Recensione Smiley Face (2007)

'Smiley Face' rimarrà probabilmente un caso isolato e misterioso nella filmografia di Araki: non c'è traccia infatti dei temi cari al regista, ma solo una lunga sequenza di momenti divertenti.

Un Araki spensierato e sorridente

Chi lo avrebbe mai detto che Gregg Araki sarebbe passato dal tragico capolavoro Mysterious Skin a quella che, come lui stesso ha definito Smiley Face prima dell'inizio della proiezione ufficiale, è "la prima stoner comedy mai presentata alla Quinzaine des Realizateurs". Ed in effetti fa una certa impressione vedere in una sezione così prestigiosa, e se vogliamo anche seriosa, un film in cui l'assoluta protagonista Anna Faris è su schermo per tutta la durata del film sempre e comunque sotto l'effetto di (troppa) erba, prima fumata e poi direttamente ingerita per sbaglio tramite dei dolcetti preparati dal coinquilino e lasciati bellamente in frigorifero.

Sotto l'effetto tragicomico di questa (apparentemente) bonaria overdose, la strafatta Jane, aspirante attrice, dovrà affrontare una giornata ricca di impegni (un provino, un debito da pagare allo spacciatore di fiducia, pagare una bolletta della luce in scadenza e preparare dei nuovi dolcetti per il fin troppo serioso coinquilino - interpretato tra l'altro da Danny Masterson che nella serie That '70s Show era invece sempre il primo quando si trattava di fumare marijuana), combinando sempre più disastri e cacciandosi sempre più nei guai. La Faris è bravissima a portare avanti praticamente tutto il film da sola, passando da momenti di totale blackout ad altri di esplosiva allegria e loquacità. E' lei a trasformare un'idea di straordinaria semplicità e banalità in un film divertente per tutta la sua durata, a tratti perfino esilarante; la regia di Araki si limita a rendere al meglio le doti dell'attrice e ad accompagnarle con qualche simpatica invenzione ed effetti speciali mai troppo invasivi.

Nella sua filmografia questo Smiley Face rimarrà probabilmente un caso isolato e misterioso: non c'è traccia infatti dei temi solitamente a lui cari , ma solo una lunga sequenza di momenti divertenti, ma mai veramente memorabili nemmeno quando fanno capolino tanti visi conosciuti del panorama indie. Ma d'altronde gli effetti c'erano stati annunciati fin dall'inizio, momentanea allegria ed euforia, e poco altro. Non c'è nulla di male caro Araki, non te ne vogliamo, basta non abusarne.

Movieplayer.it

3.0/5