Recensione Farewell, My Queen (2011)

Girato per lo più con una camera a mano che segue passo passo i movimenti delle splendide protagoniste, Farewell, My Queen è un'opera tutta al femminile caratterizzata da un'impronta profondamente espressiva, fantasiosa ed al contempo straordinariamente realistica del suo autore.

Tutte le donne di Maria Antonietta

Versailles, luglio 1789. Alla corte di Luigi XVI c'è grande fermento: il popolo francese è in rivolta, a Parigi comincia a scarseggiare il pane e le voci di un'imminente rappresaglia iniziano a giungere al castello. Tra la diffidenza sull'effettiva gravità della situazione e la poca voglia di rinunciare alle agiatezze della vita di corte, a Versailles si tenta di progettare un piano d'emergenza per salvare la famiglia reale dal pericolo imminente. Col passare del tempo la paura inizia a diffondersi in ogni stanza e in ogni anfratto della reggia e mentre le voci di un peggioramento della situazione si fanno sempre più insistenti, si comincia a valutare la possibilità di una fuga, sia per i sovrani che per la numerosa compagine di servitori. Preoccupata per le sorti della sua amata regina, la giovane Sidonie Laborde, dama di compagnia nonché lettrice personale di Sua Maestà e abile ricamatrice di corte, si mostra disponibile ad aiutare Maria Antonietta a progettare un percorso di fuga verso Metz, orgogliosa del fatto che la sua regina abbia scelto di sua spontanea volontà di condividere con lei un'intima confidenza sentimentale. Quello che la ragazza non sa e non sospetta minimamente è che la regina non ha agito per affetto nei suoi confronti, come lei ingenuamente pensa e spera, ma sta solo cercando di usarla per raggiungere i suoi scopi personali.

Sguardi, pizzi e merletti, vizi, pettegolezzi sussurrati e maliziosi che aleggiano nell'aria, lusso smodato e passioni più o meno platoniche che sbocciano ovunque. La reggia di Versailles alla corte di Luigi XVI è una fortezza apparentemente inespugnabile e incrollabile in cui nulla è vietato o impossibile per i reali e per la nobile cerchia che li circonda, una roccaforte in cui segreti, paure e bugie si diffondono velocemente come la peste. Atmosfere ovattate e patinate che si raggelano per lasciar posto a paura e angoscia per le voci di un'imminente insurrezione popolare atta a risollevare le sorti delle classi sociali meno abbienti.
Di questo si parla nel nuovo film del regista francese Benoît Jacquot, autore che sceglie di poggiare la lente d'ingrandimento non in particolare sulla controversa figura della regina bensì sulla regina vista con gli occhi della servitù in un momento di grande trambusto, quello che accompagna i primi giorni della Rivoluzione Francese ed il popolo verso la presa della Bastiglia. In Farewell, My Queen Jacquot ci regala un affresco d'epoca e un ritratto inedito di Maria Antonietta che ci appaiono originali pur rimanendo in linea con i classicismi del genere, dipinti che non sfruttano colori e sfumature mescolati tra loro alla ricerca di nuove sperimentali tonalità ma piuttosto si soffermano con attenzione sui piccoli particolari, su curve, luci, ombre e profili delineati con semplicità, qualità che rappresenta il vero punto di forza dell'opera. Dramma storico-sentimentale di grande forza visiva, Farewell, My Queen è dotato di una freschezza e di una vitalità rare da trovare in film come questi di solito costruiti o su grandi prove attoriali oppure su eccessi, virtuosismi stilistici e deliranti allegorie di autori con poche idee e tanta voglia di protagonismo.
Il film ruota sì intorno alla figura della regina di Francia negli ultimi giorni della monarchia, ma si sofferma assai più insistentemente sullo sguardo puro di Sidonie Laborde, dama di compagnia e lettrice personale di sua maestà. Giovane cameriera di umili origini molto apprezzata dalle donne di corte per le sue doti di ricamatrice, Sidonie cattura le attenzioni della regina sia per la sua bellezza acqua e sapone che per la lealtà e la devozione che dimostra nei suoi confronti, ma soprattutto per la freschezza d'animo con cui la ragazza si relaziona con lei. La Sidonie di Léa Seydoux è fragile, devota, intelligente e mai banale, la Maria Antonietta di Diane Kruger è una donna insicura, infantile, appassionata, una sovrana viziata e incontentabile oppressa dal suo ruolo, annoiata e stanca di essere sempre l'ultima a sapere cosa accade nel mondo che la circonda, una donna che ha scoperto di provare un'irrefrenabile passione per un'altra donna, la contessa de Polignac (interpretata dalla bellissima Virginie Ledoyen), sua inseparabile e astuta dama di compagnia. Donne credibili, umane e vere che nonostante appartengano a momenti storici e sociali lontani dall'epoca contemporanea ci appaiono vivide e autentiche in tutta la loro attualità. La mano di Jacquot nel raccontare i personaggi è ferma, sicura, appassionata ed al contempo equilibrata. Girato per lo più con una camera a mano che segue passo passo i movimenti delle splendide protagoniste, limitandosi a sfiorarle delicatamente senza mai risultare invasiva, Farewell, My Queen è un'opera tutta al femminile caratterizzata da un'impronta profondamente espressiva, fantasiosa ed al contempo straordinariamente realistica del suo autore. Alla piena riuscita del film contribuisce poi il lavoro musicale di Bruno Coulais, autore della colonna sonora che accompagna il film e che contribuisce ad amalgamare e a cadenzare sia la narrazione che le interpretazioni delle attrici, ballerine seducenti e sinuose sul palcoscenico di una rivoluzione.

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4.0/5