Totò, le 10 scene più divertenti dei suoi film, tra risate e curiosità

Dalla leggendaria lettera dei fratelli Caponi in "Totò, Peppino e la Malafemmina" alla scenetta en travesti di Totòtruffa '62, riscopriamo le scene più esilaranti che ci ha regalato il Principe de Curtis durante la sua straordinaria carriera insieme alle sue "spalle" come Peppino De Filippo.

Totò in Guardie e ladri
Totò in Guardie e ladri

Cinquant'anni fa Totò si congedava per sempre dal suo pubblico e lasciava in eredità a chi lo aveva amato e alle generazioni future che non hanno avuto la fortuna di conoscerlo in vita, come chi scrive, un tesoro inestimabile di film indimenticabili e tante, tantissime scene esilaranti che tra battute, situazioni surreali e personaggi iconici sono entrate nell'immaginario collettivo, se non addirittura nel lessico nazionale.

Sarà capitato a tutti, infatti, di ripensare a Totò e alle scene dei suoi film dopo aver incontrato personaggi particolarmente strampalati o in occasioni particolari, che si tratti di un Onorevole Trombetta o di persone poco istruite (ma avventurose) come i Fratelli Caponi. Ricordare tutte le scene dei film di Totò che ci hanno fatto ridere sarebbe impossibile: in questa occasione ci siamo limitati ad una selezione delle più divertenti, che in modi diversi hanno contribuito a fare la storia della commedia all'italiana e ad influenzare altri comici delle generazioni future (si pensi ad esempio alla lettera di Totò, Peppino e la Malafemmina). Tra informazioni stradali, lettere, liste della spesa, travestimenti torbidi ed eccitanti e sontuosi preparativi funebri, siamo certi che arriverete alla fine di questa classifica con una risata.

Miseria e Nobiltà - "...e il resto me lo porti!"

Totò in Miseria e nobiltà
Totò in Miseria e nobiltà

Un cappotto pregiato, avvolto con cura in un sacchetto di tessuto scuro e che Felice Sciosciammocca tiene con premura tra le braccia, perché sa che sta per ricevere un incarico importante e di grande responsabilità: quello di affidare il cappotto in pegno ad un salumiere per riceverne in cambio alcuni generi alimentari che serviranno a risolvere un pranzo per due famiglie ridotte alla fame nera dalle loro difficili condizioni economiche. Il fotografo Pasquale incarica Felice di occuparsi della "spesa" e si raccomanda perché scelga solo cose di qualità, come se potessero permettersi di essere esigenti. Un chilo e mezzo di spaghetti, un bel barattolo di pomodoro, un chilo e mezzo di salsiccia e poi uova, mozzarella - "premi la mozzarella, se cola il latte le prendi, se no desisti" - frutta, vino e per non farsi mancare nulla anche due sigari per il dopopasto. Le donne di famiglia ascoltano quasi stizzite, ma le espressioni di Felice seguono diligentemente le istruzioni di Pasquale. "Facciamo una bella padellata di uova?" E a quel punto basta vedere l'espressione di Totò per scoppiare a ridere: il labbro in fuori come a voler quasi decidere se è il caso, senza considerare il fatto che probabilmente non mangia da giorni. E alla fine la battuta che chiude lo sketch è la sua.

Pasquale dimmi una cosa: ma qui dentro c'è il paltò di Napoleone?

Un'altra scena altrettanto celebre di Miseria e nobiltà è quella della tavola riccamente imbandita, sulla quale tutti si avventano senza alcun ritegno, e Totò afferra manciate di spaghetti per infilarsele in tasca, continuando a mangiare come se non ci fosse un domani. Una scena che sembra sia stata ispirata proprio da un episodio realmente accaduto dietro le quinte di uno spettacolo. Sembra che l'attore, avendo saltato il pranzo, ordinò degli spaghetti presso un vicino ristorante e si accinse a mangiarli poco prima di andare in scena, mentre il pubblico era già seduto in sala. Accortosi che mancavano le posate, non si perse d'animo, e mangiò la pasta raccogliendola direttamente con le mani.

