Trilogia della creazione

Rivisitiamo il cinema di Tim Burton attraverso i tre Edward più importanti della sua filmografia: Mani di forbice, Ed Wood e edward Bloom di Big Fish.

Edward mani di forbice, Edward Wood jr. ed Edward Bloom sono gli omonimi protagonisti di altrettanti film di Tim Burton che, eccezione fatta per Big Fish, prendono il titolo proprio dal loro nome. Questo, per il regista, è una specie di portafortuna, una sorta di amuleto magico legato a tre dei suoi film ai quali è evidentemente più affezionato.

La prima scelta è l' unica a risultare autonoma e strettamente personale: con Edward mani di forbice egli realizza filmicamente un progetto che aveva in mente da molti anni, proveniente da un suo disegno: un ragazzo con delle forbici al posto degli arti superiori, un' idea che aveva avuto graficamente molto tempo prima di dedicarsi al cinema. Fu grazie alla Twentieth Century Fox che Tim Burton riuscì a portare, con piena autonomia artistica, le sue idee e i suoi schizzi sul grande schermo in una storia originale dal sapore di fiaba natalizia.
Il ragazzo dal cuore d'oro ma dalle mani di un meno nobile metallo fu magistralmente interpretato da un giovane Johnny Depp. Questo film, oltre a rappresentare l' inizio di una possibile ma non dichiarata trilogia, rappresentò l' inizio del lungo sodalizio tra il regista e l' attore: Burton infatti non si stanca mai di ripetere quanto essi, oltre ad essere legati da profonda stima e affetto, siano simili dal punto di vista psicologico ed emotivo. Regista e attore sono in simbiosi, quello che vuole uno va bene per l' altro, e viceversa.
Edward mani di forbice è un outsider, un emarginato, un escluso dalla società, proprio come il regista si è tante volte sentito, spesso senza sapere bene il perché. Ma fin dall' inizio del film risulterà chiaro (almeno agli spettatori) che non è assolutamente cattivo, ma solo triste e malinconico, relegato in una sorta di limbo terreno proprio dalla sua incapacità di toccare le cose. Come le forbici lo tengono lontano dagli oggetti, così non gli permettono, se non alla fine, di avvicinarsi alla ragazza a cui vuole bene. Sono un limite che si pone tra lui e il mondo: impedimento fisico ed esterno, ostacolano l' espressione della sua interiorità.

Il secondo caso umano segnato da un'omonimia è Edward Davis Wood jr., additato alla storia come il peggior regista mai esistito con Plan 9 From Outer Space. Burton lo prende sotto la sua ala protettrice e, avvocato delle cause perse, ne delinea un ritratto nobile e sensibile rendendo omaggio al suo sfrenato ottimismo e al suo incredibile entusiasmo. Il regista si sente molto solidale col protagonista in quanto ogni sua azione, per quanto folle e razionalmente inconcepibile, è motivata dal suo unico obiettivo: girare film. È quella la sua passione, la sua più grande aspirazione: Ed Wood voleva essere un regista ed entrare nel mondo di Hollywood, ma purtroppo ne restò sempre fuori, esiliato. I suoi film, basati su golfini d' angora e travestitismi, non ottennero mai agli occhi del pubblico il successo che avevano invece ai suoi: non li osservava con spirito critico, ma con lo sguardo di un padre tenero ed estremamente protettivo nel difendere i suoi interessi, i suoi ideali, i suoi film e tutto il suo staff. Con lo sguardo da eterno ed incosciente ottimista tentava sempre di trovare un minimo appiglio di salvezza anche in una recensione altamente stroncante, cercando incessantemente la luce alla fine del tunnel. E per un po' riuscì a farla scorgere anche a Bela Lugosi: l' attore horror, ormai sulla via del declino, grazie ad Ed Wood fu incredibilmente riportato, seppur per breve tempo, sotto la luce dei riflettori e all' attenzione dei media. Non disponendo, inoltre, di grosse cifre da investire, il regista doveva arrangiarsi con quanto aveva, non perder tempo, evitare di girare più volte la stessa scena, usare materiale grossolano ed evidentemente fittizio. Burton ammira la sua voglia di fare, il suo eterno ottimismo, la sua energia, solarità e tranquillità d' animo. Il personaggio è incarnato nel film da un Johnny Depp da molti considerato monocorde, ma in realtà perfettamente corrispondente ai canoni burtoniani e a quello che è stato effettivamente il carattere del regista raccontato sullo schermo. L' attore infatti è bravo a rendere il lato follemente entusiasta del protagonista, caratterizzandolo con un sorriso fastidiosamente onnipresente che delinea il suo intero essere.

È l' incarnazione di un altro degli stereotipi burtoniani: il regista riesce infatti a rendere pienamente nel personaggio, grazie all' abilità di Depp, la sua condizione paradossale portando in scena quello che è il peggiore filmmaker di tutti i tempi dotandolo di sfrenato ottimismo, smodata sensibilità e fervida immaginazione, incurante dei pessimi risultati come delle continue sconfitte.

