Torino giorno 3: primi film italiani e tre perle in concorso

La terza giornata del 27° Torino Film Festival propone finalmente un po' di Italia, tre interessantissimi film in concorso e l'arrivo di Charlotte Rampling, tra gli ospiti più attesi della manifestazione.

Finalmente ci siamo, al TFF 2009 è giunto il momento dei film italiani. Il terzo giorno del festival è infatti quello dell'atteso La bella gente di Ivano De Matteo, dramma familiare pluripremiato al Festival del Cinema Italiano di Annecy, in Francia, che narra la storia di Susanna e Alfredo, una coppia di coniugi benestanti apparentemente equilibrata e progressista, interpretati da Monica Guerritore e Antonio Catania, che durante una vacanza estiva nella casa di campagna si ritrova ad aiutare una giovane prostituta ucraina a cambiare vita. Prelevata quasi a forza dalla strada la ragazza viene accolta, coccolata e accudita dai due ma guardata con sospetto dagli amici e inizialmente anche dal figlio Giulio, che poi si invaghisce di lei mettendo in crisi il rapporto con la sua insopportabile fidanzata e aprendo una profonda crepa nelle certezze e nella serenità di tutta la famiglia. Al contrario di quanto si sforzano di dimostrare infatti, nessuno di loro è pronto a rinunciare all'agiatezza e alla reputazione in nome di quelli che rivendica essere i suoi ideali. Inspiegabilmente ignorato dai distributori italiani e presentato al TFF nella sezione Festa Mobile - Figure nel Paesaggio, La bella gente è un film crudo e a tratti talmente spietato da infastidire, un quadro feroce di tutti i personaggi realizzato in un crescendo di tensione e drammaticità tipico del thriller psicologico, con una lucidità ed una freddezza disarmanti dal regista romano Ivano De Matteo, che torna a Torino a dieci anni esatti dal suo esordio con il documentario Prigionieri di una Fede.

