Recensione Ritorno a Cold Mountain (2003)

Il tocco del regista inglese non ha perso la sua composta, luminosa eleganza, ma con questa pellicola ha guadagnato molto in equilibrio e abilità narrativa...

Ulisse d'America

C'era un tempo un viaggiatore le cui gesta hanno segnato la cultura occidentale, che si chiamava Odisseo, anche se da queste parti è forse meglio conosciuto come Ulisse. In ogni caso, questo celebre viandante assunse un altro nome durante le sue numerose avventure: il nome di Nessuno. In inglese, "Noman".
Sono passati i secoli, molte guerre sono state combattute, molte donne sono rimaste a casa a piangere compagni perduti, e un altro noman, anzi, Inman, intraprende un viaggio degno di essere raccontato. Non ci sono dei che deliberano e discutono del suo destino, né un Cavallo di Troia nel suo passato, ma non per questo la sua storia ci commuoverà meno della storia di Nessuno.
La terra che attraversa Inman per tornare a casa non è un Mediterraneo mitico e favoloso, ma il sud degli Stati Uniti straziato dalla guerra civile; ad attenderlo non c'è il trono di Itaca, ma una fattoria sperduta tra le montagne del North Carolina, ma non per questo la sua Penelope non vale i rischi e le tribolazioni del viaggio.

La guerra, l'amore e l'Odissea. Quante volte è stata narrata quest'avventura? Il suo humus ha reso feconde le menti di tutti i cantastorie: è nei nostri cromosomi, archetipo di tutti gli archetipi. Charles Frazier ha vinto il prestigioso National Book Award raccontando questa storia nel suo romanzo d'esordio, nel 1997; e oggi, Anthony Minghella ne ha tratto il suo migliore adattamento cinematografico.

Il tocco del regista inglese non ha perso la sua composta, luminosa eleganza, ma in Ritorno a Cold Mountain ha guadagnato molto in equilibrio e abilità narrativa: la regia, come sempre ottima, si fa più ardita, persino estrosa in qualche dettaglio. Fenomenale soprattutto la scena che apre il film, quella dell'esplosione durante l'assedio di Petersbourgh con successivo, generale corpo a corpo. Sorprendente davvero, il Minghella d'azione: magnifico il commento musicale, che mette in chiaro da subito che la colonna sonora è uno dei punti forti di questo Ritorno a Cold Mountain.
L'altro è uno straordinario Jude Law, Inman, che, ferito, viene raggiunto da una missiva di Ada Monroe, la donna di cui si era innamorato prima di partire per il campo di battaglia, scritta molti mesi prima. Ada ha perso il padre, è sola a Cold Mountain, e gli chiede di tornare: Inman fugge dal fuoco, dal fango e dal sangue, rischiando l'esecuzione sommaria come disertore, pur di non lasciare quel richiamo senza risposta.

La pellicola avanza e retrocede per tutta la prima parte, rivelando a poco a poco i dettagli della breve conoscenza di Inman e Ada prima dell'inizio della guerra, e non impiega molto a farlo: tra i due vi sono state poche parole ed un unico bacio. Ma la forza di questo amore è il suo mistero. Un amore come tanti non avrebbe fatto affrontare a Inman tutti i demoni degli Stati Confederati, e non avrebbe dato a Ada il coraggio di rimanere ad aspettarlo a Cold Mountain. Questo assurdo amore che si è nutrito di nulla si trasforma invece in una doppia odissea, in cui i due protagonisti compiono l'eroica impresa di sopravvivere l'uno per l'altra.

Nicole Kidman veste i panni di questa Penelope del diciannovesimo secolo, e spiace dire che, nonostante la bravura e la bellezza dell'australiana, l'entrata in scena di Renèe Zellweger, che interpreta Ruby, ragazza senzatetto che si offre di aiutare Ada a rimettere in sesto la fattoria, la eclissa completamente: la Kidman ha fin troppa gelida grazia, è troppo consapevole e flemmatica per incarnare i sentimenti teneri e i casti rossori di una fanciulla del Sud. La mano pesante dei truccatori contribuisce a togliere credibilità al personaggio: più la raffinata ragazza di città impara a fare la vita della coltivatrice montanara, più il suo colorito si fa luminoso e compatto, i capelli splendenti e acconciati, e il risultato è cinematograficamente fastidioso, per quanto esteticamente apprezzabile. Un peccato, perché un'Ada più credibile avrebbe rappresentato un valore aggiunto per il meraviglioso Inman di Law, e invece le scene in cui i nostri amanti sono l'uno accanto all'altra lasciano freddi e insoddisfatti, e l'epilogo dell'avventura non emoziona quanto i frammenti del viaggio. Basta pensare all'episodio che vede protagonista una deliziosa Natalie Portman: viene quasi da chiedersi perché Ada non abbia quel volto, quella freschezza, quella fragilità... quella gran mira!

Il film, insomma, ha i suoi difetti, ma alla mancanza di organicità dello sviluppo episodico sopperisce il lirismo; alla prevedibilità di larghi tratti della narrazione, un finale spiazzante; alla prova sotto tono della Kidman, grandi performance di ogni elemento di un invidiabile cast.
E non resta che chiedersi se non sia stata troppo severa con la Miramax l'Academy of Motion Picture Arts and Science, che ha negato al film di Minghella una meritata nomination come miglior film per far posto all'onesto, ma anonimo Seabiscuit - Un mito senza tempo.

Movieplayer.it

3.0/5