Edward Bloom è l'ultimo dei tre e, va notato immediatamente, l' unico a non essere interpretato da Depp. Burton scelse un giovane attore (Ewan McGregor) dalla forte somiglianza con quello che era Albert Finney da giovane.
Ci troviamo alla fine di un percorso. A differenza dei protagonisti degli altri due film trattati, Edward Bloom non può assolutamente essere considerato un emarginato, anzi egli si trova sul versante opposto: la sua vita fu estremamente ricca, sia di fatti che di persone. Egli quindi, contrariamente al primo Edward, può toccare con mano le cose, prendere in mano le situazioni nel loro susseguirsi, e andare avanti (la società Handymatic nella quale ha lavorato rappresenta la loro diversa condizione: la mano multiuso che Edward Bloom vendeva è l' unica parte mancante, l'ultimo tassello da aggiungere, ad Edward mani di forbice). Il protagonista di Big Fish è supportato da un'eccessiva ma utile dose di volontà e dall' affetto e dalla stima di molte persone. Come il suo omonimo regista, egli crea mondi nuovi ed eventi eccezionali: il suo primo ed impellente impulso è quello di raccontare, abbellendo poi la realtà con qualche ritocco. Dunque in questo è assai simile a Ed Wood, che tenta in ogni modo di narrare le sue storie. E così molto simile a Burton: sono tutti e tre raccontatori di storie, chi a voce, chi tramite immagini.

Certo il risultato non è il medesimo: mentre Ed Wood è costretto ai margini della Hollywood che voleva conquistare, Edward Bloom è al centro della vita sociale della sua piccola cittadina, e riscuoterà successi anche al di fuori di Ashton. Hanno entrambi grinta da vendere, ma purtroppo a volte questa non basta e, se Ed Bloom riuscirà nella sua impresa, Ed Wood non realizzerà mai il suo sogno. Burton però omaggia il regista regalandogli un successo che non ebbe mai e una sala gremita ed entusiasta mentre, alla prima di Plan 9 From Outer Space, scorrono i titoli di testa. Nonostante il diverso esito delle loro imprese, li accomuna comunque la voglia e la forza che impiegano in ogni loro azione, pensando sempre a quello che è il fine ultimo, il loro più grande desiderio: per il primo diventare un acclamato regista, per il secondo trovare e sposare la donna che ama.

Tim Burton è Edward mani di forbice quando viene escluso ed emarginato, relegato in una solitudine dovuta all' incomprensione della piccola città di provincia, molto simile alla sua Burbank. È come il suo protagonista quando consideriamo la sua irresistibile vena creativa: Mani di forbice non può evitare di creare, così come il regista, ed esprime il suo talento con tutto il materiale disponibile, passando dalle sculture arboree a quelle di ghiaccio, dalle capigliature umane a quelle canine. Il suo è un continuo plasmare la materia alla ricerca di quel contatto che non può ottenere in nessun altro modo: fa trapelare la sua interiorità tramite le sue opere, e il candido angelo di ghiaccio, dedicato a Kim, è l' emblema della sua purezza. Costruisce dunque per comunicare, proprio come fa Tim Burton con i suoi film, nei quali riesce a dire (e a dare) molto più di quanto otterrebbe con le parole.

Tim Burton è Ed Wood quando consideriamo l' impegno che pone nei suoi film, il suo mostrarsi mettendosi in gioco, l'assoluta e completa dedizione per quello che fa, la stima e il rispetto per gli illustri predecessori che l' hanno accompagnato e "indirizzato" durante la sua infanzia e maturazione.
Come Ed Wood infatti risultò perennemente legato al grande Bela Lugosi, così Burton crebbe ispirandosi a Vincent Price - anch' egli attore di film horror - per il quale nutrì sempre una forte ammirazione. E come Ed Wood riuscì ad ingaggiare il suo idolo, così anche Burton ottenne la partecipazione del suo mito. Dapprima lo impiegò come voce narrante per il suo primo cortometraggio animato Vincent, dedicato fin dal titolo proprio a Price (ma anche ad E. A. Poe: i versi infatti sono tratti da Il corvo); in seguito il sodalizio proseguì con Edward mani di forbici nel quale l' attore interpreta il ruolo dell' inventore, padre di Edward ma anche di Tim. Burton ha più volte sottolineato di essere riuscito a salvarsi dalla disperazione grazie ai film di Corman interpretati da Vincent Price, che per lui è stato quello che John Wayne fu per la maggior parte degli americani.

Tim Burton è infine Ed Bloom. Non ci riferiamo alla recente perdita del padre da parte del regista, paragone, tra l'altro, perfettamente calzante visto che Burton affronta, nel suo film, il rapporto padre-figlio. Il vero legame tra il visionario regista ed il protagonista è più profondo, legato ad impulsi così personali, a bisogni così impellenti, a desideri interiori che li animano e li muovono: entrambi sono nati per raccontare storie e vivono per continuare a farlo. Egli incanta il pubblico attraverso le sue fiabe, lascia tutti a bocca aperta, affascinando con i suoi racconti meravigliosi che si spingono al limite massimo, fondendo realtà e fantasia in un delicato mix che non può non incantare.