Recensione La terza stella (2005)

Ale e Franz volano al cinema. La panchina di Zelig si trasferisce in un paesino di provincia dove si svolgono in parallelo una partita a scacchi vivente e l'organizzazione di un'evasione. I Nostri due si trovano nel mezzo. Niente di nuovo, solo una puntata di Zelig ambientata fuori porta.

Tre stelle, meglio due...

Alcuni cavalieri medievali si muovono sullo schermo nel breve incipit , e lo spettatore attento ha la sensazione e la speranza per qualche secondo che i Monty Phyton rivivano in Italia. Ma è solo un barlume di follia cinematografica. Un suono di un cellulare in scena ci riporta in un istante alla comicità immediata e spiccia di Ale e Franz che rivelano i loro volti sotto le armature, riproducendo, né più né meno, la loro ironia da palco.

Ci troviamo in un paesino non bene identificato dell'Italia di provincia (il film è girato a Cerveteri), in cui si sta preparando l'annuale sfida a scacchi viventi (avete presente Marostica...) fra le due storiche contrade del luogo.
Ale, proprietario di un albergo a due stelle che vorrebbero essere tre (da qui il titolo del film), è sposato con Linda e condannato alla "convivenza" con il cognato Franz, scervellato personaggio che nel tempo libero dato dalla sua ufficiale occupazione in prigione (fa le pulizie) offre il suo aiuto in hotel. Fra gli ospiti dell'albergo ci sono anche tre loschi figuri, fra cui una bella ragazza ucraina, che stanno architettando un colpo. Gli scacchi e la sporca vicenda seguono una linea parallela che vede coinvolti i nostri, nelle vesti di vittime ed eroi.

Sopravvolando sulla regia di Ferrari, totalmente al servizio dei due comici, La terza stella si va ad inserire in quella tipologia di film che fanno il verso al palcoscenico cabarettistico. Il tentativo di costruire un soggetto al servizio della verve di Ale e Franz è assolutamente nullo, e la storia risulta banale e poco riuscita. Chi esce vincente dalla semplicità infantile della trama sono in parte i personaggi di contorno fra cui il macellaio di Stefano Chiodaroli (da panettiere che era in Colorado Cafè), con le mani che sanno di fesa e la sua gelosia per la bella moglie, e Pippo Santonastaso nella parte dell'ispettore. Arrivando ai due protagonisti, bisogna dire che qualche battuta riuscita viene fuori, in particolare da Ale, senza sfruttare l'opportunità di uscire dal clichè della panchina. Certo, anche Aldo, Giovannie Giacomo avevano utilizzato i loro "trucchetti" abituali, tuttavia l'impalcatura del loro primo film era più solida e la comicità era inserita con mestiere all'interno della sceneggiatura.

Potremmo dire "niente di nuovo" nella commedia italiana. Piacerà ai fan del duo (quindi a molti) e agli amanti dello humor aziendale, deluderà chi si aspetta un film da ricordare con il sorriso, anche se seduti sulla panchina.
Un ultimo dettaglio. La colonna sonora è stata composta e diretta da Massimiliano Pani, figlio di Mina, e sono presenti canzoni dell'ultimo album della grande cantante.