Tra Leone e Tarantino, intervista a Kim Ji Woon

Uno dei registi più affermati del cinema coreano ospite d'eccezione al Far East di Udine in occasione dell'anniversario della morte di Sergio Leone per presentare il western "orientale" The Good, The Bad, The Weird.

Cappellino da baseball con il logo della "Sun Production" e immancabili occhiali da sole (adesso potrà sostituirli con un nuovo modello offertogli dallo sponsor del festival): Kim Ji Woon porta inconfondibilmente il marchio del regista ma, al contrario di molti colleghi, è espansivo e affabile, un tipo dalla parlantina decisamente sciolta. Il versatile regista - nel corso della sua carriera si è dedicato praticamente a ogni genere - divenuta una delle icone del cinema sudcoreano anche all'estero con l'horror Two Sisters, è una vecchia conoscenza del Far East Film Festival. In occasione del venticinquesimo anniversario della morte di Sergio Leone Kim Ji Woon torna a Udine per presentare il suo ultimo The Good, The Bad, The Weird, ribadendo la sua ammirazione sconfinata per il maestro dello spaghetti western.

The Good, The Bad, The Weird è, fin dal titolo, un omaggio al cinema di Sergio Leone. Cosa la colpisce di questo regista?

Kim Ji Woon: Ho visto per la prima volta i film di Sergio Leone quando ero ancora piccolo, e mi fecero subito una grandissima impressione. Incominciai allora a guardare altri "spaghetti western", appassionandomi in particolare anche a quelli di Sergio Corbucci, da Django alla serie di Trinità. Ciò che mi aveva colpito di più di questi film era la totale distanza dal modello del western americano: non c'erano più eroi unidimensionali senza macchia e senza paura, ma personaggi brutti, sporchi e cattivi, decisamente più affascinanti. Ho tentato di riprodurre anche nel mio film quest'atmosfera sporca e violenta, con personaggi spesso esagerati e sopra le righe. Penso che Leone sia stato uno dei registi più rivoluzionari di tutta la storia del cinema, e sono orgoglioso di presentare il mio omaggio a questo grande maestro proprio in Italia nell'anniversario della sua morte.

Il cinema di Leone è fonte d'ispirazione per numerosi altri registi contemporanei, a partire da Quentin Tarantino. Cosa ne pensa dei suoi lavori?

Kim Ji Woon: Io e Tarantino siamo grossomodo coetani, apparteniamo alla stessa generazione e probabilmente per questo abbiamo un approccio alla regia molto simile. Personalmente mi diverto molto a guardare i suoi film, i miei preferiti sono Kill Bill e Jackie Brown. Però anche Tarantino ha numerosi debiti nei confronti di Sergio Leone, per me un maestro indiscusso che si colloca a un livello nettamente superiore. Rimango ancora stupito, in film come C'era una volta nel West e C'era una volta in America di come Leone sia riuscito a creare un ritmo sospeso e rallentato senza però far mai calare la tensione. Per me la sua abilità rimane ancora un mistero.

In tutta la sua filmografia si notano influenze provenienti dal cinema di vari paesi, dall'horror giapponese per Two Sisters, al noir francese per Bittersweet Life, fino allo spaghetti-western nel suo ultimo film. È stato ispirato anche da alcuni registi sudcoreani?

Kim Ji Woon: A dire il vero non amo molto il cinema del mio paese, ad eccezione forse del regista Kim Ki-Jeong, di cui apprezzo molto i film. Ma le mie influenze provengono soprattutto dall'estero, sia dal cinema asiatico che da quello occidentale. Fino adesso nel corso della mia carriera mi sono dedicato a un genere differente, ispirandomi di volta in volta ad alcuni maestri del passato, da Sergio Leone a Jean Pierre Melville. Sono partito da un genere specifico per costruirci sopra una storia, cercando di apportare qualcosa di innovativo. Ma adesso vorrei tentare un approccio diverso: realizzare un film originale che non segua un genere definito. Io stesso sono molto curioso di cosa potrebbe uscirne fuori.

Uno dei personaggi più riusciti dell'intero film è quello dello "Strambo", interpretato magnificamente da Song Kang-ho. Da dove nasce l'idea di inserire questo personaggio?

Kim Ji Woon: Se in questo film ci fossero stati soltanto il Buono e il Brutto probabilmente sarebbe stato molto più noioso. Invece la presenza del "Weird" Song Kang-ho lo rende molto più eccitante e divertente. Penso che tra tutti sia il personaggio che possieda più sfumature e che per questo sia più realistico.

Saprebbe dire quali sono i tratti caratteristici del suo cinema?

Kim Ji Woon: Il fatto che abbia cambiato continuamente genere da un film all'altro ha fatto sì che neanche i critici coreani siano ancora riusciti a definire i tratti caratteristici del mio cinema (ride). Anche io, in effetti, non saprei individuarne i caratteri specifici. Potrei dire, forse, che dentro il mio cinema c'è il "vuoto", che credo rappresenti l'elemento dominante della nostra società. Di volta in volta cerco di mettere in scena l'imprevedibilità dell'esistenza. Faccio sempre riferimento a questa frase: "Gli uomini fanno progetti, ma Dio li disfa". Anche in The Good, The Bad, The Weird ho tentato di rappresentare il fatto che nella vita non si riescono mai a raggiungere gli obiettivi agognati, ma alla fine anche nel fallimento si apprende comunque qualcosa di più su se stessi.