizione, ma semplicemente raccogliendo le informazioni necessarie a muovere i primi passi nell'indagine.

Conclusioni

La serie Netflix, grazie a delle performance di livello e all'impegno del team al lavoro dietro le quinte, propone - come abbiamo cercato di spiegare nella nostra recensione di Unbelievable - un racconto efficace e a tratti straziante di ciò che accade dopo una violenza sessuale. La storia vera alla base del progetto rende ancora più rilevante la narrazione, ben divisa tra la sofferenza patita da Marie e le indagini iniziate anni dopo il suo stupro, tratteggiando dei ritratti femminili credibili ed efficaci. Nonostante alcuni passaggi un po' forzati e un approccio orientato in modo evidente alla prospettiva femminile, gli otto episodi riescono a trasmettere il dolore, lo spaesamento e la voglia di giustizia delle persone coinvolte nel terribile caso, confezionando così uno dei titoli migliori proposti dalla piattaforma di streaming negli ultimi mesi.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.6/5

Perché ci piace

  • Le interpretazioni delle protagoniste sono emozionanti e coinvolgenti.
  • La serie non sfrutta mai l'orrore della violenza, preferendo concentrarsi sulle sue conseguenze.
  • Il confronto tra quanto vissuto da Marie e la situazione delle altre vittime lascia il segno e suscita una giusta indignazione.
  • La regia e la sceneggiatura dimostrano la doverosa sensibilità nell'affrontare tematiche complesse.

Cosa non va

  • I personaggi maschili rimangono in secondo piano e sono solo delineati a grandi linee.
  • La parte finale risulta un po' troppo affrettata.
  • In più momenti le situazioni risultano eccessivamente in opposizione, smorzandone l'impatto emotivo.