Ad un film di finzione incentrato sulle assurdità e sulle ipocrisie della bella gente italiana si contrappone quasi a volerne smorzare gli effetti devastanti il documentario commovente e tenero di Stefano Mordini intitolato Come mio padre, un racconto per immagini dagli anni Cinquanta a oggi di come si è evoluta nel nostro Paese la figura del capofamiglia, l'importanza di quel padre che negli anni del dopoguerra era una presenza più fisica e concreta che spirituale e affettiva. Un lungo viaggio dal bianco e nero ai colori di oggi nella storia d'Italia realizzato da Mordini e dal suo collaboratore Michele Astori attraverso il racconto del sempre mutevole rapporto tra padri e figli. Papà di oggi e di ieri raccontati dal punto di vista dei bambini in un film, presentato nella sezione Festa Mobile - Paesaggio con Figure, che ci ricorda chi siamo e da dove veniamo.
Sempre fuori dal concorso proposto nella stessa giornata anche il controverso film vincitore del Premio per la Migliore Regia all'ultimo Festival di Cannes, diretto da Brillante Mendoza, uno dei più ingegnosi e talentuosi cineasti filippini. Kinatay, che letteralmente si traduce 'mattatoio', è la storia di Peping, uno studente dell'accademia di polizia di Manila che sta per sposarsi con la donna che gli ha appena dato un figlio e che per sbarcare il lunario decide di accettare la proposta di un collega corrotto e di partecipare ad un affare poco pulito. Si tratta di rapire, torturare e uccidere una prostituta, un viaggio andata e ritorno verso l'orrore, un'esperienza che toccherà le corde più profonde dell'uomo che si interrogherà sulla sua moralità e sugli ideali che lo hanno spinto a intraprendere la professione di poliziotto.
Decisamente più leggeri ma ugualmente coinvolgenti Breaking Upwards, diretto e interpretato dal ventiseienne regista, attore e sceneggiatore californiano Daryl Wein e Beautiful Kate, lungometraggio d'esordio dietro la macchina da presa di Rachel Ward, storica attrice protagonista di Uccelli di Rovo e Dynasty. Si tratta rispettivamente di un dramma psicologico-sentimentale ambientato in una splendente New York e incentrato sulla fine 'consensuale' di una storia d'amore tra due giovani durata quattro anni e di un commovente melò familiare intriso di ricordi dolorosi che narra come in occasione della visita all'anziano padre morente riaffiori improvvisamente il rapporto ambiguo e appassionato tra Toni, uno scrittore affermato alla soglia dei quarant'anni, e la bellissima Kate, sua sorella gemella scomparsa in circostanze misteriose un'estate di molti anni prima.
Lasciando da parte la ricca e variegata proposta di pellicole fuori competizione, dedichiamo il giusto spazio ai tre film in concorso con cui si entra finalmente e definitivamente nel vivo del 27° Torino Film Festival. Oltremodo crudo e avventuroso il viaggio per la sopravvivenza di otto detenuti evasi nel 1822 da Macquarie Harbour, la colonia penitenziaria britannica immersa nel cuore selvaggio della Tasmania, raccontato in Van Diemen's Land lungometraggio d'esordio del cineasta australiano, nato e cresciuto in quelle terre, ed ispirato ad un sanguinoso fatto di cronaca che ha reso molto popolare il nome di Alexander Pierce, unico sopravvissuto degli otto fuggitivi che riuscì a riemergere alla civiltà. Cannibalismo, spirito di adattamento e profondo patimento in un film intenso e drammatico incentrato sullo stretto rapporto tra natura e violenza che immerge lo spettatore nei luoghi più reconditi e incontaminati del pianeta e in quelli più istintivi e primordiali della natura umana.
Spazio all'Oriente nel nipponico Torso, accorato ritratto di una solitudine tutta al femminile che ha come protagonista Hiroko, una ragazza all'apparenza normale che conduce una vita fin troppo monotona tra casa e lavoro ma che tra le mura di casa nasconde un segreto di cui nessuno è a conoscenza: la sua intimità con l'altro sesso è tutta concentrata nel rapporto morboso che la ragazza ha instaurato d tempo con un busto maschile di plastica gonfiabile senza volto, né braccia né gambe, trattandolo come un vero e proprio fidanzato arrivando perfino ad innamorarsene. Diretto da Yutaca Yamazaki, direttore della fotografia del grande Hirokazu Kore-eda, Torso nacque nella mente del regista ben trentacinque anni fa, quando vide nella vetrina di un sexy-shop di Copenaghen un oggetto per il piacere femminile molto simile a quello usato nel film. A concludere il trio e ad offrire le prime risate della giornata ma anche qualche lacrima arriva Get Low, una storia d'amore, denaro e solitudine che si avvale di un cast stellare che vede impegnati un grande Robert Duvall, un graffiante Bill Murray e un'incantevole Sissy Spacek. Film d'esordio di Aaron Schneider, cineasta con alle spalle una brillante carriera come direttore della fotografia (Il Collezionista e Titanic) e già vincitore di un Oscar per il Miglior Documentario con Two Soldiers, Get Low è ambientato nel Tennessee degli anni '30 e racconta la storia del vecchio barbuto Felix Bush (Duvall), un uomo burbero tristemente famoso in paese per il suo passato oscuro, il suo caratteraccio e i suoi modi non proprio ortodossi che vive da quarant'anni come un eremita in una casa tra i boschi. Ormai cosciente di essere arrivato vicino al capolinea decide di fare una pazzia e di concedersi un funeral party da vivo, una festa in cui potranno partecipare solo coloro che hanno da raccontare una storia su di lui, bella, brutta, vera o falsa che sia. Solo in questo modo potrà finalmente capire cosa pensa realmente la gente di lui, riappropriarsi della sua vita e liberarsi di un segreto che lo tormenta da troppo tempo.

Tanti film ma anche un grande arrivo al TFF. Quello di Charlotte Rampling, ospite della kermesse nell'ambito della retrospettiva dedicata a Nagisa Oshima, per raccontare in prima persona l'esperienza vissuta nel 1986 al fianco del regista sul set di Max, Mon Amour, film romanticamente surreale scritto dallo stesso Oshima in collaborazione con il grande Jean-Claude Carrière, geniale sceneggiatore che esordì con Bunuel, sulla storia di una coppia di coniugi parigini la cui serenità viene turbata dalla storia d'amore che Margaret, interpretata da una raggiante Charlotte Rampling, instaura con uno scimpanzè di nome Max, una relazione simbiotica che peggiorerà con la convivenza e causerà gravi squilibri familiari.

Proseguono infine gli incontri con Nicolas Winding Refn che aggiunge un altro tassello al 'suo' Rapporto Confidenziale instaurato quest'anno con il TFF introducendo quest'oggi il terzo capitolo della trilogia di Pusher iniziata nel lontano 1996.