Recensione Last Night (2010)

Il film d'esordio di Massy Tadjedin potrebbe esser definito un thriller dei sentimenti e al contempo un dramma sentimentale incentrato sul sospetto, raccontato con dovizia di particolari visivi, ma allo stesso tempo elegantemente asciutto per quanto riguarda i dialoghi.

Tutto in una notte

Joanna e Michael sono sposati da tre anni e vivono in uno splendido loft ipermoderno a Manhattan. Lei è una scrittrice poco convinta delle sue potenzialità alle prese con il suo secondo romanzo mentre lui è un funzionario di una grande azienda che si occupa di ristrutturazioni di immobili commerciali. I due si sono conosciuti al liceo, si sono sposati giovani ed hanno anche già superato, almeno apparentemente, la loro prima crisi sentimentale trovando un equilibrio stabile. Ma la vita, si sa, riserva le sorprese più belle o più spiacevoli quando meno ce lo aspettiamo ed è in una serata che sembra come tante altre che tutte le loro certezze iniziano a traballare per poi crollare miseramente.
Mentre i due sono ad una festa tra colleghi e amici Joanna si accorge di uno scambio di sguardi particolarmente intenso tra suo marito e la nuova affascinante collega, Laura, una new entry del suo staff di cui Michael non aveva mai parlato prima alla moglie. Sorrisi, sguardi fugaci e attenzioni particolari tra i due non sfuggono all'occhio sospettoso di Joanna che dapprima chiede informazioni ad uno dei suoi migliori amici e, una volta a casa, si sfoga con il suo uomo accusandolo di essere attratto da un'altra donna e di non avere il coraggio di ammetterlo. Tra i due nasce un'accesa discussione che termina con una colazione distensiva che sembrerà placare gli animi alla vigilia della partenza di Michael per un importante viaggio di lavoro a Philadelphia, insieme al suo ingombrante staff. Il giorno seguente per entrambi sarà pieno di sorprese che li costringeranno a fare i conti con i propri sentimenti, con i propri dubbi e con le proprie insicurezze, ma a cambiare forse per sempre il destino del loro matrimonio sarà la notte seguente, momento in cui entrambi si focalizzeranno sui propri desideri ed in cui una scelta d'amore compiuta in un istante porterà conseguenze imprevedibili e inaspettate, forse anche irrimediabili dal punto di vista emozionale.

Manipolatorio Last Night, sorprendente per le sue evoluzioni, quasi subdolo per come offre la storia allo spettatore e per come affronta la tematica dell'infedeltà coniugale. E' un film che punta tutto sul lato visivo a scapito totale di una sceneggiatura che, seppur intrigante, è incapace di offrire alcunchè di originale. Last Night è infatti interamente costruito sulla doppiezza dei sentimenti e sulla loro fragilità e contemporaneamente su un doppio piano narrativo che dilata i tempi narrando non una notte ma due, quelle vissute parallelamente dai due protagonisti in due città diverse, moglie e marito che in dodici ore sprofondano in un'alienante crisi psicologica e affettiva e vivranno un'esperienza affettiva sì intrigante, ma allo stesso tempo violentemente destabilizzante.

Il film d'esordio della regista irano-americana Massy Tadjedin potrebbe esser definito un thriller dei sentimenti e al contempo un dramma sentimentale incentrato sul sospetto, raccontato con dovizia di particolari visivi e primi piani sui volti, sulle mani, sugli occhi, sui sorrisi degli attori ma allo stesso tempo elegantemente asciutto a livello di dialoghi, quasi fossero considerati un optional, ridotti all'essenziale ma mai banali. Una partita a scacchi tutta giocata sui silenzi e sulla recitazione prettamente fisica degli attori, un dipinto a olio all'interno del quale lo spettatore più sensibile e attento può cogliere le sfumature più eteree e quei meccanismi ad orologeria che si instaurano all'interno di una coppia che sta per scoppiare. Per restituire un'interpretazione più possibile realistica la regista e sceneggiatrice si è avvalsa di quattro tra gli attori più in voga del momento guidati da una Keira Knightley in grande spolvero, al centro della storia e dello schermo per tutto il film.

Efficace dal punto di vista visivo, la narrazione lascia in sospeso molti degli snodi fondamentali ed in particolare lascia aperto il finale grazie ad una splendida intuizione della regista che chiude il sipario con una sequenza da brividi (che fa il paio con un incipit molto efficace), capace di trasmettere allo spettatore tutta la tensione emotiva, paragonabile ad una scossa elettrica, tra i due coniugi che in un abbraccio si rincontrano il mattino seguente ed avvertono nei confronti dell'altro un gelido distacco. Si toccano per la prima volta dopo una notte in cui ognuno per conto suo ha vissuto emozioni forti che non credeva di poter provare, ed in questo contesto anche un oggetto, un respiro e un gesto colto di sfuggita possono far traboccare il famoso vaso e far precipitare la situazione.
Le analogie con i meccanismi kubrickiani portati sul grande schermo da Tom Cruise e Nicole Kidman nel torbido Eyes Wide Shut sono evidenti, anche per l'ambientazione newyorkese, ma qui siamo di fronte ad un dramma più moderno, che sfiora il cuore e lascia molto all'interpretazione di chi guarda, con un tocco assai meno introspettivo e per questo forse più fruibile anche dai più giovani. A voi stabilire dove stia il torto e dove la ragione, dove sia la colpa più grave o la responsabilità più gravosa.

Movieplayer.it

3.0/5