Totò, Peppino e la Malafemmina - "Veniamo noi con questa mia addirvi"

Totò, Peppino e la Malafemmina - la celebre scena della lettera
Totò, Peppino e la Malafemmina - la celebre scena della lettera

La scena in cui i fratelli Caponi si mettono a tavolino per scrivere una lettera d'accompagnamento ad un pacchetto contenente denaro che intendono recapitare alla signorina Marisa Florian (biondissima soubrette dal cuore d'oro che loro credono una "donna di malaffare") per convincerla a smetterla di frequentare il loro nipote, è senza ombra di dubbio il capolavoro di Totò e Peppino, la scena che ha lasciato il segno nella commedia italiana e nella quale l'interazione tra i due raggiunge vette inarrivabili. Totò detta la lettera a Peppino e ostenta una certa sicurezza nello scegliere le parole con cura, come se avesse davvero una padronanza della lingua e della grammatica italiana. Il suo compare, invece, fa fatica a seguirlo e a mettere nero su bianco quello che l'altro gli detta, ma esegue fin troppo scrupolosamente il compito ingrato che gli è toccato. Il risultato è una lettera senza capo né coda, dalla punteggiatura abbondante, e nella quale però semplici frasi di circostanza e dal tono ossequioso sembrano nascondere offese e doppi sensi.

...specie che quest'anno, una parola, questanno... c'è stato una grande moria delle vacche, come voi ben sapete! Punto!

Uno dei temi principali del film, lo scontro culturale tra Nord e Sud, è ancora oggi uno dei cavalli di battaglia della commedia all'italiana - e fa riflettere come sessant'anni dopo le cose non siano cambiate poi tanto - ma la scena della lettera in particolare è stata rifatta e riarrangiata in altre occasioni e in altre commedie. Gli unici che sono riusciti a rendere omaggio a Totò e Peppino, arrivando a sfiorare la loro genialità e a farsi ricordare allo stesso modo, saranno però Massimo Troisi e Roberto Benigni in Non ci resta che piangere. Nel loro caso, il destinatario della lettera non è un'artista del varietà ma il "santissimo" Girolamo Savonarola.

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Totò Truffa '62 - "Spogliatoio!"

Totò truffa '62 - una scena memorabile
Totò truffa '62 - una scena memorabile

In più di un'occasione Totò ha sfruttato il suo irresistibile trasformismo per dare un po' di pepe alla sua comicità e Totòtruffa '62 è uno di quei film in cui i travestimenti - così come gli imbrogli e le truffe più eclatanti - sono il "motore" di una trama piuttosto semplice, che vede protagonisti due imbroglioni con molta fantasia. La scena in cui Totò, travestito da donna, riceve il padrone di casa che è venuto a riscuotere nove mesi di affitto arretrato, è qualcosa di memorabile. Parrucca bionda e abitino a fiori, Totò prova a sedurre in maniera piuttosto grossolana il povero padrone di casa che ci casca in pieno. Prima mordicchia con malizia la collana, lo incipria, gli mostra le spalle nude, si toglie lo sfizio di schiaffeggiarlo - sul serio - e poi si scusa, perché lei è una signora passionale e "la carne urla", concetto che sottolinea con un verso lupesco. Insomma una performance di pochi minuti in cui Totò non ci dà tregua, si ride dall'inizio alla fine.

Ma che fa? Non mi guardi cosi, lei mi fa un senso con quegli occhioni, mi fa un senso. Lei con quegli occhi mi spoglia... spogliatoio!

Nello stesso film, anche Nino Taranto fa ricorso ad un travestimento femminile - lo vediamo nei panni di una improbabile moglie di Fidel Castro - e l'attore ha raccontato che questo fu il pretesto di una scherzosa competizione tra lui e Totò. Quando toccò a Taranto indossare gonna, camicetta e basco su una lunga chioma rossa, l'attore disse a Totò che se voleva poteva approfittarne, ma la sua risposta fu categorica: "Ah no... se io ero brutto, voi siete una cosa tremenda!"

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Signori si nasce - "Un puttino, una colonna"

Al culmine di una commedia infarcita di equivoci, bugie, preti, soubrette e aristocratici spendaccioni e in rovina, arriva questa memorabile scena in cui Totò - qui nei panni del barone Ottone degli Ulivi, detto Zazà - cerca di estorcere a suo fratello Pio (interpretato da Peppino) dei soldi per costruire una tomba per la fantomatica madre di sua figlia, che in realtà è un'ambiziosa starlette di rivista. Nelle intenzioni e nelle parole di Totò, la progettazione di questo monumento funebre appare fin troppo sontuosa, tra puttini e colonne alternati e addirittura una piscina!

Un film che tra l'altro conta alcune delle battute più celebri di Totò, oltre ad una delle pochissime scene della sua carriera in cui arriva a sfiorare la parolaccia, quella in cui si arrabbia con il maggiordomo che gli ha servito della mortadella dimenticandosi del galateo.

Signore si nasce, e io lo nacqui, modestamente!

