Recensione Certamente, forse (2008)

Il titolo rappresenta l'incertezza nel futuro, nella durata dei rapporti e degli amori. Una ossimorica verità sulla difficoltà di affidarsi ai propri sentimenti e un richiamo alla vigliacca via di fuga spesso imboccata per sviare dalla propria strada.

Un thriller tutto rosa

Un particolare caso d'investigazione, pieno d'indizi ma anche di prove devianti, dove a scombussolare le ipotesi sull'andamento dei fatti c'è di mezzo l'imprevedibilità del cuore.
In Certamente, forse un giovane padre accetta, dopo reiterate richieste, di raccontare alla figlia di dieci anni la sua passata vita sentimentale a patto che lei indovini chi tra le sue storie più importanti è la donna che ha sposato e quindi sua madre, purtroppo la moglie da cui è in procinto di divorziare.
Il gioco è però più difficile del previsto: l'insistenza della bambina nel voler sapere tutto sull'incontro dei suoi genitori significherà scoprire i lati deboli del papà che credeva immacolato e imperturbabile, ma soprattutto percorrere il cammino che ha portato alla nascita e alla fine di un amore che coinvolge anche lei.
Con un lungo flashback parte la storia della vita di William Hayes (Ryan Reynolds), spavaldo consulente politico, romantico e idealista, arrivato a New York dal Wisconsin pieno di sogni e speranze ma ben presto consapevole dell'anima spietata quanto affascinante della Grande Mela. I suoi sforzi per fare carriera si uniscono alla difficoltà nel restistere alle tante tentazioni della città, quindi anche nel rimanere fedele alla sua fidanzatina del college Emily (Elizabeth Banks).
I cambiamenti che Will dovrà affrontare saranno tanti e tortuosi, il suo viaggio di crescita avrà diverse tappe di iniziazione, scandite nella vita sentimentale da tre storie importanti, tre donne chiave che segnano la sua esistenza e che compaiono come le maggiori indiziate nell'indagine della piccola detective Maya (una deliziosa Abigail Breslin ormai cresciuta da Little Miss Sunshine).
I dubbi si incrociano tra la dolce ragazza della porta accanto, Emily, l'avvenente e sofisticata studentessa newyorkese aspirante giornalista senza scrupoli, Summer (Rachel Weisz) e l'eterna amica, carinissima anticonformista sognatrice e dolcemente imperfetta, April (Isla Fisher).
Il cuore di Will viene ripetutamente spezzato, per ben due volte dovrà rimettersi in tasca l'anello di fidanzamento presentato con convinzione alla presunta donna della vita. Sua figlia dovrà capire chi è la sua mamma tra le tre persone che hanno accompagnato la turbolenta giovinezza del padre, senza farsi condizionare dall'incontrollato affezionarsi ad uno dei personaggi della storia che le è stata raccontata.

Certamente, forse non è solo un titolo carinamente contradditorio, rappresenta l'incertezza nel futuro, nella durata dei rapporti e degli amori; l'indecisione sulle scelte da fare nella vita, sia di lavoro che di cuore. Una ossimorica verità sulla difficoltà di affidarsi ai propri sentimenti e un richiamo alla vigliacca via di fuga spesso imboccata per sviare dalla propria strada. Manca il coraggio di abbracciare la decisione più ovvia al proprio istinto e per questo più infida e difficile. Il protagonista si troverà bloccato in questo impasse decisionale, ma il rivivere tutta la sua storia con gli occhi smaliziati della figlia lo aiuterà ad uscirne.
Il film di Adam Brooks (famoso per le sceneggiature di Che pasticcio Bridget Jones! e French Kiss) impianta una struttura narrativa originale per raccontare una storia che altrimenti sarebbe ricaduta nell'impietosa etichettatura di banalità. La formula di racconto rovesciato e il tentativo di stemperare il rosa del sentimentale col giallo della detective story (o almeno una sua scherzosa impronta) salva la commedia romantica dall'essere uguale a tutte le altre.