Recensione Ogni volta che te ne vai (2003)

Un tentativo di fare cinema calato in una certa realtà culturale, in un humus che abbia una sua specificità, che però si infrange sugli scogli di uno script abbastanza inconsistente.

Un film che scorre 'liscio'. Anche troppo.

Per il suo esordio nel lungometraggio, Davide Cocchi, già autore di spot, videoclip e trasmissioni televisive musicali, sceglie di rappresentare l'"anima" popolare della sua terra, la Romagna: la storia di questo Ogni volta che te ne vai è immersa infatti in quella che è la manifestazione popolare per eccellenza della terra romagnola, il liscio e il variopinto mondo delle balere. Il film narra il tormentato amore tra Orfeo e Pamela, lui cantante che si esibisce nella balera del suo paese con un gruppo di amici, lei ragazza che si mantiene con lavoretti occasionali, prima di entrare come seconda cantante nel gruppo di Orfeo. I due si conoscono fin dall'infanzia, ma il carattere di Pamela è troppo irrequieto, e la ragazza continua a entrare e uscire dalla vita di Orfeo, mentre si avvicina il "Casadei Day", che potrebbe regalare al complesso una visibilità maggiore.

Era sicuramente interessante l'idea di ambientare una classica commedia romantica sullo sfondo di un universo così poco esplorato dal cinema, eppure così profondamente appartenente alla cultura italiana, come quello della musica popolare romagnola. L'alternanza tra le vicende interne del complesso musicale, e i tormenti sentimentali dei due protagonisti, poteva sulla carta portare a risultati divertenti e anche abbastanza originali, almeno nell'ambito della nostra cinematografia. Il problema è che il film, così com'è, non convince, principalmente a causa di una sceneggiatura davvero debole, che tratteggia personaggi e vicende con tocco decisamente troppo "leggero", scolastico, senza preoccuparsi più di tanto della credibilità di quello che racconta. Così, la storia d'amore tra i due protagonisti non appassiona, i dialoghi non rendono le motivazioni dei personaggi (specie di Pamela), e alcune sottotrame (prima fra tutte quella del batterista Scintilla e della sua compagna) appaiono un po' forzate e fuori luogo. Si sorride molto e a tratti si ride, il film scorre, diretto com'è con buon mestiere, ma quello che manca è il reale coinvolgimento.

A salvare la pellicola dal completo fallimento c'è comunque una discreta rappresentazione dell'universo del liscio e delle balere, col suo carattere giocoso e autenticamente popolare, restituito qui con fedeltà e partecipazione. Se la sceneggiatura, oltre allo "sfondo", avesse curato un po' di più la sostanza della storia, andando oltre la solita, trita e ritrita storiella d'amore, il film avrebbe avuto sicuramente ben altra caratura.
Gli attori sono comunque simpatici, e svolgono bene il compito dettato loro dal copione, a partire dai due protagonisti Fabio De Luigi e Cecilia Dazzi per proseguire con il bravo Rolando Ravello nel ruolo di Scintilla, e con la divertente apparizione di Raoul Casadei, che interpreta sé stesso.

Un tentativo, quindi, di fare cinema che sia calato nella nostra realtà culturale, in un humus che abbia una sua specificità, che però si infrange sugli scogli di uno script abbastanza inconsistente. Un peccato, poiché, dati i risultati non disprezzabili di alcune produzioni analoghe uscite di recente, era un'occasione che poteva essere sfruttata senz'altro meglio.

Movieplayer.it

2.0/5