Totò, Peppino e la Malafemmina - "Una semplice informazione"

Totò e Peppino De Filippo in una divertentissima scena di Totò, Peppino e... la malafemmina
Totò e Peppino De Filippo in una divertentissima scena di Totò, Peppino e... la malafemmina

Mano nella mano, per non perdersi in questa Milano soleggiata e "straniera" - ma non ancora africanizzata dalle palme di Piazza Duomo - i fratelli Caponi si fanno coraggio e decidono di chiedere un'informazione ad un vigile per cercare di capire dove devono andare. Il fatto che non abbiano le idee molto chiare, contribuisce a rendere il confronto col vigile "forestiero" ancora più surreale ed esilarante. Totò prende l'iniziativa e azzarda una domanda inventando una lingua un po' francese, un po' tedesca, molto maccheronica. E quando il vigile, spazientito, gli fa capire di essere italiano, la situazione si fa ancora più confusa. "Noi vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? Sa è una semplice informazione."

Nel ruolo del vigile, troviamo Franco Rimoldi, ballerino di rivista nelle compagnie di Macario De Souza e Wanda Osiris che fu scelto proprio da Totò (riuscite ad immaginarvelo, così serioso mentre fa volteggiare le soubrette?) e che approdò al mondo dello spettacolo dopo essere sopravvissuto agli orrori della guerra. Nello stesso anno in cui interpretò il "ghisa" accanto a Totò e Peppino, disse addio al mondo dello spettacolo e iniziò a lavorare alla Rinascente.

Totò a colori - "Trombetta, Trombetta... questo nome non mi è nuovo."

Totò a colori, onorevole Trombetta
Totò a colori, onorevole Trombetta

Le disavventure di Antonio Scannagatti, un musicista che cerca un ingaggio prestigioso, sono il filo conduttore per una serie di sketch messi uno dietro l'altro per Totò a colori. Si tratta di vecchi sketch di Totò che l'attore aveva già proposto a teatro con grande successo, e l'incontro con l'Onorevole Trombetta è uno di questi. Incontro che si preannuncia movimentato sin dall'ingresso di Totò in cabina e che porterà l'Onorevole all'esasperazione, dopo una estenuante girandola di sfottò senza fine (a partire dal suo cognome). Quante cose si possono dire e fare, partendo da una trombetta? Suonato idealmente da Totò, questo strumento diventa una trombetta di carnevale, stridente, acuta, così fastidiosa da essere esilarante.

Ha visto mai lei qualcuno con la trombetta in un altro posto?

Lucio Fulci nel suo cameo di Totò a colori
Lucio Fulci nel suo cameo di Totò a colori

Per questa scena, che è considerata una delle più celebri della sua carriera, Totò prese spunto dal suo incontro con Giulio Andreotti. Il comico e l'onorevole si incontrarono in un treno, ma in questo caso fu Andreotti a giocare con il cognome dell'attore, che si era appena presentato come "l'uomo più tartassato d'Italia". "Allora decurti?" replicò Andreotti, e da lì i due giocarono a lungo sull'equivoco. Durante lo sketch, inoltre, mentre Trombetta e Scannagatti ne combinano di tutti i colori - tra starnuti "abortiti", lanci di bagaglio dal finestrino, mani addosso e altro ancora - un giovane passeggero protesta, infastidito da tutto quel chiasso. È un piccolo cameo di un giovanissimo Lucio Fulci, che le generazioni più giovani ricordano come regista di genere, soprattutto horror - ha diretto Quella villa accanto al cimitero e Non si sevizia un paperino, tra le altre cose - ma fu anche tra gli autori di alcuni film di Totò e contribuì a lanciare la carriera Franco e Ciccio.

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Totò, Peppino e i fuorilegge - "Che specie di bestie...?"

Uscito un anno dopo Totò, Peppino e la Malafemmina, questo film ne riprende alcuni degli elementi più fortunati: ritroviamo Camillo Mastrocinque alla regia, insieme a Totò ci sono anche Peppino De Filippo e Dorian Gray - stavolta nel ruolo di sua figlia - e c'è persino una lettera (minatoria) da scrivere, anche in questo caso con risultati disastrosi. A "rubare" la scena ai due irresistibili protagonisti però c'è Titina De Filippo, nei panni di Teresa, la consorte benestante ma dispotica e tirchia di Antonio alla quale egli cerca di estorcere una grossa somma di denaro in combutta con Peppino, il barbiere del paese. I due fingono di essere stati sequestrati dalla famigerata banda di Ignazio detto il Torchio e intimano alla signora di recarsi presso il pozzo dei rospi a consegnare cinque milioni di lire "senza fare scherzi". Per essere più credibili e intimorire Teresa, i due si appartano e tentano di creare un'atmosfera un po' sinistra imitando i versi di vari animali, ma la cosa gli sfugge di mano, tanto che dopo una sequela di versi particolarmente bizzarri la povera Teresa si chiede "che specie di bestie" si aggirino nei paraggi.

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Totò a Colori - "C'est une imitation de Picassò"

Totò a colori, la scena ambientata a Capri
Totò a colori, la scena ambientata a Capri

Nel film che segue le disavventure del musicista Antonio Scannagatti, Totò si trasforma in Pupetto Montmartre di Champs Élysées per mimetizzarsi nell'eccentrica fauna di ospiti della villa di Giulia Sofia a Capri. Maglietta a righe, ciuffo impomatato e cappellino, una fascia di seta color salmone che gli cinge la vita e - per completare l'outfit - bracciali e ninnoli vari. L'incontro con un artista, autore di una imitazione di Picasso che è incorniciata su una parete, sarà decisivo per il nostro Pupetto, che deciderà di complimentarsi con lui coinvolgendo tutti i presenti, e con una tale tecnica e dedizione, che potremmo definire il suo sputo nell'occhio del pittore una vera e propria performance artistica.

Lei, col pimice e pomice, mi fa la cortesia, mi allarga quest'occhio?

Miseria e Nobiltà - "Caro Giuseppe cumpare nepote"

Lo scenario è quello dei portici del Teatro San Carlo, dove Felice Sciosciammocca aspetta che arrivino i primi clienti. Si arrangia facendo lo scrivano e la sua speranza, come egli stesso ammette, sono gli ignoranti, perché sono coloro che, non sapendo scrivere, si rivolgono a lui se hanno necessità di comunicare con qualcuno per lettera. Con le lettere (o biglietti minatori) Totò ci ha sempre regalato momenti esilaranti e anche questa scena di Miseria e Nobiltà non fa eccezione. Il "cafone" che gli chiede di scrivere una lettera al nipote di 45 anni prima rifiuta categoricamente una copia di una lettera già scritta in precedenza per un signore di 42 - e già questo fa capire l'assurdità della situazione -, poi dice a suo nipote che a Napoli sta facendo la vita del signore, tra divertimenti notturni e altri piaceri, salvo poi svelare un'altra verità al povero scrivano, che lo caccia in malo modo.

E per questo mandame un poco di soldi perchè non tengo nemmeno li soldi per pagare la lettera allo scrivano che mi sta scrivendo la lettera presente!

https://www.youtube.com/watch?v=RXgLteTKcVA

Guardie e ladri - "A chi? A chiiii?"

Totò e Fabrizi in Guardie e ladri
Totò e Fabrizi in Guardie e ladri

La fine dell'inseguimento di Guardie e ladri, con Totò e Aldo Fabrizi, è una delle scene più belle e divertenti del film in cui i due grandi attori si ritrovarono a recitare insieme, non senza difficoltà considerato che erano previste scene fisicamente impegnative per due persone già anziane (Totò in particolare aveva già qualche problema di salute). Il risultato è uno dei film più memorabili delle carriere di entrambi, film che si ritrovò ad affrontare qualche problema con l'allora presidente della commissione censura, Annibale Scicluna Sorge, fascista dichiarato che tentò di boicottare con tutte le sue forze la vicenda in cui il Fabrizi rappresentante delle forze dell'ordine viene a compromessi con un ladruncolo. Per fortuna sul set la collaborazione tra attori e troupe filò liscia e Monicelli in particolare ebbe parole di stima per il giovane direttore della fotografia, un certo Mario Bava che sarebbe diventato uno dei registi di culto del nostro cinema horror e fantastico, autore di piccoli gioielli come La ragazza che sapeva troppo e La frusta e il corpo.

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In questa scena Totò e Fabrizi si fermano stremati dopo un lungo inseguimento sull'argine del Tevere e si spogliano dei loro rispettivi ruoli "sociali" per abbandonarsi a qualche amabile confidenza tra sconosciuti. Si passa dalle minacce - con tanto di pistola stancamente puntata verso il ladro - ai consigli per un'efficace cura per il fegato, come se fossero due dirimpettai.

"Puoi sparare solo per legittima difesa: io non offendo."

"Va be', allora sparo in aria a scopo intimidatorio."

"E va be', io non mi intimido e sto qua."